ALFA DI ARESE:
COME RISPONDERE Al LICENZIAMENTI

Il 4 gennaio la FIAT ha licenziato. per l'ennesima volta, 6 delegati Cobas dello stabilimento di Arese.

La lotta contro questo provvedimento chiama in causa tutta la classe operaia, della fabbrica milanese in primo luogo, al di là delle sue tessere sindacali e politiche.

Con quest'atto il padrone del vapore numero uno intende preparare il terreno ad un attacco in profondità a tutta la classe operaia di Arese.

Sono mesi che circolano "voci" sui progetti padronali di ridimensionamento (se non di chiusura) della fabbrica. Se finora l'azienda si è "limitata" ti colpire ai fianchi, con la messa in cassintegrazione per settimane di interi reparti, è solo perchè ha voluto evitare di attaccare frontalmente una Il "roccaforte" del movimento operaio nel momento in cui era in atto nel paese una mobilitazione generale della classe operaia: istruito dalla resistenza incontrata alla Maserati e dal rafforzamento che la lotta contro Amato le ha dato, Agnelli ha scelto di rimandare l'affondo a tempi "più tranquilli". Nel frattempo ha puntato le sue batterie sull'obiettivo di "arare il terreno"- da un lato cercando di indebolire l'organizzazione operaia in fabbrica, dall'altro tentando di aizzare divisioni e separazioni fra i lavoratori, in un'azienda in cui durante l'autunno, sull'onda delle mobilitazioni contro Amato, vi erano stati positivi momenti di lotta unitaria. Il licenziamento dei 6 delegati Cobas mira a questo duplice obiettivo.

Il colpo contro il Cobas Alfa Romeo è diretto contro tutta l'organizzazione sindacale in fabbrica. Agnelli intende smantellare non solo lo SLA, ma qualunque associazione sindacale che si permetta anche solo di condizionare l'operato padronale in fabbrica. E solo suicida Può essere definito l'atteggiamento di FIOM-FIM-UILM, che hanno considerato i 6 licenziamenti, al meglio, come cosa che non li riguarda, invece di vederli come anticipo di quello che Agnelli intende fare direttamente contro di esse, per avere completa mano libera nei reparti.

I licenziamenti di gennaio. in più, fanno parte di una serie di azioni che mirano a intimorire e a dividere la massa dei lavoratori della fabbrica. Il messaggio partito dalle direzioni aziendali è chiaro: "dobbiamo tagliare: se vi fate carico dei problemi dell'azienda una parte di voi si salverà, naturalmente quella che lo merita, quella responsabile e non avventurista...". La minore consistenza della partecipazione allo sciopero contro i licenziamenti rispetto a quella dello sciopero della scorsa estate contro il pestaggio di due delegati Cobas sta ad indicare che questo messaggio non sta cadendo nel vuoto. Questo, lungi dal rappresentare una "vittoria" di FIOM-FIM-UILM sul Cobas, o viceversa, è la testimonianza di una difficilissima fase. della quale le organizzazioni operaie devono saper leggere le cause per poterne individuare la via d'uscita.

La lotta contro i licenziamenti deve coinvolgere tutta la massa operaia e deve diventare parte della lotta contro lo smantellamento della fabbrica parimenti deve diventare un momento per saggiare e organizzare le nostre forze contro l'attacco generale che la borghesia ci sta portando in quanto classe. Il padrone sta organizzando un sistematico assedio alla "roccaforte" di Arese. dopo aver cercato di indebolire la forza di tutto il proletariato italiano: la "roccaforte" noti può difendersi se non risponde unitariamente e nell'ambito della più generale lotta del proletariato contro tutti gli aspetti dell'attacco borghese, dai licenziamenti (ti tagli salariali alla ristrutturazione autoritaria dello Stato, Le tessere sindacali dei lavoratori licenziati non devono essere una discriminante. deve essere combattuta la micidiale illusione... "io che ho un'altra tessera, o che non ne ho. io che sono disposto a stringere la cinghia... non sarò toccato dalle legnate, o ne sarò al più sfiorato...",- allo stesso modo. però la riluttanza di un vasto settore operaio della fabbrica a mobilitarsi immediatamente non deve indurre, chi già oggi vorrebbe rispondere, a organizzare e a portare avanti la lotta con "chi ci sta", senza lavorare a far scendere in campo, intorno alla difesa dei comuni interessi, la totalità dei lavoratori. Sia l'uno sia l'altro atteggi amento produrrebbero divisione e scoramento tra i lavoratori, renderebbero fertile il terreno per la diffusione del veleno antioperaio del leghismo e aprirebbero, così, le porte alle successive legnate per tutti

La lotta contro i licenziamenti, allora, deve essere fatta proprio da tutti i lavoratori, qualunque sia il loro riferimento sindacale. Intorno alla difesa intransigente di tutti i posti di lavoro e dell'organizzazione operaia in fabbrica, interessi comuni a tutti i lavoratori, deve essere organizzata la mobilitazione dell'intera massa proletaria dello stabilimento, in direzione e in connessione dell'unificazione e della scesa in campo di tutto il proletariato italiano nella complessiva vertenza che lo contrappone a governo e padroni. Solo questo cambiamento di rapporti di forza a scala generale permetterà di resistere meglio nelle singole vertenze e di impedire, se accompagnato dalla costruzione di un fronte di lotta internazionale, che l'apertura di nuovi stabilimenti al Sud e all'estero diventi un'arma nelle mani padronali per imporre una fabbrica giapponesizzata ovunque.

I militanti operai più coscienti hanno il compito di lavorare con pazienza e caparbietà a questa ricucitura delle fila operaia. per impostare una lotta unitaria di tutta la fabbrica e per intrecciare tale lotta a quella che il proletariato nel suo complesso deve ingaggiare Ha già. seppur con difficoltà e ritardi, cominciato a ingaggiare.