Via le truppe italiane e occidentali dall’Iraq!

Via il governo Berlusconi, governo della guerra!

 

Scendiamo in piazza, oggi, dopo aver accolto con soddisfazione la decisione del governo spagnolo di ritirare le truppe dall’Iraq. Questa decisione mostra che la “guerra infinita” di Bush-Blair-Berlusconi-Aznar non è inarrestabile. Il ritiro spagnolo è però solo un primo risultato. L’occupazione dell’Iraq, infatti, prosegue, con l’Italia a fare la sua parte anche nell’assassinio diretto dei manifestanti iracheni. E prosegue, con essa, la paura di vedere la guerra tornare indietro, direttamente qui in Europa...

“Fare come Zapatero”: sembra questa la via d’uscita. E lo è, se con questo slogan intendiamo il ritiro senza condizioni delle truppe italiane. Ma la scelta di Zapatero non è solo questo. Essa contiene in sé anche una soluzione politica per il futuro dell’Iraq che, lo diciamo subito, non arresta la corsa alla guerra: la rinfocola. È su questo che vogliamo ragionare, per poi arrivare a vedere la sola via d’uscita che la situazione politica mondiale ci lascia.

 

Cosa ha reso possibile la decisione di Zapatero?

 

Alla base di essa c’è innanzitutto la magnifica resistenza del popolo iracheno e quella degli sfruttati di tutto il mondo arabo e musulmano.

Bush, Blair, Berlusconi, Aznar speravano di poter imporre impunemente la loro dittatura sull’Iraq, per saccheggiarne il petrolio e per costruire lì una nuova, enorme, base militare da cui continuare la “guerra infinita” lanciata dall’Occidente capitalista (ben prima dell’11 settembre) contro le masse lavoratrici del mondo musulmano e del Terzo Mondo.

I loro calcoli si sono però rivelati sbagliati. Perché in Iraq, i lavoratori, i padri e le madri delle famiglie “semplici”, i giovani, i bambini si sono ribellati e continuano a battersi per la cacciata degli occupanti. Perché l’odio generato nel mondo musulmano dalla rapina e dall’aggressione dei signori della guerra dell’Occidente ha fatto tornare la guerra nella loro stessa tana. Da ultimo, in marzo, in Spagna. E qui, la “gente semplice” ha reagito in un modo che gli stati maggiori dell’Occidente non si aspettavano: chiedendo il ritiro delle “proprie” truppe, intuendo giustamente che per tenere lontano da “casa propria” la guerra, occorre allontanarla dalla “casa altrui” dove l’ha portata il “proprio” governo.

Sì, è così: occorre allontanarla dall’Iraq, dal mondo arabo-islamico, da tutto il “Terzo Mondo”; occorre fare tutto ciò che sta in noi, lavoratori e “gente semplice” dell’Occidente, per favorire la vittoria degli iracheni e la sconfitta dei governi e degli stati aggressori, a cominciare dall’Italia. Altrimenti, non ci sarà verso, la guerra ritornerà qui come un boomerang.

Zapatero ha ritirato le truppe, e fin qui tutto bene. Ma per quale alternativa? Per far entrare in campo una forza multinazionale di pace simile a quella presente in Bosnia. Per dare spazio ad una politica europeista... Bene, supponiamo che questa intenzione vada a buon fine. Cosa cambierebbe per gli sfruttati iracheni? Cosa cambierebbe nella spirale della guerra?

Non ci sembra che la Francia, la Germania e l’Europa di Prodi e Zapatero siano paesi amici del popolo iracheno. Anche i governi di Parigi e Berlino, anche l’Europa di Prodi (insieme agli Stati Uniti e all’Italia) hanno partecipato all’embargo che ha ammazzato un milione e mezzo di iracheni. Anch’essi e le loro banche sono oggi interessati far pagare agli sfruttati iracheni il debito estero fino all’ultimo centesimo, come hanno fatto ad esempio con l’Argentina. Anche le loro imprese, in lizza con quelle statunitensi e italiane, vogliono prendere in mano a costo zero il petrolio, le telecomunicazioni dell’Iraq...

Finora rimaste ai “margini” del gioco, la Francia, la Germania e l’Europa di Prodi cercano di far leva sulle difficoltà degli Stati Uniti per rientrare in campo. E per bloccare, con una falsa promessa di amicizia, lo sviluppo dell’unità di lotta tra le varie componenti nazionali e religiose del popolo iracheno, temibile per gli Usa come per chiunque voglia spremere i lavoratori iracheni e mediorientali, e quanti fra questi ultimi sono costretti a lavorare in Europa come schiavi senza diritti. Proprio come è accaduto nel “modello bosniaco”, a cui si richiama Zapatero.

Una “vera alternativa sotto l’insegna dell’Onu” non sarebbe l’allontanamento della guerra dall’Iraq, sarebbe altra legna sul fuoco dell’aggressione capitalistica occidentale al mondo islamico. Sarebbe la continuazione della “guerra infinita” di Bush, Blair, Berlusconi e Aznar con altri attori, sotto la bandiera della (falsa) pace, della pace imperialista. E tale sarebbe anche se essa, provvisoriamente, fosse accolta con una sospensione di giudizio o con favore da una parte della popolazione irachena. Ricordiamoci che avvenne qualcosa di simile anche l’anno scorso nei confronti dell’invasione di Bush-Blair-Berlusconi... Da questo punto di vista, altro che “fare come Zapatero”! Per lottare contro la guerra infinita di Bush e Berlusconi, occorre lottare anche contro la variante europeista,  prodiana e zapateriana, della stessa guerra.

 

In questa lotta possiamo contare solo sulle nostre forze.

 

E queste forze vanno innanzitutto mobilitate seriamente, come finora non è accaduto. Il che richiede l’avvio di una vera discussione di massa sulle cause della guerra in corso, sugli interessi reali che l’Europa di Prodi e l’Onu difendono, sull’organizzazione che va costruita per portare avanti una vera lotta contro la guerra, sull’indispensabile collegamento con la resistenza del popolo iracheno e degli altri popoli aggrediti dall’Occidente capitalista. Questa resistenza non deve farci paura, va vista per quello che è, la più grande delle risorse di lotta “per la pace”, il propollente (come si è visto per il caso spagnolo) della nostra stessa lotta, da accogliere e valorizzare al massimo, da cui imparare, anche per aiutare in essa le masse sfruttate a smarcarsi da direzioni islamiste o nazionaliste incapaci di condurre una lotta coerente contro l’imperialismo e timorose di vedere gli sfruttati dell’Islam e quelli dell’Occidente affratellarsi tra loro.

Contare sulle nostre forze significa guardare e legarsi alla mobilitazione e agli sfruttati degli altri paesi occidentali. A coloro, ad esempio, che negli Stati Uniti si stanno battendo per il ritiro dall’Iraq, contro la criminalizzazione degli immigrati musulmani e per una politica a favore del mondo del lavoro. A coloro che in Giappone, anche davanti al sequestro di alcuni giapponesi, hanno portato in piazza la condanna inequivoca della politica di guerra di Koizumi.

Contare sulle nostre forze significa portare la questione della guerra nei posti di lavoro, e qui denunciare il legame esistente tra l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro subìto dai proletari d’Italia (italiani e immigrati) e l’occupazione neo-coloniale dell’Iraq. Chi spara sui manifestanti a Nassirya ubbidisce alle stesse forze capitalistiche che, in Italia, tagliano i salari, precarizzano il lavoro, mettono la tagliola ai lavoratori immigrati con il ricatto del permesso di soggiorno, peggiorano la condizione della donna, contro-riformano la scuola e la sanità. A quelle forze capitalistiche che hanno imposto alla Fiat di Melfi (per poi generalizzarle ovunque) condizioni di lavoro infernali contro le quali i lavoratori sono ora scesi in sciopero. Per non parlare dell’attacco all’agibilità sindacale e politica dei lavoratori, delle rappresaglie per chiunque (la fabbrica di Melfi è emblematica) si opponga all’ordine e alla voce del padrone... Come non vedere che questo è già il ritorno dello stato di polizia e di guerra che l’Italia sta “esportando” in Iraq?

La difesa dei lavoratori italiani dalla “guerra interna” lanciata contro di loro dal governo e dai capitalisti ha bisogno che si sbarri la strada anche alla “guerra esterna” condotta in Iraq da Berlusconi e dal sistema delle imprese italiane. Ha bisogno che ci si opponga alla “politica di sicurezza” che il governo Berlusconi-Bossi-Fini sta avviando con la menzogna che essa servirebbe a proteggere i “cittadini”: essa serve in realtà solo a blindare questa loro “doppia guerra”, con tutto quel che ne deriva. L’unica vera protezione nostra sta nella lotta generalizzata per imporre al “nostro” governo il ritiro immediato dall’Iraq; sta nell’opporci alla crociata che il “nostro” governo vuole intensificare contro la “Baghdad di casa nostra”, cioè contro i lavoratori immigrati; sta nell’organizzare una lotta di massa per cacciare dalla piazza il governo Berlusconi, senza nulla concedere ad un eventuale governo di centro-sinistra o di concertazione nazionale.

 

23 aprile 2004

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

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