Lettere

Sindacalismo "alternativo" nel pubblico impiego

Carissimi compagni,

vi scrivo a seguito di un'assemblea tenuta a Roma dalla CUB (la Confederazione unitaria di base). Non si tratta di considerazioni, quelle che seguono, che riguardano il complesso delle esperienze di "autorganizzazione". Sono alcune impressioni a caldo provocate soprattutto dall'intervento di un certo Franco Russo, onorevole dei Verdi. L'intervento di costui mi estremamente colpito e voglio trasmettervi il senso di quello che ha detto, oltre una piccola riflessione in merito.

"E' ora di dire basta con il sindacalismo confederale", ha esordito, attaccando poi le manifestazioni violente di piazza di questi giorni, sostenendo la necessità di sabotare gli scioperi indetti da CGIL-CISL-UIL e proponendo una "autonomia democratica" di ogni categoria.

E' tutto un programma che provo a decifrare. Un programma che sale prepotentemente in vari settori e degni rappresentanti del ceto medio parassitario. Cosa vuol dire "basta con il sindacalismo confederale" gridato ad una platea tutta del pubblico impiego? Qui siamo ad un passaggio brutto e grave, che fa perno sul pubblico impiego con l'intento di separare (al di là, poi, se ci riesce o meno) una parte dei salariati dal grosso della classe operaia. Il messaggio che filtra è di questo tipo: la crisi c'è ed è grave. Tutti insieme non ci possiamo salvare. Se gli operai inaspriscono la lotta, (che altro vorrebbe dire sennò: critichiamo le espressioni di violenza nelle manifestazioni di questi giorni?), si determinerà uno scontro più ampio (sindacalismo confederale) all'interno del quale noi del pubblico impiego avremo la peggio.

All'interno del pubblico impiego c'è abbondanza di parassitismo sociale che, non intravvedendo la possibilità di difendersi con la classe operaia (perchè intuisce che non c'è trippa per gatti), sceglie la separazione, la strada della difesa "autonoma" e "democratica" della propria condizione.

Non bastano le difficoltà che hanno gli operai a rimettersi in moto, non bastano gli attacchi terroristici di tutti i mezzi di informazione, non bastano le intimidazioni statali oltre quelle all'interno dei reparti di lavoro. Ci si mettono pure fetenti del genere, che illudendosi di difendere qualche cosa che non è più difendibile (perchè messo in discussione dalla crisi), puntano ad indebolire la classe operaia, nelle sue forme più avanzate oggi di organizzazione e di lotta: le manifestazioni di protesta anche contro il vertice del sindacato con forme violente, rabbiose, incazzate, cioè di classe, come giustamente scrive il Corrierone di Milano.

Insomma, l'idea che mi sono fatto è la seguente: visto che il governo deve prelevare e non lo può fare dal grande capitale, o preleva dagli operai una quota maggiore e di conseguenza preleva una quota inferiore dal pubblico impiego, oppure preleva una quota superiore dal pubblico impiego ed inferiore dalla classe operaia; se gli operai lottano inferociti in piazza, il governo è costretto a prenderli in considerazione ed a spostare su di "noi" la scure.

Ognuno per sé e il Dio Capitale per tutti, sembra essere il messaggio di questa bravissima gente.

E' proprio vero: la classe operaia liberando se stessa libererà tutti, anche il fior fiore di questi parassiti.

Tutta l'assemblea (un duecento persone tutte del pubblico impiego) era all'unisono sulla parola d'ordine di scoraggiare gli scioperi di CGIL-CISL-UIL e sosteneva la necessità di rafforzare il sindacalismo "alternativo" salvo un intervento di un ministerialista della Difesa che richiamava la memoria storica della CGIL.

Paradosso: CGIL-CISL-UIL spostano lo sciopero del Lazio dal 29 settembre al 2 ottobre, e questi che fanno? Propongono di non scioperare nell'orario in cui scioperano i confederali e di non manifestare quando manifestano i confederali. Più chiaro di così!

Qui non siamo più in presenza di settori di lavoratori che non riescono a trovare spazio per le proprie rivendicazioni all'interno delle confederazioni, e perciò si autoconvocano per decidere il che fare. Qui siamo in presenza di un tentativo subdolo del famoso detto "mors tua, vita mea": non rivolta al capitalismo però, ma alla classe operaia.

Dovrà perciò stringere i denti la nostra classe anche contro questi tentativi. Insomma, sempre più isolata, attaccata da tutte le parti, e con la necessità di recuperare un rapporto anche con chi (non parlo dei deputati verdi) oggi la attacca in nome della svendita di CGIL-CISL-UIL.

Intendiamoci: non voglio fare di ogni erba un fascio. C'è, anche nel pubblico impiego, un settore che sente la necessità di stare con il resto della classe. Ed è quello produttivo, quello che lavora. Penso ai ferrovieri o agli aeroportuali, a quelli della sanità e simili. Determinismo economico, straordinaria grandezza di comprensione delle questioni, di tutte le questioni.

Diciamocelo chiaramente, guardando lontano per vedere meglio vicino: in una prospettiva di dittatura proletaria, questi lavoratori produttivi del "pubblico impiego" non potranno certamente essere esclusi (pur se completamente trasformati), ma quelli dei ministeri, quelli delle regioni e via discorrendo: a che cazzo serviranno?

Ecco spiegato oggi il motivo della loro volontà di stare ben distinti dalla classe operaia. "Alternativi" si, ma ad una lotta imperniata sul proletariato industriale!

Giuseppe B.
Roma, 25 settembre