IL REFERENDUM SULL'ART. 19 NON E' UN CONTRIBUTO ALLA RIPRESA DELLA LOTTA OPERAIA

All'accordo del 31 luglio, alla manovra Amato, seguono pesantissimi attacchi all'occupazione. Obiettivo dei padroni e del governo è quello di schiacciare la classe operaia sotto le catene di una fabbrica alla giapponese e di uno Stato ultra-autoritario.

E' quanto meno sintomatico che un parlamento ed un assetto istituzionale quanto mai "travagliato" si sia schierato in maniera così compatta e centralizzata nel definire quali prospettive ha in serbo per i lavoratori.

Contro le prime sterzate di questo attacco, in settembre e ottobre, è scesa in campo l'intera classe operaia. Un'enorme forza con grandi potenzialità si è riversata nelle piazze. E se in questa prima tornata di lotta i lavoratori non sono riusciti a fermare in blocco l'attacco dei padroni e del governo, tuttavia essa ha rappresentato un primo importante passo sulla via della riorganizzazione delle nostre fila.

Le spinte a continuare la mobilitazione non hanno cessato di premere pur se sparse e isolate. iniziative di lotta politiche e sindacali sono proseguite in queste settimane in varie parti d'Italia. Il compito che ci spetta è quello di lavorare per l'unificazione di queste risposte. per la tenuta e il consolidamento di esse. per la ripresa della lotta dell'intera classe operaia. Per una linea politica che favorisca la riorganizzazione e la saldatura delle nostre forze. superando le divisioni indotte al nostro interno dalla concorrenza sul mercato e pompate ad arte da governo e padroni in tutti i modi. non ultimo quello della diffusione del veleno leghista e sciovinista. Una linea politica che non è disposta a subordinare i nostri interessi e la nostra mobilitazione ad alcuna "compatibilità" e che faccia leva non su classi a noi ostili ma solo sulla nostra forza.

Dobbiamo battere nelle nostre fila tanto la sfiducia nella potenza dell'intera nostra classe, quanto la tendenza a dare fiducia all'idea illusoria di poter ottenere di più e con minor sforzo con lotte locali o aziendali. Per difenderci da un fronte borghese così unito e compatto. tanto in casa quanto a livello internazionale, abbiamo bisogno di unire. compattare e centralizzare le nostre forze ancor di più di quanto non siamo stati in grado di fare in quest'autunno. Non è l'affermazione della necessità della centralizzazione delle forze dei lavoratori che dobbiamo criticare nei vertici sindacali: ma il fatto che a questa affermazione non segua una battaglia reale per l'unità dal basso; il fatto che mentre si blatera di "necessaria centralizzazione delle forze" si sia accettato di eliminare un meccanismo come la scala mobile che cementava, materialmente e politicamente, la nostra classe; il fatto che oggi non si prepari il terreno per una lotta generale per la riconquista di questo meccanismo. Non è dunque la difesa di un sindacato confederale e centralizzato che va combattuta, ma quella logica che nel subordinare gli interessi dei lavoratori a quelli dell'economia nazionale porta a mettere in discussione la stessa organizzazione e capacità di risposta unitaria della classe operaia.

La ripresa generale e unitaria della lotta operaia e la chiarezza della prospettiva politica: ecco le condizioni non solo per combattere efficacemente l'attacco capitalistico in tutti i suoi aspetti, ma per riorganizzare le nostre fila e riconquistare un sindacato che ponga al centro della sua azione la difesa degli interessi generali dei lavoratori. La "via" della campagna referendaria per l'abrogazione. integrale o di alcuni commi, dell'art.19 dello Statuto dei Lavoratori è, con estrema franchezza, il riflesso di una grave illusione: poter imboccare una qualche scorciatoia di fronte alle difficoltà e alle asperità della via-maestra. Con essa si ritiene capace di far partorire dal Parlamento c/o dalla Commissione Bicamerale nuove regole di funzionamento del sindacato. viste come la panacea che garantirà di per se stessa il superamento dello stallo in cui si trova il movimento operaio.

Essa di fatto presuppone la seguente logica: gli unici ostacoli sulla via della ripresa della lotta operaia vengono considerati i pompieri agenti all'interno del sindacato e le norme giuridiche che. di per se stesse, ne manterrebbero il 'predominio": fuori del sindacato, nella società e nello Stato. ci sarebbero. invece. i possibili "amici" del movimento operaio. Ma. ammesso e non concesso. che il parlamento (e che parlamento!) si occuperà della materia: quali rapporti di forza nella società si andrebbero a formalizzare in regole giuridiche?

Certo, i vertici sindacali hanno condotto e conducono la lotta in modo incoerente e inconseguente: non hanno saputo far pesare la grande mobilitazione dei mesi scorsi in tutte le sue potenzialità; è vero che in questo modo seminano sfiducia nella massa dei lavoratori: e che, di conseguenza. è di fondamentale importanza una battaglia contro questa crescente "istituzionalizzazione" del sindacato.

Ma riflettiamo: dove va data la battaglia? E ancor prima: da dove nasce questo stato di cose?

Innanzitutto da un attacco che parte al di fuori del sindacato. Un attacco frontale del padronato e del governo che ha come obiettivo, assieme al taglio dei salari e dell'occupazione, lo smantellamento di ogni organizzazione di lotta generale e confederale degli interessi dei lavoratori: per gli industriali e i governanti nostrani sono troppo "conflittuali" e fastidiosi (addirittura) gli stessi attuali sindacati. Vogliono fare quello che in altri paesi occidentali è già stato fatto; vogliono seguire l'esempio di un Reagan, che è arrivato a picconare l'organizzazione di un sindacato fetente e sciovinista quale l'AFL, o di una Thatcher, che ha applicato la stessa cura contro le Trade Unions del suo paese. Amato ha dato solo un assaggio di tutto ciò.

Ma non sono solo l'attacco dei padroni e le conseguenze della crisi ad indebolire la nostra organizzazione e la nostra unità: a minare le nostre fila è anche una politica sindacale che accetta di difendere gli interessi dei lavoratori solo in subordine e compatibilmente al risanamento dell'economia nazionale. E' vero che in passato. sulla spinta della mobilitazione operaia. questa politica delle compatibilità ha permesso ai lavoratori di migliorare le proprie condizioni di esistenza e di aumentare il proprio potere nella società: ma era il tempo delle vacche grasse, quello in cui la macchina capitalistica correva pimpante. Già però alla fine degli anni '70 e durante gli anni '80. quando l'economia capitalistica ha cominciato a perdere colpi, la politica delle compatibilità (con la "svolta" dell'Eur che ne è derivata) ha permesso alla classe operaia di salvaguardare il suo tenore di vita al prezzo di peggiorare le sue condizioni di lavoro e di indebolire la sua forza organizzata e la sua unità. Oggi che la crisi economica internazionale si aggrava: oggi che la competitività delle merci italiane esige che venga messa sotto torchio la classe operaia: oggi che gli interessi dei padroni diventano sempre più ferocemente contrapposti a quelli della classe operaia: oggi. una linea sindacale che accetta di subordinare la difesa operaia allo stato di salute dell'Azienda Italia non può portare che a limitare le lotte. a rendere sordo il Sindacato rispetto alle esigenze di difesa della classe, con il risultato di spuntare l'efficacia della mobilitazione e di far abbattere altre postazioni dai padroni.

La forza e la determinazione dello schieramento avversario da un lato; i guasti prodotti nel movimento operaio da questa subordinazione degli interessi operai a quelli dell'economia nazionale dall'altro: queste. e non regole formali, sono le cause della difficoltà della classe operaia a rispondere come dovrebbe all'attacco dei padroni e del governo! Perchè quelle, le regole formali, possono tutt'al più riflettere rapporti di forza materiali reali nella società, non possiedono vita ed efficacia autonome!

E poi, per uscire da questa situazione di difficoltà in chi dovremmo avere fiducia? Nella Commissione Bicamerale, nel Parlamento? Nelle forze presenti al loro interno? E quali? I partiti di governo, che hanno approvato compatti i provvedimenti di Amato? 1 riformatori alla Segni, il cui modello di società prevede un sindacato che sia semplicemente una sottostruttura dell'azienda? Oppure la Lega. che si è opposta al governo Amato solo sulla minimum tax e da tempo si batte per la reintroduzione delle gabbie salariali? E chi dovrebbero essere i giudici posti a garanzia del rispetto della democrazia sindacale e della volontà di lotta dei lavoratori? I "giustizieri anticamorra" come Ayala, che tuonano a favore di uno Stato autoritario capace di colpire ancor più duramente la classe operaia? O ancora: come possiamo pensare di chiamare a sostenere gli interessi della nostra mobilitazione. in un referendum o in una petizione popolare, quelle classi sociali, quei finanzieri, quei galoppini di borsa. quegli evasori di tutti i tipi che sono nostri nemici giurati? Non ci ricordiamo come si schierò tutto questo ciarpame nel referendum sulla scala mobile?

Ma la scorciatoia intrapresa non è solo illusoria. C'è anche un pericolo. E non perchè faccia abolire l'articolo 19 (un "argine" destinato a saltare indipendentemente dalla volontà di chicchessia ... ), ma per le conseguenze nell'attività politica che derivano dalla logica che sottostà a questa scorciatoia.

Cosa infatti sta già accadendo in virtù del fatto che importanti settori del movimento operaio cominciano a vedere in questo articolo il punto fondamentale della battaglia per la ripresa di una linea di classe? Nel momento in cui ci sarebbe bisogno di concentrare tutte le energie sulla preparazione dell'allargamento della lotta contro i vecchi e i nuovi attacchi. questa scorciatoia porta a sperperare preziose energie in una mobilitazione l'alta noti già di scioperi. di lotte. di rivitalizzazione dell'organizzazione sindacale di base. ma di tavolini nelle piazze, di raccolta di firme: può contribuire ad iniettare nella massa dei lavoratori la fiducia non già nelle proprie forze, ma la fiducia in quelle di altre classi, nel Parlamento, nella Bicamerale, con la conseguente subordinazione delle necessità della lotta operaia alla necessità di andare incontro alle istanze di questi ipotetici alleati per ottenerne l'aiuto.

Anche se non è nelle intenzioni dei promotori, anzi contro le loro stesse intenzioni, in questo modo si corre il rischio di favorire la smobilitazione di quella stessa tenuta della lotta che c'è stata: rischiamo, cioè, di fare come Penelope, di sfasciare noi stessi quella tela unitaria e di lotta che abbiamo cominciato a tessere.

Possiamo esserne più o meno consapevoli, ma è su come proseguire la mobilitazione, su come preparare un allargamento della lotta: è su questo che va, ed andrà, concentrata la nostra attenzione e la nostra iniziativa.