CONTINUA LA GUERRA

DEL GOVERNO E DELLE ISTITUZIONI ITALIANE

CONTRO GLI IMMIGRATI

 

 

Ancora stragi di immigrati che muoiono in mare nel tentativo di raggiungere le coste italiane.

 

La borghesia indica come responsabili gli “scafisti”, il “terrorismo islamico”. Si vuol far credere che la radice dei problemi non sta qui in Occidente, che “il male” viene da fuori. Secondo questa (falsa) impostazione, le responsabilità sono di coloro che “illegalmente” arrivano sulle coste italiane e di quelli che “tramano e lucrano” sulle nostre spalle, portando così una minaccia al “nostro stile di vita e alla nostra civiltà”. Anzi, ogni qualvolta si ripetono in mare (e non solo) queste vere e proprie stragi legalizzate, la borghesia nostrana coglie l’occasione per rilanciare tutta la sua campagna reazionaria. Grazie ad essa, cerca di mantenere e rafforzare sul piano interno quel consenso “popolare” che oggi, purtroppo, ha e che le consente di portare avanti impunemente le più infami azioni contro gli immigrati. Un’azione nefasta ai nostri fini, che punta a rafforzare quel maledetto fossato divisorio che esiste i proletari italiani e i proletari immigrati, grazie al quale la borghesia può tranquillamente additare questi ultimi come nostri “nemici” da cui “noi occidentali” dovremmo “difenderci tutti assieme”.

 

Si tenta di nascondere quella che è la sola e semplice verità: se uomini, donne, spesso con prole in tenerissima età, rischiano la propria vita percorrendo migliaia e migliaia di chilometri per venire sin qui, è solo perché essi sono costretti ad emigrare, sono costretti a fuggire dai propri paesi letteralmente massacrati dall’azione globale che l’imperialismo nel suo complesso porta avanti ogni giorno. Sono costretti proprio perché i “nostri” capitalismi hanno fin dal loro sorgere depredato le loro ricchezze naturali impedendo qualsiasi benché minimo processo autonomo di sviluppo economico. Quando poi un qualche minimo e ultra-squilibrato sviluppo si è potuto avere, esso è stato solo e soltanto ad uso e consumo dei “nostri” paesi e sempre soggetto ai regressi più repentini e rovinosi secondo le necessità delle “nostre economie” (si pensi all’Argentina). I “mercanti”, gli “scafisti” sono soltanto l’ultimo anello di questa precisa catena mondiale di espropriazione e sfruttamento a danno delle masse oppresse e diseredate di tutta la terra.

 

Le potenze europee ed occidentali, e tra esse l’Italia, infatti, quando hanno ritenuto necessario difendere, rafforzare e tutelare i propri interessi, non si sono fatte alcun problema nell’occupare e colonizzare militarmente quei territori, creando così tutti quei presupposti di vera e propria oppressione e schiacciamento (oggi ancora più profondi di ieri) “grazie” ai quali la stragrande maggioranza degli esseri umani del pianeta “vivono” nella povertà, nella fame e nell’indigenza più nera. Non ci dice nulla che sulle “carrette del mare” ci sono immigrati somali, etiopi, eritrei, guarda caso popolazioni che hanno conosciuto le “attenzioni” del “nostro” imperialismo, prima con il fascismo e dopo con i suoi democratici prosecutori? Non ci fa pensare che su questi “barconi” arrivano senegalesi, ivoriani, dalla Guinea, paesi africani che hanno subito la colonizzazione francese e nei quali ancora oggi gli interessi di dominio e di controllo di questa nazione sono fortissimi? Un paese, la Francia, tanto decantato e preso a riferimento (in modo particolarmente vomitevole dalla “sinistra” italiana) quale alternativa europea di “pace, democrazia e libertà” al liberismo aggressivo nord americano. Ma non è stata forse la Francia a dare per prima in Europa l’esempio di come si fa a risolvere il problema degli immigrati “sans papier”, sgomberando con la forza le chiese occupate, per portare gli immigrati all’aeroporto e sbatterli senza troppi complimenti sul primo volo disponibile per rispedirli nei loro paesi?

 

Il governo Berlusconi, in Italia, non è certamente da meno e il nuovo ministro Calderoli non ha usato mezze parole: “chi cerca di entrare nel paese illegalmente deve essere respinto con le buone o con le cattive” … anche perché “il terrorismo islamico utilizza come canale di accesso la porta aperta dell’immigrazione clandestina, che va chiusa”. Un Gustavo Selva (sarebbe meglio dire “Belva”) invita a dichiarare reato la clandestinità e a  “punirla esemplarmente”. Il ministro Calderoli non parla a nome individuale né soltanto a nome del proprio partito (la Lega), ma dà voce ai sentimenti dell’intera borghesia italiana e occidentale, comprese le componenti di centrosinistra e vaticane che oggi mostrano il volto buono criticando la “rozzezza” del governo Berlusconi. Non è davvero una esclusiva né leghista né del centrodestra quella di associare a ogni sorta di “crimine” -massimo fra tutti quello di combattere l’occupazione militare dei propri paesi da parte degli eserciti occidentali- non solo gli immigrati -“clandestini” o meno- ma intere popolazioni dei paesi poveri -soprattutto quelle di religione islamica-, per incitare con simili argomenti a respingere “l’invasione”. Quanto alle maniere “cattive” e alle “regole d’ingaggio” invocate da Calderoli, non regnava forse il “progressista” e “solidarista” Prodi quando nel ’97 la nave militare italiana Sibilia speronò e affondò nello stretto di Otranto la piccola Kater i Rades assassinando più di ottanta albanesi?

 

Monsignor Nozza, direttore della Caritas, dice che questi “morti devono farci riflettere sul legame tra migrazioni e ingiusta ripartizione delle risorse e delle opportunità”. Ma non è forse la Chiesa-istituzione che favorisce da sempre la penetrazione degli interessi e degli eserciti occidentali nei paesi colonizzati e dominati, fomentando divisione e contrapposizione nelle popolazioni locali e finanche lavorando attivamente alla disgregazione degli Stati, soprattutto quando è in ballo la difesa delle sue “libertà e proprietà religiose” in terre “lontane e ostili”? Quale è stata -ed è- la politica vaticana in Jugoslavia, in Nicaragua o in Nigeria, solo per fare qualche esempio, se non quella di aver concorso a rendere le popolazioni di questi paesi (e quelle di tutto il Sud del mondo) ancor più deboli e prone agli interessi e ai diktat dell’Occidente e quindi a conservare e peggiorare quella “ingiusta ripartizione delle risorse” che si richiamava sopra?

 

Il governo Berlusconi non sta facendo altro che proseguire e rilanciare con modalità sempre più aggressive la politica fatta da tutti i governi che lo hanno preceduto. Se lo speronamento si rivela al momento ancora non pienamente gestibile sul piano politico, nel frattempo sono state impartite direttive che, nella sostanza, vanno nel senso di negare il soccorso in mare ai natanti in difficoltà e di lasciare al proprio destino (la morte certa) gli immigrati che cercano di approdare sulle coste italiane. In un Mediterraneo pattugliato e controllato in lungo e in largo da navi e aerei militari, italiani e non solo, molti immigrati hanno dichiarato di aver incrociato navi che hanno semplicemente fatto finta di non vedere la propria imbarcazione in avaria tra le onde e hanno tirato dritto. Il governo italiano punta a imporre una condotta del genere anche alle navi civili e ai pescherecci: sempre più spesso, infatti, chi soccorre gli immigrati in mare viene denunciato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’anno scorso i lavoratori di un peschereccio di Mazara del Vallo incorsero in tale sanzione dopo aver aiutato un’imbarcazione di immigrati alla deriva. Ancora più evidente è la vicenda della nave tedesca Cap Anamur il cui comandante e i componenti dell’equipaggio sono stati addirittura arrestati per aver tratto in salvo 37 immigrati in balia delle onde e averli poi fatti sbarcare a Porto Empedocle. Insomma: chi non vuole rogne e danni economici alle proprie attività deve lasciare che gli immigrati muoiano in mare nelle imbarcazioni di fortuna.

 

Questi fatti la dicono chiara in quale senso lo stato italiano e l’Unione Europea intendono andare.  Non è un caso che Buttiglione, da sempre uno degli esponenti politici italiani più coerentemente filo-imperialisti e anti-proletari, sia stato recentemente nominato commissario europeo alla “giustizia, libertà e sicurezza” con delega esplicita sull’immigrazione. Una nomina da leggere come riconoscimento e plauso dell’Europa intera alla borghesia italiana, che, con l’azione fattiva di tutti i suoi governi, si è distinta nell’opera di respingimento, incrudimento e blindatura sia sul versante esterno che su quello interno, grazie al sempre maggiore controllo e disciplinamento imposto al proprio proletariato.

 

Gli effetti di questa politica sono sotto gli occhi di tutti: secondo i dati del ministero degli interni, solo negli ultimi anni e solo nelle acque territoriali italiane ci sono stati ben 1.167 morti di immigrati che cercavano di arrivare qui da noi. E queste sono solo le cifre ufficiali, per non contare poi tutte quelle altre che avvengono e di cui non si saprà mai nulla, come quella avvenuta nel Natale del 1996 al largo di Capo Passero (Siracusa) dove morirono 283 cingalesi i cui corpi sono rimasti lì sul fondo del mare. È cosa nota, ma nessuno lo ha mai detto e mai lo dirà nei tg nazionali della sera, che gli abitanti di Lampedusa ormai non mangiano più il pesce, perché sanno benissimo che oggi i pesci si cibano anche dei resti degli immigrati che periscono quotidianamente nelle traversate dal Nord Africa alla Sicilia. Ormai il Mediterraneo non è più un mare ma un cimitero! Se questa non è barbarie, che cos’è?  

 

Se poi i gommoni riescono in qualche modo a completare la traversata, ad attendere gli immigrati sulla terra ferma ci sono delle vere e proprie “carceri speciali” appositamente create per loro e chiamate eufemisticamente “centri di permanenza temporanei” (i cosiddetti “c.p.t.”),  nei quali essi assaggiano le “delizie” della “nostra” democrazia: vengono prima schedati e reclusi e poi, nella quasi totalità dei casi, respinti oltre frontiera. Ultimamente, poi, si sta rafforzando, anche con il beneplacito e l’impulso dei gerarchi seduti a Bruxelles, la collaborazione tra l’Europa e i paesi nordafricani, da cui partono queste imbarcazioni, per il pattugliamento in comune di coste e frontiere. Ci si esercita a questi compiti con manovre militari vere e proprie, come quelle congiunte italo-maltesi che di recente hanno inscenato il blocco di una nave che si avvicinav sotto costa. Con “accordi bilaterali” più o meno segreti, Italia, Francia, Spagna, Germania impongono ai governi di Albania, Tunisia, Marocco, Libia la presa in carico dei compiti più sporchi per fronteggiare in loco e impedire le partenze ovvero per accettare e ricevere il flusso di ritorno delle espulsioni. Frattini si è recentemente lamentato dell’embargo alla Libia, che non consente di vendere a quel paese la tecnologia militare che gli sarebbe necessaria per pattugliare a dovere coste e frontiere. Il governo libico, cedendo al ricatto, ha abbandonato da tempo ogni velleità “antimperialista” e si mostra pronto a tutti i servigi richiesti. Così la Libia accetta il transito di ritorno degli espulsi e il governo italiano paga i voli che dalla Libia li rispediscono in Niger, in Ghana e un po’ ovunque. Non solo. A conferma della sostanziale uniformità di politiche, il centrodestra rilancia con la Libia (e con tutto il Nord Africa) il “modello Albania” già applicato dal centrosinistra: l’Italia invierà istruttori per addestrare la polizia libica, attuerà il pattugliamento congiunto di coste e frontiere, aiuterà la costruzione di centri di permanenza in Libia (chissà se anche questa volta qualche “centro sociale” vorrà candidarsi a gestire “i progetti per l’accoglienza” degli immigrati oltre frontiera?), affiderà alle autorità di quel paese il vaglio delle domande dei richiedenti asilo, anch’essi rinchiusi in campi di raccolta in territorio nordafricano.

 

Insomma si punta a coinvolgere questi governi nel controllo attivo dei flussi migratori e a spostare più indietro la barriera di protezione delle proprie coste e frontiere. Ma quello che i governi occidentali puntano a costruire non è un muro di impenetrabilità assoluta. Questi governi, che con la loro azione hanno causato e coltivano il disastro economico di interi continenti, sono i primi a sapere che quel flusso umano non potrà essere fermato. Essi non hanno interesse a fermarlo in tutto e per tutto, perché le proprie economie necessitano di una quota sempre più rilevante di manodopera che qui in Occidente possa essere piegata riproducendovi condizioni di sfruttamento da Sud del mondo. L’olocausto nel Mediterraneo serve a mettere quel flusso sotto controllo, a governarlo alla stregua delle necessità del capitalismo europeo. Serve affinché gli immigrati che giungono in Europa vi giungano terrorizzati, vi stiano segnati dalla paura dell’Occidente, delle sue leggi, dei suoi eserciti e delle sue polizie, proni e succubi ai ricatti che i padroni di qui avranno interesse a imporgli a maggior gloria dei propri profitti e dell’ “economia  del nostro paese”.

 

In tal senso la faccia brutale di un Calderoli e la “mano tesa” di un Pisanu,  che annuncia oggi qualche leggero allentamento della tagliola imposta dalla legge Bossi-Fini, non sono altro che due facce della stessa politica. Così come è espressione di un’unitaria politica la legge Bossi-Fini, la sanatoria che la ha accompagnata e la proposta di voto agli immigrati alle elezioni amministrative avanzata dallo stesso segretario di Alleanza Nazionale. Il volto feroce e il terrore vero verso e contro la massa degli sfruttati del Sud e dell’Est del mondo vanno a braccetto con la falsa parvenza di “accoglienza” riservata da questi signori a chi dimostri di volere e sapere stare “alle nostre regole”, cioè con la schiena spezzata dalla fatica e senza osare ribellarsi allo strapotere della “nostra civiltà superiore”. La politica dei respingimenti, dei centri di permanenza e delle espulsioni, infatti, è solo un aspetto della guerra che il governo italiano ha dichiarato e conduce contro gli immigrati. Basti pensare al recente caso -tutt’altro che isolato- di Stanislaw Swietkpwsky, giovane lavoratore polacco, ammazzato di botte a Ostia dal padrone per aver osato pretendere la propria paga. O ancora all’odissea senza fine del rinnovo dei permessi cui sono sottoposti gli stessi immigrati regolarizzati.

 

Questa politica di ricatto e aggressione contro gli immigrati è tutt’uno con la rapina e le guerre che l’Occidente e l’Italia conducono ai danni dei paesi del Sud e dell’Est del mondo. La guerra dell’Occidente imperialista contro il Sud del mondo ci riguarda direttamente. Essa è l’altra faccia dell’attacco che i “nostri” governi conducono sul fronte interno contro i lavoratori italiani e che punta al peggioramento costante delle nostre condizioni di lavoro e di vita. Non basta dire, quando questo sentimento viene espresso, “solidarietà agli sfortunati naufraghi”, così come non basta dire “pace” quando è in atto, come oggi avviene, una guerra criminale di aggressione ai popoli arabo-islamici! Se la strage di immigrati nel Mediterraneo, che avviene sotto l’occhio “vigile” delle “nostre” marine ed areonautiche militari, ha suscitato in settori di lavoratori, di giovani, di sfruttati sentimenti veri di indignazione, è necessario che questa indignazione, per non spegnersi, si dia le istanze e le sedi per discutere collettivamente tutti questi temi, stracciando il velo di ipocrisia che trasuda da tante dichiarazioni ufficiali di buonismo e commiserazione. Occorre, infatti, organizzare, portare nelle piazze e far vivere tra i lavoratori e tra i giovani italiani la denuncia di massa della politica di affamamento, di guerra e di sterminio del “nostro” imperialismo, il sostegno alla resistenza delle popolazioni aggredite, la richiesta del ritiro delle “nostre” truppe dall’Iraq, dall’Afghanistan, dai Balcani e da ogni luogo nel mondo. Occorre dare forza, con la denuncia e la partecipazione, alle lotte dei lavoratori immigrati, integrandoli nella necessaria ripresa dell’organizzazione e della lotta di tutti i lavoratori. Occorre costruire l’esercito dell’insieme degli sfruttati di ogni razza e nazione contro la sola vera barbarie terroristica che minaccia l’intera umanità lavoratrice, che è quella del capitale imperialista e dei suoi Stati.

 

Lo si può fare -e iniziare a fare- anche collegandosi al lavoro della nostra Organizzazione, da sempre schierata e attiva nella denuncia di questi temi tra gli sfruttati italiani e presente nelle lotte dei lavoratori immigrati. Lo si può fare partecipando alle iniziative che le associazioni degli immigrati hanno indetto e indiranno contro la guerra ad essi -e a noi- dichiarata dai “nostri” governi, a partire dalla manifestazione di Roma di domenica 26 settembre 2004 contro la legge Bossi-Fini.

 27 agosto 2004

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