Il nostro lavoro di propaganda tra i proletari


Oggi più che mai lo scontro di classe chiama i comunisti a lavorare per l'unificazione internazionale del proletariato, al di sopra di ogni differenza di razza e nazione. A partire dalle questioni di più bruciante "attualità". Da parte sua l'OCI, pur con la modestia delle sue forze, cerca di contribuire ad adempiere a questo fondamentale compito. In questa pagina pubblichiamo e commentiamo un nostro intervento in Jugoslavia e un nostro volantino alla manifestazione di Milano del 25 gennaio.


Con l'esplosione del fenomeno delle aggressioni fisiche, il cerchio del trattamento infame che l'Europa borghese riserva ai proletari immigrati, si chiude. E questo anche nel paese del "capitalismo dal volto umano" per eccellenza, la "diversa" Italia, diversa in realtà solo per la sua smisurata ipocrisia.

Super sfruttamento-razzismo-violenza xenofoba: tutto si tiene, e tutto risponde a meraviglia alle necessità dei capitalisti di aumentare a dismisura la torchiatura del proletariato "nero" come di quello bianco. Al contempo, più si fa duro l'attacco ai nostri compagni di classe "di colore", più le belle anime "anti-razziste", ma non anche anticapitaliste, si ritirano in buon ordine a piagnucolare in pubblico o in privato sulla "irrazionalità" che monta.

Davanti ad un attacco capitalistico sempre più feroce, non possono invece ritirarsi i lavoratori immigrati, che stanno infatti facendo sentire la propria voce un po' dovunque in Europa, ed a cui non rimane altra alternativa, all'impossibile assuefazione allo schiavismo, che lottare. Anche in Italia, dove l'esperienza di lotta degli immigrati è certamente più recente e fragile, sono tangibili i passi in avanti cui è stato costretto il movimento dei proletari "neri". Valga a dirlo la manifestazione del 25 gennaio a Milano. Essa ci consegna, anche per la nostra situazione "locale", un elemento assai preciso: di fronte ai dati di fatto (agli agguati, alle spedizioni punitive, agli assassinii, al brutale incrudimento delle condizioni di vita degli immigrati che di questa violenza è causa ed insieme effetto), di fronte a tutto ciò ogni riferimento ai problemi dei lavoratori immigrati in termini umanitari, assistenziali o di generico stampo morale ormai stona. Così in una piazza Duomo ricolma di proletari dalla "pe11e nera", c'è stato ben poco spazio per le performances festaiole di altre occasioni, sempre fuori luogo ma oggi più che mai tali. Non mancavano, è vero, le facce senza ritegno dei Formigoni, dei Tognoli, ecc., ma per questi signori la possibilità di continuare a farsi vedere a tali appuntamenti è sempre più appesa ad un filo. Perché, indipendentemente dai nostri appelli, la strada dei lavoratori immigrati porta verso lo scontro con le istituzioni democratiche, che, apparentemente estranee alla violenza degli skin-heads e di altra teppaglia simile, in realtà ne ispirano, ne tollerano, se non ne proteggono le infamità.

La partecipazione di spezzoni di lavoratori di "casa nostra" meno "annacquata " che nelle occasioni precedenti. questo l'altro dato interessante della manifestazione di Milano. Deve averne avuto sentore anche la direzione delle ferrovie di Firenze C. M., che il 25 gennaio ha vietato ai ferrovieri dell'impianto di usare gli altoparlanti della stazione per "salutare" i lavoratori immigrati che stavano andando a Milano.

Segnali certamente interessanti in un quadro, tuttavia, in cui ancora troppo debole e instabile è l'attenzione e le disponibilità alla lotta dell'unica classe, la classe operaia, che, per la sua posizione nella società, può farsi carico della necessità di difesa dei lavoratori immigrati.

La scesa in campo della classe operaia "bianca" non è più, però, soltanto una necessità oggettiva: è anche una precisa richiesta formulata in modo sempre più esplicito dalle organizzazioni dei lavoratori immigrati. In un appello dalla Svezia, a firma della Federazione dei rifugiati e dei consigli degli immigrati iraniani (pubblicato su Worker Today), l'attuale attacco contro i lavoratori immigrati viene individuato come un momento dell'attacco più generale che la borghesia sta portando alla classe operaia internazionale e proprio per questo si fa appello ai lavoratori europei affinché scendano in campo contro il supersfruttamento dei proletari immigrati e contro quella che ne è la inevitabile prosecuzione, la violenza xenofoba. E non con una solidarietà astratta e parolaia, ma con "qualcosa di pratico", con "scioperi", a questo proposito ancora dalla Svezia ci arriva un'importante notizia: le organizzazioni dei 900 mila lavoratori immigrati hanno indetto per il 21febbraio uno sciopero di un'ora contro le aggressioni xenofobe.

La sostanza di classe di questo problema affiora, dunque, in modo vieppiù irresistibile, parimenti diventa sempre più urgente la necessità di farvi fronte in termini di lotta e di fraternizzazione di classe, come da tempo, costantemente, andiamo battendoci nel nostro intervento politico.