LO SCONTRO CON LA FIAT E L'INTERO PADRONATO  E' SOLO ALL'INIZIO!

Riportiamo in questa pagina il testo di un volantino distribuito dalla nostra organizzazione all'Alfa Romeo di Arese dopo il voto sull'accordo tra la FIAT e i sindacati. Esso, analogamente a quelli con cui siamo stati presenti negli stabilimenti di Pomigliano, Mirafiori e Cassino, fa un bilancio politico della "conclusione" della lotta contro i licenziamenti alla FIAT, indicando la via attraverso cui la classe operaia può ritrovare la forza per contrastare efficacemente la continuazione dell'attacco capitalistico.

L'accordo tra la FIAT e i sindacati è stato firmato e approvato, a maggioranza, dalle assemblee dei lavoratori.

Questo non significa però che lo scontro con la FIAT va in archivio. Al contrario, siamo tutti obbligati come classe operaia (indipendentemente dall'aver votato "si" o "no", dal lavorare in questo o quello stabilimento, al nord o al sud, dall'essere in cig oppure no) a fare un bilancio complessivo di questa vicenda, con lo sguardo rivolto ai futuri passaggi della lotta in FIAT e a scala più generale.

Questo accordo prevede: l'espulsione di migliaia di lavoratori dagli stabilimenti FIAT; la divisione dei rimanenti fra quelli che subiranno la cig e i contratti di solidarietà e quelli inseriti sulle linee dei modelli che "tirano". E quindi l'indebolimento della forza operaia (e non solo alla FIAT), con la conseguenza di rendere più difficile difenderci dagli inevitabili colpi futuri. Per questi motivi e per il fatto che la lotta si sarebbe potuta chiudere in modo diverso, questo accordo va valutato negativamente.

Questo non significa assolutamente, però, che la lotta sin qui condotta sia stata inutile. Al contrario, se essa non si fosse sviluppata con determinazione, se non ci fosse stato anche il risveglio di Mirafiori e Rivalta, l'offensiva della FIAT e dell'intero padronato sarebbe passata come un rullo compressore. Quel poco di ammortizzatori sociali previsti dall'accordo non ci sono stati regalati da nessuno. Sono stati ottenuti solo grazie alla nostra mobilitazione. Ma non è vero, come sostengono i vertici sindacali, che questa mobilitazione non poteva avere un esito diverso.

Certo, è fuori dal mondo chi non vede che la lotta contro Agnelli si è svolta in un clima di offensiva e di crescente ricatto della Confindustria. Di più: la FIAT e tutto il padronato, lungi dall'essere isolati, hanno potuto e possono beneficiare dell'azione di forze politiche, vecchie e "nuove", sempre più aggressive contro il movimento operaio. Fini, Bossi, Berlusconi, Segni, Martinazzoli, Pannella, tutte queste iene, seppur divise e in lizza tra di loro, hanno lavorato e stanno lavorando per lo stesso obiettivo: spezzare la forza organizzata dei lavoratori, dividerli, isolarli l'uno dall'altro e, grazie a ciò, metterli sotto torchio per ridare competitività all'economia nazionale.

Se tutto questo è vero, è altrettanto vero, però, che la politica dei vertici sindacali non ha saputo costruire un valido argine di classe contro questa offensiva.

Ve ne erano invece tutte le potenzialità: erano in lotta contro i licenziamenti i lavoratori della FIAT, dell'Enichem, dell'ILVA, dell'Agusta, dell'Olivetti, ecc. e fuori dei confini italiani erano e sono in lotta ( e che riserva di lotta!) i lavoratori spagnoli e i metalmeccanici tedeschi.

Ora, non si può certo dire che i vertici sindacali abbiano lavorato a costruire, per difficile che fosse, quel fronte di lotta generale che solo poteva permettere di resistere efficacemente all'attacco della FIAT. Essi non hanno spinto per intrecciare la mobilitazione dei lavoratori dei vari stabilimenti FIAT. Non hanno cercato di fondere la mobilitazione dei lavoratori FIAT con quella dei lavoratori delle altre aziende in crisi, dall'Enichem, all'Olivetti, all'ILVA, all'Agusta, ecc. Non hanno usato la mobilitazione dei lavoratori in lotta contro i licenziamenti come leva per chiamare in campo tutti i lavoratori per una battaglia che riguardava e riguarda tutti i lavoratori. Hanno preferito piuttosto affidarsi all'opera del governo Ciampi giudicato un arbitro al di sopra delle parti e che invece ha sposato in pieno le richieste di ristrutturazione delle varie aziende e, se ha accettato di utilizzare gli ammortizzatori sociali, lo ha fatto solo perchè premuto dalla lotta operaia e preoccupato di chiudere le varie vertenze separatamente l'una dall'altra.

Non solo la violenza dell'attacco capitalistico, dunque, ma anche questa gestione al ribasso della forza e della mobilitazione operaia ci ha portati alla situazione attuale.

Questa gestione è la conseguenza di una politica che assume le compatibilità capitalistiche e le esigenze aziendali come punto di riferimento prioritario rispetto agli interessi operai. Senonchè, la politica delle compatibilità, invece di essere un salvagente, è per noi un'autentica pietra al collo, in quanto nel marasma in cui è piombato l'intero sistema capitalistico il risanamento dell'Azienda Italia può avvenire solo al prezzo di far colare a picco le condizioni e la forza del proletariato.

Ma davvero è inevitabile che sia sempre la classe operaia a pagare il conto della crisi capitalistica?

No. Esisteva ed esiste la possibilità di scaricare la crisi sui padroni che l'hanno generata.

Mobilitare, unificare e far scendere in campo tutte le forze di cui dispone la nostra classe. Mettere al centro del nostro piano di battaglia i nostri interessi. Contrastare nelle nostre stesse fila l'illusione di poter uscire dalla crisi insieme, con vantaggi per entrambi, noi operai e i padroni.

La nostra unica preoccupazione deve essere quella di difendere in modo intransigente i nostri interessi e di costruire quel fronte di lotta capace di imporre le nostre esigenze a padroni e governo.

La tornata di lotte che ci sta alle spalle indica che la nostra classe ha le potenzialità per costruire questo fronte di battaglia. Esso, però, non si mette insieme attraverso le alleanze elettorali, ma nelle piazze e nelle fabbriche; non si mette insieme rincorrendo, al prezzo di frenare la nostra mobilitazione, il consenso dei ceti medi e degli industriali "progressisti", ma solo attraverso l'estensione e la centralizzazione di questa mobilitazione.

Questo è l'unico modo per dare peso alla nostra forza, l'unico modo persino per avere la possibilità di condizionare qualunque governo, anche quello più ferocemente anti-operaio. Ed è questo l'unico modo anche per battere realmente la destra, che sta avanzando sul piano sociale prima ancora che su quello elettorale.

Si tratta, quindi, di continuare la battaglia che abbiamo intrapreso, facendo tesoro degli errori commessi. Si tratta di ripartire da dove siamo arrivati, di consolidare i livelli di mobilitazione che abbiamo raggiunto e di lavorare a unificare le nostre fila, i lavoratori di tutti gli stabilimenti FIAT, i lavoratori del nord e del sud, i lavoratori "bianchi" e quelli "immigrati", i lavoratori e gli sfruttati degli altri paesi.

Solo in questo modo il mugugno e l'insoddisfazione che gran parte degli operai sentono dopo questo ed altri brutti accordi, anziché trasformarsi in passività e frammentazione, possono costituire la base per la continuazione e il rafforzamento della resistenza operaia.

La vertenza FIAT non è la conclusione, è solo l'inizio di un duro scontro di classe, sia per il padronato che per noi.

La nostra esperienza, come quella dei metalmeccanici tedeschi e della classe operaia spagnola alle prese, in queste stesse ore, con analoghi problemi, sono lì ad indicarci qual'è l'unica via da seguire per cambiare i rapporti di forza con la classe padronale: quella della lotta e dell'organizzazione, quella dello sciopero e della mobilitazione unitaria della massa degli operai.

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

Milano, 1° marzo '94