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        12 dicembre 2025

Per continuare la mobilitazione dopo lo sciopero del 12 dicembre

bisogna aggredire alcuni risvolti politici centrali

della politica interna e di quella estera del governo Meloni.

 

 

La legge di bilancio 2026 continua e amplia la politica che il governo Meloni ha portato avanti sin dalla sua nascita: essa consiste nel travaso della ricchezza dalle tasche di chi la produce (i lavoratori) verso i profitti delle aziende, dei ceti medi accumulatori e degli evasori fiscali e verso l’imponente programma di riarmo predisposto in sintonia con l’Europa, gli Stati Uniti e la Nato.

 Questa azione del governo Meloni è stata parzialmente frenata solo ed esclusivamente dall’attivizzazione di un’importante quota di delegati sindacali e dalla saltuaria e per nulla “facile” scesa in campo di non insignificanti strati del mondo del lavoro salariato che, pur se tra mille difficoltà, tentennamenti e incongruenze, hanno fatto sentire la propria voce.

Non è dunque un caso che rimuovere e distruggere questo “ostacolo”, ad esempio con le reiterate puntate contro il diritto di sciopero, sia uno degli obiettivi principali del governo Meloni e dei grandi poteri capitalistici nazionali e internazionali che ne ispirano la linea, cosí da spianare la via a provvedimenti ancora più devastanti, ad esempio la privatizzazione completa della sanità e la blindatura autoritaria delle istituzioni statali. Quello che ha fatto il governo greco sull’orario di lavoro e sulle pensioni è un campanello d’allarme anche per noi.

 Per iniziare a predisporre il terreno all’avvio di una difficile ma possibile mobilitazione di massa contro la politica attuale del governo e le misure che esso ha in portafoglio, l’importantissima denuncia degli effetti economici delle misure governative va affiancata all’altrettanto decisiva denuncia dei suoi fondamentali risvolti politici.

 Va ad esempio evidenziato che i tagli e la strisciante privatizzazione del sistema sanitario e pensionistico rappresentano un attacco anche ad alcuni importanti elementi di unità materiale, e quindi di potenziale forza, dei lavoratori. Per questa via si seminano infatti altre divisioni. Tra il lavoratore che può usufruire di un’assicurazione medica privata e chi invece deve sottostare a penose liste d’attesa. Tra chi si può appoggiare a un fondo pensioni integrativo e chi no. Tra categorie più tutelate e categorie meno tutelate. Non solo dunque un danno economico immediato, ma anche un indebolimento politico che espone l’insieme dei lavoratori alle prossime misure.

 Un discorso simile vale per le spese belliche. Le politiche militariste dell’Europa e del governo Meloni vanno contrastate perché sottraggono e ancor più sottrarranno rilevanti risorse alle spese sociali. Ma vanno contrastate anche perché sono un tassello della complessiva strategia di lungo corso con cui gli Usa e l’intero Occidente puntano a rafforzare la loro supremazia sui popoli asiatici e sull’intero Sud del pianeta. Questa strategia riserverà ai proletari e alle loro giovani generazioni il ruolo di carne da cannone in guerre d’oppressione contro popoli che, giustissimamente, non si piegheranno facilmente e venderanno a carissimo prezzo la loro pelle.

 Anche per questo, anche per contrastare l’idea razzista che i proletari e gli oppressi del Sud del mondo siano nostri nemici “naturali” e per far emergere al contrario l’esigenza di una politica di fraternizzazione di classe con loro, bisogna battersi affinché l’appoggio alla causa e alla resistenza del popolo palestinese viva in tutte le mobilitazioni e non passi nel dimenticatoio. Denunciando il piano di “pace” neo-coloniale e schiavistico dell’amministrazione statunitense, l’azione dello Stato d’Israele e il sostegno, economico prima ancora che militare, ad esso fornito dall’Italia e dai suoi alleati.

 È vero, si tratta di tematiche che all’immediato possono andare contro l’umore e il sentimento immediato diffuso tra la massa dei lavoratori. Ma esse sono decisive per costruire caposaldi che possano reggere nel tempo e favorire la tessitura di una resistenza di massa in uno scontro che non sarà né breve né semplice.

Il governo Meloni infatti non è il rigurgito di un buio passato. È l’espressione di una moderna destra capitalistica internazionale che avanza in Europa, che trova la sua guida nella Washington di Trump e che, nel nome del suprematismo occidentale, prospetta un futuro di cupa oppressione tecnologica e di guerre devastanti.

 

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

 


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