SCALA MOBILE: LA RISPOSTA OPERAIA ALL'ATTACCO
DEL FRONTE DEI PADRONI NON PASSA DA MONTECITORIO
MA DALLE FABBRICHE, DALLE PIAZZE, NELLA LOTTA

Indice


L'attacco al proletariato, procede su tutti i piani: dalla ristrutturazione dello stato, alla "giapponesizzazione" della fabbrica; dai licenziamenti allo smantellamento della scala mobile. Il disegno è quello di "balcanizzare" la classe operaia per meglio spremerla ed irregimentarla; frantumarne la capacità di resistenza e piegarla alle esigenze del profitto e delle compatibilità aziendali. Anni di mazzate e arretramenti non hanno comunque sortito l'effetto sperato dal padronato: pur se tra mille difficoltà i lavoratori, per quanto ancora in maniera disordinata, danno chiari segnali di volere e potere reagire. Dalle lotte contro i licenziamenti; agli scioperi contro i carichi di lavoro; alle prime iniziative contro il definitivo attacco alla scala mobile, per quanto privi di un proprio stato maggiore, gli operai cercano di contrastare i colpi dei padroni. Per far questo è necessario che dalle attuali risposte parziali si passi ad una più dispiegata lotta contro l'offensiva borghese nel suo complesso, riunificando il fronte proletario oggi sparso e frammentato. La battaglia sulla scala mobile è un passaggio fondamentale su questa strada.

I padroni

Nel l'interpretazione confindustriale l'accordo tra imprenditori, governo e sindacati sottoscritto il 10 Dicembre 1991 sancisce, nero su bianco, in maniera inequivocabile l'abolizione definitiva e completa della "scala mobile". Da quindici anni il padronato italiano punta con caparbietà e crescente determinazione a questo obiettivo. La sterilizzazione della contingenza attuata nel 1983, il taglio dei 4 punti di craxiana memoria dell"84, la successiva semestralizzazione degli scatti: queste le principali tappe che hanno preparato il terreno all'odierno, frontale e radicale, assalto al principale meccanismo di recupero automatico salariale. Lo smantellamento della "scala mobile" non rappresenta "solo" un attacco alle condizioni economiche dei lavoratori, esso vuole essere innanzitutto un colpo pesante all'unità materiale e quindi alla forza politica del proletariato: i punti di contingenza infatti essendo una Il voce" di aumento salariale (quasi) uguale per tutti rappresentano nei fatti un elemento "forte" di coesione per tutta la classe operai a, che non a caso ha prodotto la sua più, vasta mobilitazione dell'ultimo decennio proprio in difesa di questo istituto dell'epoca del famigerato "decreto di San Valentino". In questo campo la ricetta confindustriale è' semplice e lineare (i "signori" sì che badano al sodo: poche chiacchiere e tanti fatti): distruzione secca della "scala mobile" ed attacco profondo ai residui automatismi salariali (già durante l'ultimo rinnovo contrattuale dei metalmeccanici la Federmeccanica pose la questione degli scatti di anzianità); centralizzazione piena e dipendenza assoluta della retribuzione operaia alle esigenze e all'andamento del mercato; ulteriore spinta alla frammentazione della classe operaia acuendone la divisione per settori, categorie, singole aziende, comparti in crisi e comparti in "attivo". Tanto per non lasciare adito a dubbi il nuovo presidente della Confindustria Abete ha recentemente dichiarato che deve essere con decisione abbandonato ogni meccanismo di indicizzazione e che, anzi, bisogna velocemente tendere a che gli aumenti frutto delle future contrattazioni nazionali di categoria siano rigidamente contenuti entro il tasso d'inflazione medio delle maggiori potenze industriali mondiali (tasso che, per la cronaca, è inferiore a quello italiano). Nell'attuale situazione di profonda crisi economica mondiale e di conseguente acutissima concorrenza capitalistica internazionale il padronato nostrano (al pari dei suoi compari e concorrenti esteri) mira con decisione a travolgere e spezzare ogni "rigidità" operaia per poter così utilizzare in maniera sempre più confacente alle proprie esigenze la forza lavoro, subordinandola in modo sempre più assoluto alle sue maledette necessità di profitto e competitività.

Il governo

L'attuale formazione governativa (uscente) ha ribadito per bocca del ministro della Funzione Pubblica Gaspari la posizione già espressa dai ministri "finanziari" (Pomicino in testa) e cioè che con l'accordo del 10 Dicembre si è sancita l'abrogazione della "scala mobile" c che dunque in virtù di ciò non saranno conteggiati a maggio gli scatti di contingenza peri dipendenti pubblici. Questo per quanto riguarda il governo ancora in carica, ma per quello "prossimo venturo" che ha da venire? Bene, nell'attuale incertezza ed aleatorietà sugli schieramenti che lo andranno a costituire, una cosa comunque emerge con sempre maggior chiarezza: dovrà trattarsi di un governo "forte" nel difendere gli interessi del capitale, capace cioè di imporre ai lavoratori una dura politica di "lacrime e sangue" fatta di rigidi "contenimenti salariali" e di profondi tagli nella spesa sociale. Altro che "arbitro imparziale" o addirittura "sponda favorevole" ai lavoratori!

Il Sindacato

Di fronte ad un attacco di tale portata quale è stata la risposta dei vertici sindacali? Diciamolo subito e con estrema chiarezza: un atteggiamento di vergognosa e precipitosa fuga dalle "postazioni" da difendere, per dedicarsi in toto alla collaborazione con il nemico, salvo lo sperare di avere qualcosa da presentare come contropartita ai lavoratori (…un domani). L'accordo del 10 Dicembre e le attuali posizioni delle segreterie confederali sono la logica conseguenza e la necessaria prosecuzione di una linea politica che da oltre quindici anni ha fatto propria la necessità di salvaguardare le "compatibilità" economiche, aziendali e nazionali e di assumere come "suo patrimonio" la difesa della "competitività ed efficienza" dell'azienda Italia.

Tralasciando ogni considerazione sulle sempre più "gialle" segreterie di CISI- e UIL, andiamo a vedere che cosa è successo in casa CGIL.

In sede di commissione, la maggioranza trentiniana propone che la Il nuova" contingenza dovrà essere uguale per tutti i settori, basata sull'indice ISTAT (e non più sul paniere sindacale), depurata dagli aumenti dell'IVA, con scatti semestrali calcolati sull'inflazione programmata (a conti fatti secondo la proposta CGIL il grado di copertura della "scala mobile" passerebbe dall'attuale 48% al 40-41%). Successivamente, al direttivo CGIL del 22 e 23 aprile, la dirigenza trentiniana, incalzata non solo dalla componente di "Essere Sindacato" ma da una parte della stessa maggioranza, è costretta a inserire nella proposta di nuova " scala mobile" un riallincamento (annuale) dei salari in caso di differenza tra inflazione programmata e inflazione reale. Non c'è ombra di dubbio che nel complesso si tratti di un arretramento rispetto all'attuale meccanismo di copertura, ma, dietro la vicenda del direttivo del 22 e 23 aprile, non è difficile leggere il peso di un certo "umore" operaio.

A questo malumore operaio il "pompiere" Trentin ha risposto anche con la "terapia" dei ricorsi (caso per caso!) alla magistratura. Non c'è che dire, proprio una "terapia"... soporifera. Al signor Trentin "sfugge" forse che, se in passato, a volte, le cause davanti ai pretori si vincevano, era solo e soltanto perché la magistratura, suo malgrado, era costretta a registrare con le sue sentenze, rapporti di forza meno sbilanciati a favore del padronato di quelli attuali. E soprattutto "sfugge" che per rispondere in modo adeguato alla durissima offensiva padronale, che ha il suo centro sul terreno sociale e non nel le aule dei tribunali, serve la massima unificazione delle forze di classe sul campo di lotta, mentre qualche sentenza favorevole ai lavoratori (ove ci fosse) non farebbe ai padroni neppure il solletico.

La classe operaia

In alternativa alle "terapie" cloroformizzanti di Trentin, l'aggregazione di forze, sindacali e politiche, che si sono ritrovate al Lirico di Milano il 12/02/92 propone una raccolta di firme da presentare come petizione popolare al nuovo parlamento, a supporto di tutte le iniziative legislative che prevedono l'ultrattività della legge sulla "scala mobile" (scaduta i il 31/12/9 1) sino al nuovo accordo tra le parti. Questa iniziativa ha raccolto energie di quadri operai e di lavoratori, indipendentemente dalle sigle sindacali di appartenenza, indisponibili ad ulteriori cedimenti. Le iniziative promosse da questo appuntamento hanno rappresentato un'occasione di incontro per queste energie e per una prima mobilitazione dei lavoratori. Ma perché in quasi tutte le iniziative promosse a sostegno della raccolta di firme l'enfasi è stata sempre e costantemente messa sull'iniziativa legislativa e parlamentare e mai sulla necessità della lotta e dell'organizzazione operaia ?

Questo indirizzo non può essere giustificato invocando uno stato di difficoltà dell'insieme del proletariato che è indubbiamente esistente. In realtà è, anche in queste forze, soprattutto il risvolto di un perdurante ancoraggio alle compatibilità, aziendali e nazionali. Anche in questa sinistra sindacale e operaia permane ancora l'illusione di poter mantenere spazi di contrattazione perla classe senza chiamare alla lotta contro l'intera macchina dello sfruttamento capitalistico.

Una delle componenti di questo schieramento nato al Lirico è costituita dalla minoranza CGIL di "Essere Sindacato".

Sia ben chiaro, non intendiamo "Essere Sindacato", le sue polemiche e le sue mediazioni con la maggioranza trentiniana come bizantinismi delle burocrazie sindacali, intente a spartirsi le "poltrone" o a meglio fregare i lavoratori: "Essere Sindacato" rappresenta una corrente sindacale, che pur essendo totalmente interna alla logica riformista non rinuncia, almeno nelle dichiarazioni di intenti, ad un rapporto conflittuale con la controparte. La vicenda della "scala mobile" esemplifica al meglio i limiti e le tendenze di questa aggregazione interna alla MIL, che pare orientata ad un appoggio critico della proposta ufficiale CGIL.

In questi quindici anni i padroni hanno costruito la loro attuale forza non nelle aule parlamentari o nelle Corti di giustizia, ma attaccando a fondo, nella fabbrica e nella società l'organizzazione e la condizione operaia. Il ciclo di pesantissima ristrutturazione della prima metà degli anni '80, i licenziamenti politici, l'uso massiccio della cassaintegrazione, la politica economica del governo, il ricatto crescente del posto di lavoro, l'attacco al salario ed alla scala mobile: queste le materialissime gambe su cui ha marciato e marcia l'offensiva borghese. Le leggi e i decreti non hanno mai determinato i rapporti di forza tra le classi, ma, al più, hanno solo ulteriormente sanzionato situazioni di fatto. Il vero campo su cui si gioca la partita è nelle fabbriche e nelle piazze; è qui e soltanto qui che si può e si deve lavorare alla ritessitura dell'organizzazione unitaria e della capacità di lotta e mobilitazione del proletariato: la battaglia perla difesa della "scala mobile" e per il pagamento degli scatti di maggio, costituisce il terreno su cui muovere i primi passi in questa direzione. Il terreno sul quale, al di là della attuale momentanea dislocazione, sindacale e politica, va ricercata e costruita una unità di lotta!

In Germania si sta dimostrando come uno Stato, un governo e un padronato forti ed agguerriti come quelli tedeschi possono essere messi in seria difficoltà allorquando i lavoratori si mobilitano compatti e determinati: anche alla sezione italiana del fronte di classe proletario il compito di raccogliere questo esempio riacquistando fiducia nella propria forza!