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Da un mese sono scesi in sciopero decisi a portare avanti il braccio di ferro col governo. Sono i minatori albanesi, una delle categorie meno tutelate, con stipendi e pensioni da fame. Spesso vittime di morti bianche e di incidenti dovuti alla scarsa sicurezza sul lavoro
Le miniere in 
Albania, e in particolar modo quella dell'estrazione del cromo a Bulqiza, sono 
quotidianamente presenti sui media albanesi, avendo acquisito da tempo la 
cattiva reputazione di fabbriche della morte, per le incessanti morti bianche. 
Solo a Bulqiza nel nord del paese, secondo diverse testate albanesi, nei primi 
mesi dell'anno il numero dei morti supera la decina. Si denuncia la totale 
mancanza di sicurezza sul lavoro, che passa del tutto inosservata davanti 
all'indifferenza delle strutture competenti di controllo. 
Negli ultimi giorni, mentre i giornali riportavano l'ennesimo morto in miniera, 
con qualche trafiletto di denuncia nei confronti dello Stato, senza scaturire 
però grande scalpore, i minatori albanesi hanno alzato la voce per denunciare il 
fatto che sono una categoria totalmente dimenticata da ogni tutela del 
lavoratore. All'ondata di scioperi e proteste che sta attraversando nelle ultime 
settimane l'Albania, si sono aggiunti anche i minatori, organizzati dai loro 
sindacati in tutto il paese. A un mese dall'inizio del loro sciopero della fame, 
gli esiti politici stentano a venire. 
I minatori chiedono più tutela, l'istituzione dello status del minatore, 
l'abbassamento dell'età di pensione a 50 anni, l'aumento dei salari a un livello 
accettabile e pensioni di 25mila lek (circa 200 euro) che permettano un tenore 
di vita dignitoso nella loro vecchiaia. 
"Siamo la categoria meno tutelata in questo paese, eppure siamo quelli che hanno 
il lavoro più difficile", afferma per i media albanesi Fiqiri Xibri, 
rappresentante sindacale dei minatori. "Chiediamo l'abbassamento dell'età 
pensionabile, perché non ha senso che i minatori vadano in pensione a 65 anni 
come tutti gli altri. Una volta in pensione gli anni da vivere rimangono pochi, 
dopo la difficile vita lavorativa in miniera" continua Xibri. 
La protesta ha preso piede per trasmettere al governo albanese un messaggio 
chiaro su una situazione che necessita un intervento immediato, in uno dei 
settori che è tra i più floridi e in continua crescita nell'economia 
d'esportazione albanese, parola del ministro dell'Energia Genc Ruli. 
In un recente incontro con le compagnie private che sfruttano ed estraggono il 
cromo dalle miniere, Ruli, si è complimentato con loro per la crescita e la 
prosperità del settore, che nell'ultimo anno ha apportato alle casse albanesi 
135 milioni di euro, raggiungendo un record assoluto. E' stato invece irrisorio 
lo spazio lasciato alla tragedia incessante delle miniere in concessione alle 
compagnie private. Il ministro si è limitato a sottolineare che "nelle miniere 
sono stati notati diversi incidenti che potrebbero essere evitati rispettando le 
regole della sicurezza sul lavoro" altrimenti, ha minacciato, "ci saranno 
controlli e sanzioni per chi infrange le regole". Intanto l'incidenza del 
problema che non è affatto recente, testimonia la totale assenza dello stato e 
dei suoi enti controllori nel settore. 
Le richieste dei minatori, però, non sembrano denunciare direttamente le morti 
sul lavoro. Nei commenti degli ultimi giorni sulla stampa albanese, tale fatto è 
stato considerato come una conseguenza delle continue minacce e ricatti che gli 
stessi scioperanti hanno dichiarato di ricevere. Solo qualcuno di loro ha detto 
davanti alle telecamere: "Necessitiamo migliori condizioni di lavoro, per fare 
in modo che uno entri in miniera con la certezza di ritornare a casa vivo". 
Tuttavia lo sciopero che si è più volte trasferito davanti alla sede del governo 
albanese, voleva lanciare un messaggio diretto al governo e al suo premier che è 
rimasto indifferente, come accaduto in passato in occasione di altri scioperi. 
Sono stati diversi i politici dell'opposizione e della società civile ad 
invitare pubblicamente il premier Berisha a pronunciarsi sulla questione dei 
minatori. Gli scioperanti dal canto loro sono stati più espliciti bruciando 
pubblicamente la "Fiaccola della democrazia", un'onorificenza consegnata ai 
minatori negli anni '90 dall'allora presidente Berisha, per l'enorme contributo 
dato agli scioperi di massa che hanno cambiato la storia del paese. 
"Le nostre richieste non pretendono nulla di trascendentale – ha chiarito il 
sindacalista dei minatori Fiqiri Xibri – anzi vogliamo raggiungere almeno quel 
livello di tutela che avevamo ai tempi del comunismo." 
Alla protesta degli scioperanti davanti alla sede del governo si sono aggiunte 
decine di altri minatori arrivati da diverse miniere del paese, di Valias, 
Ternova, Bulqiza, ecc. Tra gli slogan spiccavano: "Faremo tutti lo sciopero fino 
alla morte", "Non chiediamo l'elemosina ma ciò che ci spetta" oppure "Berisha, 
lascia perdere le spie, in piazza ci siamo noi", alludendo all'ingombrante 
ritorno, per l'ennesima volta, del poco costruttivo dibattito politico 
sull'apertura dei fascicoli e sulla lustrazione degli ex collaboratori del 
regime. 
Qualche apertura è arrivata invece dal presidente della Repubblica Bamir Topi, 
che ha incontrato i sindacalisti, ma l'incontro non si è tradotto in risultati 
concreti. Nel frattempo i minatori si sono incontrati coi rappresentati della 
società civile e dell'opposizione che hanno sfruttato l'occasione per denunciare 
le politiche mancate del governo attuale. Ci sono voluti venti giorni di 
sciopero, per riuscire finalmente a ottenere l'attenzione del governo, ma anche 
in questo caso, non del premier, che negli ultimi giorni si è dato assente per 
impegni internazionali all'estero. 
Si è venuta a creare addirittura una disputa tra i vari ministeri per definire 
la competenza sulla questione. "Abbiamo negoziato con le parti ma le loro 
richieste non sono chiare, e sono contrastanti tra di loro, a seconda del 
sindacato con cui si parla. Il loro sciopero della fame complica ulteriormente 
la soluzione. Decisamente non hanno scelto il modo più opportuno per comunicare 
con il governo", ha commentato il vice ministro dell'Economia e dell'Energia, 
Kastriot Sulka. In seguito la questione si è trasformata in uno scaricabarile 
tra il ministero delle Finanze, quello del Lavoro, e quello dell'Economia e 
dell'Energia. 
Sin dalle prime dichiarazioni, i ministri hanno voluto troncare la richiesta 
dell'aumento delle pensioni dei minatori (attualmente di 6mila lek, circa 55 
euro), ritenuto come insostenibile dalle finanze dello stato. Gli economisti 
denunciano però che tale aumento avrebbe un'incidenza irrisoria rispetto al 
ricavato delle miniere. Respinta per ora anche la richiesta dello "status di 
minatore": "Se aumentiamo la pensione ai minatori perché hanno una professione 
difficile, la stessa cosa chiederanno anche gli altri, per esempio i ballerini. 
Così non ne usciremo più", ha commentato il vice ministro Sulka. 
La Commissione parlamentare sulla produzione industriale e agricola ha invitato 
tutti i ministeri coinvolti a proporre soluzioni alla questioni avanzate dai 
minatori. C'è molto pessimismo sull'esito dei negoziati e sulle eventuali 
politiche che ne scaturiranno. "Servono riforme profonde del sistema. - commenta 
Ylli Bufi, membro della Commissione – non è solo questione di provvedere a 
risolvere i problemi di quei 12 minatori che fanno lo sciopero della fame". 
Le soluzioni proposte dal ministero del Lavoro prevedono un lieve miglioramento, 
in particolar modo nell'abbassamento dell'età pensionabile, ma la questione 
della retribuzione rimane molto distante dalle aspettative dei minatori. Il 
ministro del Lavoro vorrebbe aumentare la retribuzione di solo mille lek, ma 
sarebbe ancora molto inferiore alla soglia minima delle pensioni determinata 
ultimamente dal governo Berisha. Niente proposte invece dal ministero 
dell'Economia, che si è giustificato di non aver tempo per la questione dei 
minatori. 
Dopo un mese di scioperi, il rappresentate dei minatori Fiqiri Xibri, ha 
dichiarato la sospensione delle proteste, per dare tempo alle parti di 
negoziare. Ma già annuncia che vista l'enorme distanza che separa le parti in 
causa, lo sciopero riprenderà e questa volta più organizzato ed esteso a tutte 
le miniere del paese.
17.07.2008
18 luglio 2008
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA