LE CAMPAGNE RAZZISTE E LA SANATORIA DEL GOVERNO D'ALEMA:
DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA CONTRO IMMIGRATI E PROLETARI ITALIANI

Gli ultimi provvedimenti del governo in materia di immigrazione, sono stati presentati come troppo permissivi e forieri di chissà quali disgrazie future per la tranquillità sociale e l’integrità della "pura" razza italiana.
Tale allarmismo e preoccupazione è stato alimentato a sua volta dagli episodi di violenza accaduti recentemente a Milano in cui erano coinvolti degli immigrati, e opportunamente amplificati dai mass-media per aizzare un clima di odio razzista.
Quindi il governo D’Alema sarebbe stato particolarmente "coraggioso" o "strafottente" (a seconda dei gusti), rispetto all’opinione pubblica prevalente, nel varare la sanatoria dei clandestini.
Ma, è veramente così? Si tratta di una politica che apre le porte "all’invasione" degli immigrati, che rischia di trasformare l’Italia in un paese con cittadini di vario colore? Assolutamente NO!
Il provvedimento governativo innanzitutto ribadisce gli orientamenti restrittivi e repressivi verso gli immigrati del sud e dell’est del mondo già presenti nella politica seguita dai precedenti governi (espulsione per i clandestini individuati, detenzione nei campi di accoglienza ecc.).
La sanatoria si limita a concedere il permesso di soggiorno temporaneo a quegli immigrati che sono in grado di dimostrare di trovarsi in territorio italiano da prima del marzo 98, di avere un lavoro regolare, di aver pagato i contributi e di avere un’abitazione in cui vivono stabilmente.
Si tratta quindi solo di una piccola parte di immigrati presenti in Italia e che venivano utilizzati dai nostri padroni nonostante fossero clandestini.
A costoro viene concesso per un periodo limitato (fino a quando i nostri padroni lo riterranno utile) di permanere legalmente in Italia, con la possibilità di essere espulsi in qualsiasi momento a giudizio insindacabile delle autorità di polizia e giudiziarie. Scaduto il permesso gli immigrati si ritroveranno nella condizione di clandestini se non riescono ad ottenere il rinnovo.
La maggioranza degli immigrati non svolge un lavoro stabile presso un'unica ditta (pensiamo a quelli impiegati in agricoltura o in edilizia), molti sono impegnati nel piccolo commercio ambulante, moltissimi sono impiegati presso piccole ditte artigiane e commerciali, o come domestici, dove vengono assunti al nero da datori di lavoro che non hanno nessun interesse a dichiararli come propri dipendenti per non pagare i contributi. Stesso discorso vale per l’abitazione, che a causa dei prezzi altissimi degli affitti, spinge molti immigrati a dormire in inumani alloggi di fortuna, oppure ad una forzosa convivenza in piccolissimi appartamenti fittati al nero e dove comunque essi non possono dichiarare di domiciliare.
Tutto ciò ha costretto tantissimi immigrati, con la consapevolezza del governo, a dover pagare il proprio o altri datori di lavoro, il proprio o altri proprietari di case –che già li sfruttano e li rapinano quotidianamente- per ottenere la certificazione necessaria. In questi casi al "clandestino" è toccato pagarsi anche i contributi INPS, con un ulteriore sgravio per i padroni ed un bel regalo per le casse dello stato.
Chi non ha potuto permettersi di pagare questa vera e propria tangente (a proposito di illegalità e delinquenza), è destinato a rimanere clandestino subendo il ricatto dovuto alla propria condizione e il rischio di essere espulso al primo controllo di polizia che gli capita.
Solo chi è interessato ad aizzare il razzismo può presentare questi provvedimenti come "permissivi" e favorevoli agli immigrati.
In realtà si tratta di una politica tesa a "regolarizzare" il loro sfruttamento da parte dei padroni grandi e piccoli; di legalizzare (provvisoriamente) gli immigrati che servono a sostenere i profitti e la competitività aziendale e nazionale.
Da una parte si concede alle aziende, anche di grosse dimensioni di poter utilizzare liberamente questa forza lavoro e dall’altra si accresce artatamente la pressione razzista nei loro confronti, per renderli ancora più malleabili e disponibili ad accettare condizioni di lavoro e salariali disperate.
Si punta soprattutto ad impedire che questi lavoratori si organizzino per rivendicare la parità di trattamento con gli altri operai, che si integrino realmente con la classe lavoratrice italiana rendendo difficile ai padroni di utilizzarli gli uni contro gli altri e continuare a peggiorare le condizioni di entrambi.
Il padronato infatti sfrutta la debolezza degli immigrati e la loro ricattabilità per avere lavoratori a basso costo e come arma di pressione nei confronti dei lavoratori italiani per costringerli a cedere ulteriormente su salario, orario, flessibilità, intensità del lavoro ecc.
Da parte dei proletari italiani cadere nella trappola razzista, tesa tanto dai partiti di centrosinistra al governo quanto da quelli di destra, sarebbe suicida.
In primo luogo il flusso dell’immigrazione verso i paesi occidentali è inarrestabile, poiché la povertà, la fame e la miseria in cui i popoli del terzo mondo vengono costantemente tenuti dalla politica di rapina delle grandi potenze e del capitale occidentale li spinge a cercare qui una soluzione alla loro oppressione, nonostante le dure condizioni di sfruttamento cui vanno incontro.
In secondo luogo sono proprio i padroni e le forze politiche che li rappresentano ad avere interesse ad utilizzare una quota crescente di immigrati nonostante le campagne razziste da essi fomentate.
Fermare il flusso dell’immigrazione, o peggio, rimandare indietro quelli che già sono qui, richiederebbe niente di meno che abbattere questo sistema sociale che lo determina e scontrarsi duramente con la classe borghese che ne approfitta.
Ma, una classe lavoratrice, come quella italiana, che oggi non riesce a difendere nemmeno le sue condizioni di vita e di lavoro dai continui attacchi cui sono oggetto, difficilmente potrà e vorrà ingaggiare uno scontro di questo tipo. L’unico risultato ottenuto, aderendo alle campagne razziste sarà quello di rafforzare ancora di più la pressione contro gli immigrati e quindi, indirettamente, la forza dei padroni anche nei propri confronti.
Non dobbiamo nemmeno credere a chi, dal governo o dall’opposizione, ci spinge a chiedere un’ulteriore giro di vite contro gli immigrati per poter rendere più vivibili i quartieri proletari e fermare il dilagare della criminalità. Che il degrado dei nostri quartieri sia legato "anche" al fenomeno dell’immigrazione (e cioè alle condizioni di illegalità e di sfruttamento in cui essi vengono tenuti da quelli stessi che invocano maggiore repressione nei loro confronti), non vi è dubbio. Ma, esso è frutto innanzitutto della politica dei vari governi che hanno tagliato servizi pubblici e spesa sociale; del diffondersi della miseria e della precarietà anche tra i proletari bianchi colpiti dagli attacchi borghesi; del crescente disagio giovanile che spinge tanti ragazzi nei morsi della droga. E, inoltre, di che colore sono le mani che reggono il traffico della droga e il mercato della prostituzione? Di nazionalità italiana o straniera?
L’introduzione di leggi più severe e di maggiore mano libera alla polizia nei confronti degli immigrati, non solo non migliorerà di un grammo le condizioni di vivibilità dei nostri quartieri, ma fornirà ulteriori strumenti repressivi alla borghesia per colpire anche i proletari italiani che decidessero di ribellarsi contro le cause reali di questo crescente degrado.
Che fare allora? Restare immobili ad aspettare che le cose si aggiustino da sole? Oppure attenersi ad un atteggiamento "democratico", "tollerante" e "umanitario", come ci viene suggerito dai dirigenti di Rifondazione Comunista, che sognano di bloccare la peste razzista sostenendo che "tanto c’è posto per tutti"? E cosa si fa quando i posti non ci sono più e la vita diventa più difficile? Si passa improvvisamente dalla tolleranza anti-razzista al razzismo intollerante! Come è capitato recentemente anche a tanti proletari di Torino e di Milano.
Lo scontro fratricida tra proletari bianchi ed immigrati si può evitare solo realizzando un percorso comune di lotta e di organizzazione che trasformi gli elementi di debolezza attuali in condizioni di forza per respingere il comune attacco (anche se per ora diversamente graduato) della borghesia.
Gli immigrati non hanno bisogno di "comprensione" e "tolleranza" ma di una reale integrazione nelle file del proletariato italiano per condurre insieme la battaglia contro i comuni avversari che invece cercano di dividerci e contrapporci.
Ciò potremo farlo se cominceremo a batterci per la conquista della loro piena parità di diritti, a sostenere ogni tentativo di organizzazione e di lotta, ad opporci risolutamente alla politica di oppressione, di affamamento e di aggressione militare crescente portata avanti dal capitale e dai governi occidentali, che crea un odio sacrosanto e crescente verso l’occidente in generale.
Solo così potremo contrastare la vera causa e dell’immigrazione e del crescente degrado della nostra condizione: il sistema capitalistico mondiale.

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA
Leggete che fare

Torna indietro WB01343_.gif (599 byte)