A quelli che sono scesi in piazza.

E non vogliono tornare a casa.

 

La minaccia di una nuova guerra contro l’Iraq ha visto, in ogni parte del mondo, una serie di "movimenti" manifestare preventivamente la propria contrarietà all’aggressione, per tentare di fermarla e di spostare l’asse della politica internazionale dal linguaggio della guerra a quello, in un modo o nell’altro, della pace.

Questi "movimenti" -lo diciamo con amarezza- non sono riusciti a conseguire gli obiettivi che si erano prefissi. Non sono riusciti né a impedire lo scoppio della guerra né a rispondere efficacemente ad essa nel suo corso. E in questo "dopo-guerra", che tutto è salvo una vera pace, non sanno proporsi come valida alternativa ai piani di Bush&C. Anzi: proprio ora, quando l’Iraq è invaso da legioni di faccendieri-avvoltoi, marines, soldati, etc. anche italiani -se non ci sbagliamo-, il "movimento" sembra sparito, come se non ci fosse più niente contro cui e per cui battersi.

Su questo occorre ragionare in modo sereno. Non certo per celebrare un funerale, ma al contrario per prepararci in modo adeguato a ciò che verrà. Siamo infatti solo alle prime puntate del serial (dal vivo, purtroppo!) "la guerra infinita"; se vogliamo che le successive finiscano in modo diverso da quella sull’Iraq, dobbiamo mettere in campo qualcosa di più e di meglio di quanto abbiamo fatto finora, soprattutto per quello che riguarda le prospettive della lotta contro la guerra e la sua organizzazione.

Noi ne discutiamo qui, in questo articolo e in questo numero, da comunisti. Che sono stati dentro il "movimento" e intendono restarvi, ad onta di chi vorrebbe rappresentarci estranei ad esso, ma che non hanno esitato, anche quando si era al top delle mobilitazioni, a dichiararne i punti deboli per tentare di dare ad essi una risposta concreta in avanti.

"I comunisti disdegnano di nascondere i propri scopi, il proprio programma" (Marx). Per questo conosciamo un solo modo per mostrare agli interlocutori a cui ci rivolgiamo, e cioè alla grande massa della gente contraria alla logica della guerra e non disposta a omologarsi, il nostro "rispetto", la nostra capacità di "ragionare (ed agire) insieme": dire la verità. La nostra verità, si capisce. Che non è però una Verità di Fede, bensì un insieme di considerazioni che traducono in chiave teorica una lunga serie di esperienze vive che riguardano il "movimento antagonista", e su cui chiamiamo a ragionare e discutere tutto il campo di quanti aspirano ad un mondo completamente nuovo.

Organizzazione Comunista Internazionalista