Cominciamo dal racconto dei fatti.

A fine marzo l’“Osservatorio europeo contro il razzismo e la xenofobia”, che ha sede a Vienna e fa capo, in qualche modo, alla Unione Europea, ha pubblicato un rapporto sulle “manifestazioni di anti-semitismo nell’Unione europea”, nel quale (a p.130) si legge quanto segue: “Websites by left-wing groups, such as ‘Che fare’ (What shuold be done) also include elements of anti-Zionism, pro-Arab fundamentalism and recurrent slanderous [diffamatori] stereotypes against Jews, e.g. [per esempio] “the Jewish lobby”, the “link to the free-Masons”, the “international plot”, “world economic power held by Jews”, “Jews circumcised with a dollar”, etc. It is not possible to estimate the number of visitors to these websites”. Alle pagine 284-285 è ripetuto il medesimo motivetto: “Websites by far left-wing groups like the site Che fare (What should be done) deserve, according to the NFP, special attention, because they include elements of anti-Zionism, pro-Arab fundamentalism, anti-Americanism and recurrent stereotypes against Jews both in the past and at the present; the Jewish lobby, the relationship with masonry, the international plot, world economic power held by Jews, Jews circumsided with a dollar, etc., are all examples of the most repeated slogans”.

Questa citazione del nostro sito, che viene in entrambi i casi dopo quelle di Lega Nord e Forza Nuova, ma chiarendo che noi si appartiene alla estrema sinistra, è stata ripresa in Italia, a quel che sappiamo, solo dal “Corriere della sera” e dai giornali della catena “Leggo”, mentre “il manifesto” e “l’Unità” -nella loro sintesi- non ci citano e parlano solo genericamente, ed in modo attenuato, di “siti dell’estrema sinistra”. (D’altra parte “il manifesto” si annovera addirittura anch’esso tra i giornali indirettamente indiziati, in un rapporto che cita anche criticamente manifestazioni indette da Rifondazione.) 

Qual è, dunque, la sostanza dell’accusa che ci viene rivolta? A ben leggere le affermazioni contenute nel rapporto dell’“Osservatorio”, più che di anti-semitismo siamo imputati, confondendo a bella posta le cose, di “anti-Zionism” ed “anti-Americanism”. Di queste ultime due accuse ammettiamo di essere “colpevoli”, ma solo nel senso che siamo contro l’imperialismo statunitense e non contro “gli americani” in quanto tali; nel senso che siamo contro l’oppressione esercitata dallo Stato sionista e non contro gli ebrei in quanto tali, neppure contro tutti gli ebrei oggi abitanti in Palestina, bensì -lo ripetiamo- solo contro lo Stato di Israele, la cui funzione neo-coloniale sui palestinesi è davvero indiscutibile.

Nella nostra stampa, nel nostro sito, nella nostra attività ci sono molteplici esempi di solidarietà piena ed incondizionata agli sfruttati statunitensi, si tratti di operai in lotta della General Motors o dell’UPS o dei neri e dei chicanos in rivolta di Los Angeles (anch’essi “americani”, nevvero? oppure è “americano” solo chi alloggia alla Casa Bianca, chi fa affari a Wall Street o chi dirige il Pentagono?), così come c’è una continua attenzione a tutto il movimento “no war” statunitense, i cui appelli, nel nostro piccolo, abbiamo sempre cercato di amplificare, nonostante e al di là degli evidenti limiti politici delle sue attuali dirigenze. Basti ricordare, tra tutti i nostri interventi in questo senso, quello rivolto ai militari statunitensi mentre bombardavano nel 1999 insieme a quelli italiani la “ex”-Jugoslavia (“che fare” n. 49 dell’aprile-maggio 1999).

Del pari, noi siamo stati e siamo con gli elementi non sfruttatori di Israele che, sia pur lentamente, stanno cominciando a de-solidarizzarsi dal proprio Stato, a denunciarne la politica di oppressione nei confronti del popolo palestinese, a metterne in rilievo il fallimento riguardo allo stesso obiettivo di garantire l’incolumità degli ebrei, nel mentre iniziano ad assaggiarne la durezza sul piano della politica sociale anche interna. Abbiamo raccolto e valorizzato, tanto per fare un solo esempio, le iniziative dei refusnik o le iniziative di lotta dei sindacati israeliani, sempre incitandoli, nel loro stesso interesse di sfruttati e di “amanti dei diritti umani per tutti”, ad andare verso un reale affratellamento con gli insorti palestinesi e una dura opposizione ai propri sfruttatori e al proprio governo. È quello che abbiamo affermato negli articoli da cui sono prese talune delle frasi che ci vengono addebitate, articoli che invitiamo a leggere integralmente. In uno di essi, ad esempio, rispondiamo alla lettera di “un semplice cittadino israeliano che spera nella pace e nella giustizia”: in tale articolo motiviamo perché l’unica via d’uscita al groviglio mediorientale sia quella della fraternizzazione di classe che veda uniti assieme, nella lotta e nella vita sociale, arabi ed ebrei senza distinzioni o preferenze di sorta e indichiamo i presupposti per arrivare a tanto. Il primo, scriviamo, “è che gli elementi avanzati di classe ebrei si facciano carico in prima persona della dissociazione dagli interessi oppressori del ‘proprio’ Stato perché, sempre ricordando Marx, quando scriveva della questione irlandese, ‘il popolo inglese (qui: quello ebraico installato in Palestina) non potrà essere libero tenendo schiavo il popolo irlandese ( qui: palestinese)’. Ogni presunto ‘anti-semitismo arabo’ sparirebbe davanti a una simile prova di solidarietà effettiva, e con esso s’indebolirebbe fatalmente” la presa delle attuali direzioni statali reazionarie arabe e si darebbe una grande spinta per superare in avanti  e in un senso di classe le attuali incoerenti direzioni islamiste. Ma che significa questo se non la rimessa in causa dello stesso Stato israeliano dall’origine?”

Per quanto riguarda l’accusa di “pro-Arab fundamentalism”, noi siamo, senza dubbio, dalla parte delle grandi masse lavoratrici arabe e arabo-islamiche in lotta, siamo per la loro vittoria in Iraq, in Palestina, in Afghanistan e dovunque contro gli aggressori dell’Occidente, Italia ben inclusa nel mazzo, ma proprio per questo non è nei nostri indirizzi, né nella nostra propaganda, il sostegno a quelle direzioni “fondamentaliste” che, ad onta del militantismo eroico dei propri seguaci, non sono in grado di condurre una coerente lotta all’imperialismo, come già si è visto nel caso della “rivoluzione iraniana”, giacché non sono portatori di un programma sociale e politico realmente alternativo al capitalismo ma concepiscono, illusoriamente, di poter realizzare il riscatto del mondo musulmano inserendolo come “soggetto indipendente” nel mercato capitalistico mondiale. Si veda al proposito l’articolo pubblicato sul numero 32 di “che fare” (nel “lontano” 1994) intitolato “Forza e debolezza dell’islamismo” o quello dal titolo “L’anti-imperialismo islamico e quello comunista” pubblicato nel numero 56 dopo i fatti dell’11 settembre, oppure ancora la nostra risposta, pubblicata nel numero 57, alla campagna di alcuni quotidiani borghesi contro la nostra organizzazione politica nell’autunno 2001.

Quanto alle specifiche espressioni che ci vengono attribuite, esse o sono completamente inventate o possono essere accusate di una valenza “anti-semita” solo da chi brandisce quest’arma per scopi completamente diversi dalla difesa degli ebrei da nuovi pogrom. Cioè da chi la brandisce per difendere lo Stato sionista e di apartheid di Israele, la sua funzione di “avamposto dell’Occidente capitalista” nel mondo arabo ed islamico, per difendere non l’America, bensì l’imperialismo americano, le sue guerre, i suoi interessi di rapina, i suoi alleati, contro l’interesse degli stessi proletari israeliani e statunitensi, e per avere il libero ed incontrastato “diritto” di massacrare e schiavizzare le popolazioni arabe ed islamiche.

Ecco chi sono gli anti-semiti da mettere sotto accusa, chi sono cioè i veri nemici dei popoli che appartengono al campo dei semiti, che comprende gli ebrei ma anche (è “anti-semita” ricordarlo?) i palestinesi e gli arabi. Al riguardo sarebbe da rilevare quanto razzismo ci sia in chi restringe il significato del termine anti-semitismo al solo razzismo verso gli ebrei, escludendo di fatto palestinesi ed arabi. Per chi pretenderebbe di darci lezioni di “anti-razzismo”, ci sono evidentemente semiti di serie A e semiti di serie B oppure solo semiti ebrei... Una distinzione e una “dimenticanza” che come minimo stendono di fatto un tappeto d’oro a quei grandi poteri capitalistici che stanno armando una nuova crociata contro l’intero mondo dei semiti, da un lato scagliandosi contro i palestinesi e gli arabi con una ferocia, una menzogna, una repressione, un furore omicida mai visti nella storia e dall’altro usando in tali aggressioni la popolazione ebrea e così fomentando, come già si vede, nuovi lutti alla stessa popolazione israeliana....

Proprio contro questa doppia tragica realtà vuole lottare la nostra battaglia internazionalista e comunista.

 

5 aprile 2004

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

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