Erika e Omar:

continuare la guerra di tutti contro tutti, oppure...?

A noi, come a molti altri, quello che è accaduto a Novi Ligure fa orrore. Fermarci a questo sentimento, tuttavia, non ci basta. Vogliamo reagire. Chiamiamo a reagire. Una domanda s'impone allora imperiosa: una simile mostruosità da dove viene?

Non viene da "fuori"! Non è portata dagli immigrati!

In un primo momento, invece, ci si è scagliati contro di loro, contro gli slavi, contro gli islamici. Li si è ignobilmente accusati di contaminare una terra, la Padania, altrimenti immacolata. E invece no: la mostruosità è "cosa nostra", è un prodotto genuino della "sana" Padania e dell'Italia buontempona... I due ragazzi sono solo due mele marce in un cesto sano? Non diciamo stupidaggini: se una "biondina beneducata" si è trasformata in una belva, ciò non può essere avvenuto indipendentemente dall'ambiente in cui ella viveva...

Sì, è vero che il motivo del contrasto tra lei e la madre è quello ben noto a tante ragazze, di ieri e di oggi: una relazione sentimentale ostacolata, un nuovo giro di amicizie non apprezzato dai genitori. Tant'è che alcuni si sono chiesti: ma perché Erika e Omar, se il problema era questo, non sono fuggiti insieme? perché non hanno cercato -anche a forza di discussioni- un'altra soluzione? Già, proprio qui sta il punto: evidentemente nell'animo della ragazza si era accumulata una carica incontenibile di odio e di aggressività che ha trovato alfine la sua miccia. Perché stupirsene? Forse che la nostra vita quotidiana palpita dei sorrisi e della serenità trasmessi nella pubblicità del mulino bianco? Non scherziamo.

La nostra vita quotidiana è una lotta di tutti contro tutti, nella quale non c'è spazio per il calore umano, la fiducia e la solidarietà tra compagni di lavoro o tra compagni di scuola o tra amici o tra famigliari. Dove la vita è ridotta a una corsa di sopravvivenza bestiale senza alcun nobile fine valido per sé stessi e per gli altri. Dove tanti si scorticano, ma pochissimi conquistano una qualche gratificazione, sempre comunque al prezzo dell'umiliazione dei più e contro gli altri. Che soddisfazioni può offrire una vita del genere alla gente comune? Che sentimenti sedimenta, giorno dopo giorno, nell'animo delle persone?

Certamente, in alcune case, da alcuni pulpiti si predica la solidarietà e l'attenzione per gli altri, ma i giovani intuiscono l'ipocrisia che vi si sottende: perché quel riferimento è associato più o meno esplicitamente alla lode del mercato, al primato dell'azienda. Non accadeva la stessa cosa anche nell'ambiente borghese della famiglia di Erika? E cosa vuole dire primato dell'azienda se non competizione con gli altri lavoratori, con le altre aziende, con le altre nazioni, con gli altri individui? Cos'è il mercato se non giungla sociale? E cosa riserva ai giovani un sistema di vita del genere?

A quelli del mondo proletario, il transito tra un lavoro precario e l'altro, una scuola-parcheggio nella quale la prima cosa che s'insegna è il conformismo al "morte tua, vita mia", la ricerca disperata e drogata nei fine settimana di un po' di gioia in compagnia... A quelli delle famiglie borghesi un futuro da cani da guardia per il mantenimento della triste condizione dei loro coetanei meno "fortunati"... Un vero paradiso, non c'è che dire!

È allora così strano che una vita del genere accumuli una carica inarrestabile di insoddisfazione e di aggressività? E dove esplode questa polveriera? Spesso contro i famigliari. Contro coloro dai quali ci si aspetterebbe una comprensione non dettata da tornaconti personali. La famiglia dell'odierna società, la famiglia patriarcale nucleare non può però essere un argine contro la merda che dilaga al di fuori delle mura domestiche. Non lo è neanche quando -come accadeva per Erika- siamo in presenza della famiglia oggi considerata esemplare. Per quanto amorevoli possano essere le intenzioni dei genitori, è difficile che tra le mura di casa non si subiscano altri torti, altre disattenzioni, altri vuoti modelli di vita. Per le ragazze più ancora che per i ragazzi. Anche lì, ci si continua a calpestare a vicenda, ciascuno vittima e carnefice allo stesso tempo del vero mostro invisibile che ci fa dannare: il mercato capitalistico, l'intreccio di antagonismi su cui esso si fonda, da quello tra capitale e lavoro a quello tra genitori e figli o tra coetanei o, persino, tra "innamorati".

Esageriamo? Il tentativo di Erika e Omar di scaricare l'uno sull'altro la responsabilità dell'accaduto, quest'orrore nell'orrore, è sintomatico dello scannamento reciproco su cui si fonda la nostra "normalità", la nostra democratica e cristiana civiltà occidentale! Genera mostri, perché è essa stessa mostruosa! Induce ad atti feroci perché sono feroci le sue fondamenta, e cioè lo scambio mercantile e la riduzione della forza lavoro a merce. Finora la sua faccia ripugnante l'aveva mostrata in modo aperto soprattutto contro i popoli dei Balcani e del Medio Oriente, da secoli schiacciati e calpestati con tutti i mezzi in nome della competizione e del profitto. La tragedia di Novi avverte che il gelido soffio di morte che anima il sistema capitalistico è arrivato a sfiorare la vita dei cittadini delle metropoli occidentali, persino delle loro zone più benestanti.

Una via d'uscita c'è. Sta nella lotta comune dei lavoratori, dei giovani e degli oppressi tutti contro la spirale della competizione e il primato del profitto.

Giovani proletari,

l'alternativa che vi trovate davanti non è subire la miseria (materiale e spirituale) che trovate nel lavoro e nella società oppure ammazzare i genitori. Il problema non è neanche quello di cercare un rifugio in cui leccarsi le ferite, sia esso l'attuale famiglia o la discoteca o... Qui non troverete che incubi sorvegliati. L'alternativa sta nel rigettare e nel combattere l'illusione che si possa avere una vita decente solo al prezzo di sgomitare e di scorticare gli altri. Mettete in discussione, con le parole e con i fatti, i mille modi in cui questa infernale spirale vi stringe al collo, nel posto di lavoro, nella scuola o nei "luoghi di svago". Per la difesa della vostra dignità, per la conquista di una condizione di vita e di lavoro da esseri umani fate leva sulla solidarietà e sull'organizzazione collettiva delle vostre forze, cementatele intorno al motto: "Il torto a uno di noi, è il torto a tutti noi! Non possiamo che avanzare insieme!". Su questa base, non abbiate paura di scontrarvi con le direzioni aziendali, scolastiche, statali che si opporranno a questo vostro tentativo, alle vostre rivendicazioni. Oggi hanno la meglio solo perché siete atomizzati. Tutto ciò vuol dire mettersi a fare politica? E a fare una politica di sinistra? Sì, ma non la politica spettacolo, non la politica di quella sinistra ufficiale che ha sposato le leggi della concorrenza capitalistica. Significa rimettere in pista un programma e un'organizzazione di sinistra davvero comunista. E se i vostri genitori vi intralceranno su questa via, discutete con loro, tirateli dalla vostra parte, fateli riflettere sul punto cui sta portando la rassegnazione al mondo presente che essi predicano.

Giovani delle famiglie benestanti,

a voi la società prospetta un roseo futuro... da sorveglianti o gestori di un meccanismo sociale fondato sulla sofferenza di miliardi di persone, qui e nel resto del mondo. Potrete esserne fieri? Probabilmente avrete la possibilità di togliervi mille e mille sfizi consumistici. Ma riuscirete a costruire un'esistenza umanamente felice? Oppure anche per voi la vita affettiva e famigliare sarà comunque segnata dal vuoto, dal formalismo e dall'ipocrisia? Quello che è accaduto al padre di Erika non vi dice nulla? Rigettate il destino che vi viene offerto, ed unitevi alla battaglia proletaria contro la concorrenza capitalistica, per una nuova società fondata sulla cooperazione mondiale delle forze di lavoro e degli individui, sulla loro fratellanza, una società che può essere solo quella del comunismo internazionale.

Genitori proletari,

siete preoccupati per il futuro dei vostri figli? siete in apprensione per le loro reazioni spesso sconsiderate? per la loro tentazione di lasciarsi vivere davanti ai problemi che incontrano? Avete ragione. Ma perché reagiscono così? Perché portano alle estreme conseguenze il vostro esempio. Perché vi vedono rassegnati. Perché vi sentono dire: "Il mondo non si può cambiare, l'unico modo per campare è quello di tirar fuori le unghie, e usarle contro gli altri". Cominciate anche voi a battervi contro un dispotismo aziendale che vi impedisce di disporre di tempo ed energie per stare con i vostri figli, o tra voi o con gli amici. Cominciate a lottare anche voi la logica della guerra di tutti contro tutti. Incoraggiate i vostri figli su questa strada. Vi ritroverete insieme a loro a combattere il vostro comune nemico. E in questa lotta -ne siamo sicuri- ci sarà anche la possibilità di ritrovare un vero rapporto tra le generazioni, una vera solidarietà, un'intesa reciproca grazie alle quali purificarsi, genitori e figli, del fango che il capitalismo ci instilla nelle più intime fibre... attraverso le quali mettersi in grado di vivere vere amicizie, veri amori, e preparare il terreno per l'affermazione di una nuova famiglia...

Non stiamo sognando ad occhi aperti. Questa battaglia è necessaria, è possibile, è dettata dalla stessa realtà del capitalismo decrepito. I lavoratori immigrati non sono dei nemici. Sono fratelli di lotta, sono parte integrante di questa battaglia. Sono coloro che più di tutti subiscono le conseguenze del processo di competizione capitalistico. Sono pronti -oh, quanti segnali lanciano ogni giorno in questo senso!- a stringere la nostra mano. È tempo di tendergliela! E di combattere le campagne razziste -più o meno aperte- lanciate contro di loro! Anche a partire dai fatti di Novi...

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

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