INTEGRATIVO FIAT: OCCASIONE PER UN FRONTE GENERALE DI CLASSE

Gli scioperi per l'integrativo hanno avuto nei mesi scorsi una buona riuscita in tutti gli stabilimenti Fiat e hanno visto finalmente la partecipazione dei giovani. Questa disponibilità a battersi è venuta fuori più di una volta anche di fronte all'attacco occupazionale che la Fiat-GM sta nel frattempo portando avanti anche negli stabilimenti italiani (dando il benservito ai 147 lavoratori a tempo determinato alle Carrozzerie di Mirafiori e ai 300 interinali assunti quindici mesi fa alla Sata di Melfi, continuando a colpi di cig alle Meccaniche -da mesi- e ora anche alle Costruzioni e stampi di Mirafiori, minacciando mille esuberi agli Enti Centrali) insieme alle crescenti intimidazioni (come con il licenziamento di due delegati Uilm a Pratola Serra). Gli scioperi non hanno però finora ottenuto il dietro-front dell'azienda nè sull'integrativo, nè sulle questioni occupazionali aperte.

GM-FIAT nel mondo.

Corea: per acquistare la Daewoo, GM-FIAT impone al governo coreano il "risanamento" della fabbrica con il licenziamento di 1750 operai e il peggioramento delle condizioni normative per chi resta, l’utilizzo della più brutale repressione per sedare la lotta operaia con arresti di operai e sindacalisti.
Inghilterra: licenziamenti con chiusura di stabilimenti a Luton e a Ellsmere.
Polonia: la FIAT annuncia 750 licenziamenti nello stabilimento di Bielsko Biala.

La reazione non si è fatta attendere !!

Corea: scioperi e scontri con la polizia per diversi giorni, individuazione da parte operaia dei veri avversari: "il governo che agisce per conto della General Motors".
Inghilterra: si sta conducendo una lotta seria e determinata, uscendo dall’isolamento e cercando l’unità con il resto dei lavoratori GM in Europa, arrivando infatti allo sciopero europeo del gruppo del 25/1/2001 con 40.000 lavoratori in lotta in Germania, Belgio, Spagna, Portogallo, Inghilterra; unici assenti il sindacato e gli operai italiani.

Queste lotte ci riguardano molto da vicino, da una parte perché è lo stesso padrone che porta lo stesso attacco che viene portato anche a noi (licenziamenti, CIG, flessibilità, taglio dei salari), dall’altra perché ci servono da insegnamento per determinazione, compattezza, serietà e ricerca d’unità, cioè l’inverso di quello che succede qui da noi, dove le lotte sono sporadiche, frammentate e separate le une dalle altre, non si rivolgono al resto dei lavoratori ma cercano interlocutori unicamente nelle istituzioni nazionali e locali .

Ma soprattutto perché un mercato sempre più globalizzato esige sempre più una ricerca spasmodica del massimo profitto da ottenere con qualsiasi mezzo, primo tra tutti la frammenta-zione e contrapposizione dei lavoratori. Se non si vuole che ciò renda più forti i padroni e che siano i lavoratori a pagarne i costi, gli operai devono guardare con interesse a queste lotte, iniziando a tessere quei legami indispensabili per la propria difesa coi proletari degli altri paesi.

Il motivo di questa intransigenza sta nel fatto che per la Fiat-GM -e per l’insieme del padronato- questa vertenza rappresenta un passaggio per un più profondo attacco a tutta la classe: battere la classe operaia Fiat vuol dire infatti passare con più facilità ovunque. Lo scontro alla Fiat non è semplicemente una battaglia contro un singolo padrone ma contro una generale offensiva borghese, dettata non da un Agnelli o dagli… americani, ma imposta dalle esigenze via via più stringenti della competizione globale, dalla ricerca spasmodica di profitti a cui nessun padrone può sottrarsi. E neanche la classe operaia può eludere questi nodi sul tappeto, ma li deve affrontare dal punto di vista dei propri interessi di classe. L’alternativa è: o continuare a subire arretramenti e peggioramenti senza fine, o accettare lo scontro a tutto campo e attrezzarsi di conseguenza, sulla base di un programma e un’organizzazione di classe.

Il padronato punta non solo a ridurre il salario reale, ma a differenziarlo e legarlo sempre più decisamente all’andamento del mercato. Da qui l’attacco ai due livelli di contrattazione, per arrivare a smantellare la contrattazione collettiva nazionale (obiettivo esplicitamente dichiarato da Confindustria) a favore di livelli locali e aziendali con salari sempre più differenziati (ben oltre le stesse gabbie salariali) e con lavoratori sempre più divisi e quindi più deboli. Di più, quello che dimostra il licenziamento dall’oggi al domani dei 147 giovani con contratto a termine, è che le aziende intendono far diventare norma generale il fatto che si entra e si esce dalla fabbrica come e quando vogliono i padroni, secondo le esigenze "insindacabili" del mercato. Oggi questo vale per i giovani "precari", ma l’obiettivo è di estenderlo a tutti i lavoratori. In quest’opera di divisione la borghesia sta collezionando punti su punti con le terziarizzazioni, le assunzioni a tempo, il lavoro interinale, le cooperative, ecc. Questa linea di flessibilizzazione e divisione della forza-lavoro è stata costantemente supportata dalle misure del governo, e il futuro quadro politico post-elettorale -in mancanza di una decisa mobilitazione generale dei lavoratori- non farà che dare un'ulteriore spinta a questo attacco, sia che vincano le destre sia che vinca il centro-sinistra, che ha sposato le ragioni della flessibilità ("contrattata"!), della competitività di aziende e nazione, in una parola le ragioni profondamente anti-operaie del mercato.

Con la vertenza integrativa, dunque, si gioca una partita più ampia (dalla questione salariale all’occupazione, alla flessibilità e frammentazione) che riguarda l’insieme dei lavoratori. O come lavoratori saremo capaci di non farci dividere ulteriormente e di ricostruire un fronte unitario oppure non troveremo la forza anche solo per un recupero salariale vero e "pulito" (non scambiato, cioè, con ulteriore flessibilità e tagli occupazionali). Ma siamo più forti o più deboli se dagli stabilimenti del Nord non si raccoglie la richiesta di parificazione di trattamento che viene dagli operai degli stabilimenti meridionali e non si fa neppure un'ora di sciopero contro il licenziamento politico di due delegati di lì? E' utile che gli operai delle Carrozzerie continuino a ignorare lo smantellamento strisciante delle Meccaniche o che quelli delle Meccaniche non reagiscano insieme a quelli delle Carrozzerie sui 147 licenziati, o che a Melfi si lasci mano libera all'azienda nel licenziamento di trecento operai solo perché interinali? Troppo spesso si rimane nel chiuso del proprio posto di lavoro con l'atteggiamento del tipo "io speriamo che me la cavo" (a mantenere il posto o a ottenere un minimo di recupero salariale), mentre fuori grandina grosso e la grandine inizia a bucare il tetto! Ma l'offensiva padronale non guarda in faccia nessuna "posizione acquisita", anzi sfrutta i divari tra lavoratori per estendere via via le condizioni peggiori a tutti.

La risposta indicata dai sindacati non sta portando a nessun risultato concreto, e ancor meno si oppone alla frantumazione dei legami tra i lavoratori. I sindacati, infatti, non hanno lavorato per una reale unificazione della lotta tra i vari stabilimenti, né hanno collegato la vertenza all'attacco occupazionale di Fiat-GM. Lo si è visto chiaramente, da ultimo, in occasione della reazione spontanea degli operai di Mirafiori alla mancata riconferma di 147 giovani: invece di farne un'occasione per costruire una risposta di massa alla precarizzazione e dare un alt all'arroganza aziendale su tutta la linea si è lasciato che gli scioperi rifluissero per poi fare un generico appello per una discussione del caso alla presenza delle istituzioni locali. All’opposto, quale segnale di forza, unità e fiducia potrebbe dare una scesa in campo dei lavoratori "stabili" insieme a quelli precari per riconquistare l’unità di classe, a partire dal gruppo e per puntare all’insieme dei lavoratori e della società! I sindacati indicano ora nel governo la sponda per arrivare ad una conclusione della vertenza. Ma -a parte il fatto che proprio i governi di centro-sinistra si sono caratterizzati per una costante sottomissione ai "poteri forti" (industriali e finanziari) e hanno continuato sulla strada della precarizzazione del lavoro (la recentissima riforma federativa corona tutto ciò aprendo a leggi regionali differenziate su lavoro, sanità, previdenza, ecc.)- di quale "aiuto" si tratterebbe? Non certo un intervento "a fianco" degli operai o super partes, ma comporterebbe un ulteriore ridimensionamento delle esigenze operaie e varrebbe a vincolarle ancor più all’esigenze dell'economia aziendale e nazionale. E, soprattutto, un intervento del governo si porrebbe come surrogato alla strada della mobilitazione: ma senza lotta, senza attivizzazione come lavoratori non può essere fatto nessun vero passo in avanti per risolvere l'insieme dei problemi che ci troviamo di fronte,

E' un'altra la strada da seguire. Si tratta di lavorare perché si dia sull’integrativo come sul tema occupazione (e sull’insieme delle questioni) un generale movimento di lotta che si batta non caso per caso ma in quanto classe. Solo sulla base di obiettivi comuni (di classe) sarà possibile affasciare in un unico fronte le nostre forze: operai, la massa crescente di giovani con contratti atipici, i disoccupati, gli immigrati e l’insieme degli oppressi. È solo a questo livello che si costruiscono le condizioni per affrontare in maniera efficace lo scontro che ci si presenta davanti. E' questo il potenziale cui agganciarci, cui dare forza per riceverne. Per far questo dobbiamo guardare oltre i ristretti steccati del nostro posto di lavoro e iniziare a sentire gli altri lavoratori non come concorrenti, ma come alleati di una battaglia comune, oltre gli steccati nazionali, guardando con rinnovato interesse le battaglie che si svolgono "altrove" (vedi scheda). Questo è possibile a condizione di abbandonare l'illusione che la tenuta della nostra condizione è legata al buon andamento della "nostra" azienda o del "nostro" stabilimento. Ciò serve solo a rafforzare la forza di ricatto aziendale nell'accollarci i "necessari sacrifici" quando il mercato lo esige (ciò che accade puntualmente) e a scatenare la concorrenza al ribasso con gli altri lavoratori che porta alla divisione della nostra classe. Questo significa, né più né meno, rompere con quella linea sindacale e politica che fa dell’accettazione delle compatibilità capitalistiche il centro del suo programma, altrimenti ogni cedimento aprirà a ulteriori cedimenti e, così, le "ferree" leggi del mercato stritoleranno le nostre condizioni di vita e di lavoro.

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

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