CONTRO L'INFAME AGGRESSIONE 
IMPERIALISTA AL MEDIO-ORIENTE!

AL FIANCO DELLE MASSE SFRUTTATE
ARABE E ISLAMICHE!
PER L'UNITA' DEL PROLETARIATO 
E DEGLI OPPRESSI DI TUTTO IL MONDO!


Si sono dunque spente le candele delle "veglie di preghiera". Tacciono le invocazioni ad una pace possibile (il cui prezzo sarebbe dovuto essere la resa senza condizioni da parte delle masse arabo-islamiche aggredite dall'Occidente). Sono passati inascoltati (e c'era da dubitarne?!) i cinque minuti di "sciopero" indetti dai vertici sindacali.

Tutto il ciarpame di un "pacifismo" impotente e codino crolla miseramente nel momento in cui parlano le cannonate e i missili di quell'imperialismo occidentale che mai si è voluto chiamare con nome e cognome ed affrontare con le uniche armi in grado di tacitarlo: le armi di una decisa lotta di classe capace di dire che "il nemico principale è in casa nostra": il sistema capitalista basato sulle leggi del profitto, di cui la guerra altro non è che la prosecuzione della politica con altri mezzi".

A decine, a centinaia di migliaia si è manifestato, sino allo scadere del brigantesco "ultimatum" imposto all'Iraq dall'Onu (mai come in quest'occasione rivelatosi per quel che è: l'esecutore "legale" dei diktat dell'imperialismo Usa), per gridare la propria avversità alla soluzione militare. Si è manifestato un po' ovunque nel mondo in nome della "pace" e… la guerra è venuta.

Quanti erano già scesi in piazza, quanti sono stati sospinti a farlo "a fatto compiuto" devono trarre un bilancio severo dell'esperienza che ci sta ormai alle spalle. Perché mai il "nostro" appello non è stato ascoltato? E come potremo farlo ascoltare ora, ad evitare nuovi cumuli di lutti?

La risposta non lascia dubbi: non "siamo" stati ascoltati perché le "nostre" armi erano spuntate in partenza, perché "abbiamo" creduto di trovare un interlocutore laddove era il nostro nemico, perché addirittura "abbiamo" delegato ad esso una soluzione di "pace" (quale pace poi, ammesso che vi si fosse potuti arrivare?) mentre esso si armava concretamente per la guerra.

La prima trappola in cui il "pacifismo" è caduto (o dietro cui una sua parte si è accortamente acquattata) è consistita nell'avvalorare la menzogna infame di un "diritto internazionale" violato dall'Iraq con l'invasione del Kuwait, quando era del tutto evidente che quello del Kuwait era solo un pretesto per un'ulteriore escalation nell'intervento imperialista da sempre in atto nel Medio Oriente; che la cancellazione dalla geografia politica di quell'aborto di "stato" che era il Kuwait preoccupava l'Occidente solo in quanto con esso si cancellava una finzione statale dietro cui stava, ben reale, il controllo economico, politico e militare della regione da parte dell'imperialismo per interposta persona (per interposti fantocci!). Difesa del "diritto internazionale"? Sì, allo stesso modo in cui si è data a Grenada, a Panama (la ricordate la favola della lotta antinarcos?), in Nicaragua (i Contras stipendiati per ristabilire la democrazia!!), in Libia…, ovunque l'imperialismo abbia degli interessi da difendere.

"No alla guerra per il petrolio!", si è gridato negli USA. Ci volevano i "francescani" nostrani (da padre Calducci a padre Occhetto o Ingrao) per ignorarlo.

Si è cominciato con lo scendere in piazza ai grido "Contro Saddam e contro la guerra" e tuttora s'insiste a vedere nell'invasione del Kuwait la prima violazione del "diritto internazionale" protestando semmai contro l' "esagerata" reazione ad essa e la sua gestione "unilaterale" da parte degli Usa. Come dice Occhetto: "Hanno deciso senza l'Italia. Stiamo fuori". (l'Unità, 17 gennaio).

L' "ideale" sarebbe stato, dunque, che potessimo decidere anche "noi". Rassicuratevi: l'Italia borghese non è rimasta al di fuori delle decisioni e il "libero" voto del "nostro" Parlamento lo ha attestato senz'ombra di dubbio, in ossequio agli interessi di chi in parlamento non vota, ma fa votare: i padroni dell'industria e della finanza e tutto lo strame sociale ad essi legato.

Cosa opporrete a costoro in alternativa alla guerra? Che si sarebbe potuto piegare Saddam Hussein (o le masse sfruttate?) anziché con la guerra con il blocco sanzionistico? "Democraticamente" strangolando un popolo per fame anziché annientarlo a suon di bombe? E demandando quest'opera di "polizia internazionale" all'Onu anziché agli Usa?

Queste chiacchiere significano una sola cosa: che "noi" in quanto rappresentanti dell'Italia (del capitalismo italiano), avremmo preferito una "più equa" spartizione del bottino imperialista, che ci sentiamo penalizzati dall'arraffa arraffa statunitense che se c'è da lucrare sulla pelle delle masse medio-orientali dobbiamo essere "autonomamente" della partita.

Noi non siamo né estimatori né sostenitori di Saddam Hussein in quanto capo di un regime borghese, ma ci si è mai chiesti perché mai il suo appello (lasciamo qui stare quanto inconseguente!) alla "guerra santa" abbia trovato pronta ed entusiastica rispondenza tra le masse sfruttate di tutta l'area medio-orientale? Perché lì l'oppressione imperialista è un fatto reale, e lo è altrettanto il bisogno di reagire ad essa. Perché, in assenza di un appoggio qui, da parte del nostro proletariato alla lotta contro quell'oppressione, è inevitabile e sacrosanto che le masse oppresse comunque si ribellino invocando sul serio quella "guerra santa" di classe di cui hanno vitale bisogno.

E' colpa di queste masse se accolgono entusiaste l'appello di Saddam? No. Siete voi, anime belle di un "social-sciovinismo" che si vorrebbe pacifico, che le costringete a tanto. Volete davvero che si liberino del rais? Non avete che da unirvi alla loro lotta, dichiarare anche qui e sino in fondo guerra all'imperialismo, ed esse sapranno fare a meno del "dittatore di Baghdad". Ci sia permesso di dubitare fortemente sulla vostra volontà e sulla vostra capacità di proporre questa soluzione anti-Saddam…

"Pace, pace Quanto (vergognosamente) è risuonata nei mesi scorsi questa parola menzognera! Pace per il sistema imperialista, pace per il "nuovo ordine internazionale" (il "governo mondiale" imperialista cui tante lodi pindariche si son spese nell'89!). Ma quale pace? La possibilità di intensificare "pacificamente" lo sfruttamento del Sud del mondo, e dunque GUERRA anche nel tacer delle cannoniere. Già nel '51 i marxisti scrive vano:

"Poiché al piano unitario mondiale di potenza meno che mai oggi rinunzia il Capitale, e muove a ribadire le catene sulla classe operaia di tutti i paesi "prosperi" e poveri, e la soggezione degli stati minori e delle immense masse coloniali, ogni teoria di convivenza ed ogni grande agitazione mondiale di pace vale complicità con quel piano di affamamento e di oppressione".

Chi, sinceramente in cuor suo, si è mobilitato o si mobiliterà contro la guerra non potrà fare a meno di interrogarsi finalmente su questo semplicissimo dato di fatto e rispondere con noi che, finché dura il sistema imperialista, "non v'è 'pace' che sia desiderabile" come "non v'è guerra che non sia infame".

Ci verrete ancora a dire che "l'Italia ripudia la guerra" sventolandoci sotto il naso la Costituzione "più avanzata del mondo"? E che questa Italia deve agire, conforme alle sue sacre leggi, per un "nuovo rapporto Nord-Sud" in grado di disinnescare i focolai di guerra? Ma, in quanto quinta potenza (o giù di lì) imperialista mondiale, quest'Italia non può che sancire lo stato di guerra permanente e sempre più feroce nei confronti di un Sud del mondo da cui trae linfa vitale. Non è da lì che pompiamo petrolio a costo zero e sudore e sangue dalle masse sottoposte al dominio imperialista? E non sono precisamente queste risorse che ci assicurano qui "pace" e "democrazia"? "Disinnescare i focolai di guerra"? Ma siamo proprio "noi" a riprodurli quotidianamente. Perché davvero l'Italia ripudi la guerra occorre che il proletariato italiano prioritariamente ripudi ed affossi il sistema capitalista. Non le "buone" costituzioni, non le logorree parlamentari, non le "leghe degli onesti", ma la forza, la violenza, la dittatura del proletariato può inaridire alla fonte la scaturigine di un sistema di guerra permanente e stabilire, attraverso l'unità mondiale degli sfruttati, "nuovi rapporti Nord-Sud"!

E basta con l'altra menzogna secondo cui "la guerra è rovina per tutti"! No, la guerra è da sempre per il capitalismo una manna. In passato, quando i borghesi non avevano vergogna di chiamarsi "interventisti" e "imperialisti", si disse bene: "La guerra è la sola igiene del mondo". Si voleva dire esattamente: la guerra ci ripulisce il campo dalla sovrapproduzione di merci e di uomini (una merce come le altre per i borghesi!), ci offre nuovi "spazi vitali" di espansione e profitti. Oggi che il mondo borghese è mille volte più imperialista sì preparano e si fanno le guerre pudicamente in nome del "diritto internazionale" e della "pace" e la banda vigliacca dei falsi "pacifisti" della "sinistra" borghese si limitano a… prender sul serio questi richiami alla legalità sospendendo persino ogni sbiadita parvenza di ostilità contro il regime capitalista, ma "esigendo" che esso si accordi ai "valori della pace" in nome dei suoi stessi pretesi interessi, perché - senti senti! - altrimenti "sarebbe la rovina per tutti".

Lo scoppio della guerra non è stato contrastato a tempo e nei modi debiti e, in particolare, il proletariato non ha fatto sentire la propria autonoma voce di classe nelle piazze, immobilizzato dalle "sue" direzioni "riformistiche" (che hanno ben provveduto a spuntargli le ali nelle stesse battaglie contrattuali - in perfetta sintonia con le "superiori esigenze del capitalismo nazionale"). E mancato un indirizzo, è mancata la forza sociale e politica che l'avrebbe potuto incarnare… Si è arrivati al dunque in condizioni penose di disorganizzazione e smarrimento. Ma la battaglia non è ancora perduta. Il proletariato può e deve ancora intendere come l'attacco contro di lui e l'aggressione alle masse arabe siano due facce della stessa medaglia e come occorra reagire all'uno e all'altra se non si vuole lasciar mano libera al nemico di classe. Spetta ad esso entrare vigorosamente nel movimento contro la guerra recandovi chiarezza programmatica e le necessarie energie su cui poggiarla.

Nel numero precedente abbiamo sintetizzato i punti attorno ai quali si incardina la possibilità di una risposta di classe (l'unica possibile) alla guerra.

Li riportiamo integralmente:

1) Denunzia inequivoca dell'aggressione imperialista all'Iraq e, per suo tramite, all'insieme del mondo arabo-islamico.

2) Denunzia specifica nei confronti del "nostro" governo, della "nostra" borghesia e dei suoi interessi imperialisti di dividersi la torta medio-orientale (con un tasso di partecipazione al conflitto inferiore solo nella misura in cui più deboli sono le possibilità di agire da protagonista all'interno del riscosso blocco imperialista, ma non per questo meno criminale e men che mai convertibile, finché resta in piedi il potere borghese, ad un' "altra" politica, "di pace").

3) Smascheramento di ogni forma di indifferentismo e svergognamento di ogni "pacifismo" e "neutralismo".

4) Sostegno incondizionato alla sollevazione anti-imperialista nel Medio Oriente, quali che siano le direzioni che essa riesce a darsi o è costretta provvisoriamente ad accettare, e quali che siano i mezzi cui essa debba ricorrere. In particolare, nell'ipotesi dello scatenamento di un'ondata terroristica" nelle metropoli, nessuna sospensione di tale sostegno, ma, al contrario, dichiarazione aperta che a tanto (o tanto poco…) essa è costretta proprio ed esclusivamente dall'isolamento - se non peggio - in cui essa è lasciata dalle forze di classe proletarie delle metropoli.

5) Denunzia e lotta contro l'accollamento dei costi dell'aggressione imperialista sulla classe operaia metropolitana: non siamo noi ad aver voluto la guerra, non siamo noi a profittarne; non vogliamo pagare per essa, con la nostra resistenza all'attacco borghese sul fronte interno difendiamo noi stessi e, insieme, la causa delle masse sfruttate medio-orientali.

6) Instancabile propaganda della necessità dell'unità del fronte internazionale del proletariato e delle masse oppresse.

7) Partecipazione attiva ad ogni manifestazione, per "piccola" e confusa che possa essere in partenza, di concreta mobilitazione contro la guerra imperialista. Appoggio ad ogni segno di reale disobbedienza ai diktat borghesi sulla via del disfattismo rivoluzionario.

8) Diffusione delle posizioni del marxismo in quanto unica teoria capace di gettar luce sulle cause di questo e di ogni altro conflitto di classe e, quindi, di delineare nel socialismo la via del loro scioglimento.

Nel momento in cui va in stampa questo numero del giornale, l'imperialismo, nonostante l'immane schieramento delle forze che ha messo in campo e la criminale determinazione con cui vengono impiegate, non è ancora riuscito a chiudere a proprio vantaggio, sia pur provvisoriamente, la partita militare. Sebbene le borghesie medio-orientali abbiano fatto finora con successo da argine (anche quando a parole la sollecitano) allo scatenamento di una unitaria "guerra santa" di classe contro l'Occidente delle masse sfruttate di tutto il mondo arabo-islamico; sebbene a queste masse sia venuta sinora, dalle metropoli, una solidarietà molto scarsa ed altrettanto condizionata; per la grande armata imperialista la guerra del Golfo non è quella trionfale passeggiata annunciata nelle primissime ore dei combattimenti. Non c'è stata la promessa replica della "guerra dei sei giorni". Mentre l'Iraq resiste ed il Pentagono registra l'allungamento dei tempi della guerra, milioni di oppressi del mondo arabo-islamico (e non solo) premono per scendere in campo al fianco del popolo iracheno, sfidando senza paura non più soltanto lo stato di Israele, ma l'intero campo del vecchio e del nuovo colonialismo imperialista.

La battaglia è tuttora aperta, e nel fronte dell'aggressione non mancano le preoccupazioni per l' "allargamento del conflitto" ed i temibili contraccolpi a tutti i livelli nelle metropoli. Ma anche nella malaugurata eventualità, che va messa nel conto, che nelle prossime settimane o nei prossimi mesi l'Occidente riesca ad imporre nel Golfo la sua immonda "pace", i punti appena richiamati conservano per noi intatto e moltiplicato il loro valore. Non pretendiamo di chiudere qui ed ora il conto con l'imperialismo. Ma non pretenda esso, a sua volta, di aver chiuso i conti con le ragioni di un'insorgenza che al contrario, è costretto di continuo ad alimentare.

Se una tale brigantesca "pace" dovesse essere imposta per il tramite dei "più massicci e devastanti bombardamenti" della storia, gli "uomini di buona volontà" (capisca chi può…) ne approfitteranno per predisporsi agli scontri dichiarati a venire dismettendo sin d'ora ogni stolido "pacifismo", buono solo a tappezzare di rose la strada dell'imperialismo. Sapranno essi dichiarare guerra alla guerra, e perciò guerra alla "pace" del capitale.

Basta con le impotenti invocazioni di "pace" mentre l'imperialismo affila le proprie armi! Basta con le petizioni di "ritorno alla ragione" quando la ratio capitalista inevitabilmente si esplica nella guerra! Una attitudine del genere serve solo a mandarci inermi al macello, a sancire all'indomani di esso una nuova era di schiavitù ed a lasciare così la strada aperta ai macelli futuri!

Mobilitiamoci da subito ed in tutti i modi contro la partecipazione del "nostro" paese - imperialista - alla guerra! Il fronte sociale e politico interno deve essere scompaginato da cima a fondo. Perché il ritiro delle "nostre" forze armate dal Golfo, se ci sarà, potrà darsi unicamente come risultato di una chiara e decisa lotta di classe che in tanto si rivolge contro l'imperialismo "in generale", in quanto si rivolge contro "il nemico numero uno" che sta in "casa nostra".

Un primo anello sulla via della costruzione della catena che ci è necessaria sta nell'opporci all'accollamento dei costi della guerra sulle spalle della "gente", e cioè, ancora una volta, in primo e fondamentale luogo su quelle del proletariato. Non vogliamo pagare per una guerra che non è nostra! Non vogliamo una guerra che non è nostra! Vogliamo costringervi a ritirarvi dal Golfo! Vogliamo strapparvi il potere che esercitate qui contro di noi!

Disobbediamo, dunque, non nel chiuso della propria "coscienza individuale" o confidando di poterlo fare sotto l'ombrello protettivo di questo o quel precetto costituzionale, ma nel solo ed unico modo capace di intaccare il potenziale di guerra che l'Italia sta sperimentando nel Golfo e gli assetti sociali e politici interni su cui esso si regge: organizzandoci collettivamente per affermare nella lotta di classe che si è aperta la nostra forza di classe (che o è rivoluzionaria o è nulla). Respingiamo qualsiasi forma di assuefazione alla "ineluttabile realtà" della continuazione dell'aggressione imperialista, e imponiamo lo sciopero generale, mettendo con le spalle al muro i "nostri" dirigenti sindacali. Mettiamo altresì il massimo impegno nell'aiutare gli immigrati arabo-islamici ad auto-organizzarsi ed a difendersi, forti del nostro sostegno solidale, dalle prevaricazioni legali e dalle offese "illegali" cui sono destinati.

Questa guerra, e la "pace" che ne seguirà, diventino finalmente l'occasione per stringere insieme proletariato delle metropoli e masse sfruttate della stragrande maggioranza del mondo in un'unitaria battaglia, contro il capitalismo e per il socialismo!