LICENZIAMO IN PIAZZA
IL GOVERNO BERLUSCONI!

Compagni operai,

il governo di centro-destra si sta rivelando un avversario più ostico dei precedenti, e ci ha lanciato una precisa sfida a chi resisterà "un minuto di più". Nonostante tutto, Berlusconi non ha dalla sua uno schieramento compatto e forte capace di batterci in partenza, ma conta di utilizzare a suo vantaggio la nostra debolezza politica. Se non saremo capaci di portare la nostra battaglia fino in fondo, egli potrà, sia pur tra mille difficoltà, condurre in porto la sua manovra e disporsi a prepararne altre dello stesso tipo a seguire.

Per questo ci è necessario anzitutto far durare la lotta, non cedere il terreno dello scontro, anzi ampliarlo senza più sconti alle aziende, dare una grande prova di forza nazionale con la manifestazione del 12 novembre a Roma, e proseguire oltre con forme di lotta incisive che mettano in preventivo la possibilità di uno sciopero generale senza limiti di tempo e di spazio.

Dobbiamo tendere, nello stesso tempo, alla radicalizzazione politica dello scontro, collocando al primo punto della nostra mobilitazione non qualche aggiustamento della finanziaria, ma la cacciata in piazza del governo Berlusconi. E' questo l'obiettivo centrale della nostra lotta, e dobbiamo rifiutarci di affidarne il compito a future elezioni o ad accordi con forze sociali e politiche contrarie ai nostri interessi. Possiamo e dobbiamo raggiungerlo, invece, con il pieno dispiegamento delle nostre forze. E' da questo che dipende il conseguimento anche degli obiettivi rivendicativi in materia di pensioni, sanità, etc. Come pure è questa la condizione per conservare l'adesione attiva alla lotta di quei settori di lavoratori, sopratutto esterni all'industria, che sono scesi in campo ma sono meno decisi di noi nello scontro. Essi non si ritireranno dalla lotta solo se vedranno che la classe operaia è determinata a non cedere.

Perché la nostra lotta possa sprigionare tutte le sue potenzialità, è però necessario che cominciamo, almeno, a mettere in discussione la logica delle "compatibilità" e degli "interessi comuni" tra lavoratori e imprese, che già ci ha causato enormi danni e che rischia di procurarcene di ancora maggiori.

E' venuto il momento di iniziare a batterci senza timori per la affermazione dei nostri interessi di classe distinti da quelli di tutti i settori della società che ingrassano sul nostro lavoro. Nessuna modifica peggiorativa può essere accettata su pensioni, sanità e mercato del lavoro. Padronato e governo cerchino altrove i soldi di cui necessitano per "risanare" uno stato che non siamo stati certo noi lavoratori, bensì le classi sfruttatrici, a mandare in deficit. La classe operaia non è disposta ad ulteriori spremiture in nome della economia nazionale, ossia dei profitti delle imprese.

La nostra lotta deve, dunque, continuare e radicalizzarsi, ed è sempre più urgente, anche, che si estenda oltre i confini nazionali, collegandoci con le altre sezioni del proletariato. Non trascuriamo ulteriormente questa "dimensione" dello scontro. Se Berlusconi si fa forte -contro di noi- del sostegno che riceve dalle borghesie internazionali che si preparano a sferrare alla classe operaia dei propri paesi analoghi attacchi; noi dobbiamo saperci collegare ed unire con i proletari degli altri paesi nella comune lotta contro il comune nemico, il nostro ed i loro governi, la nostra e la loro classe capitalistica.

E dobbiamo anche, con non minore urgenza, ricercare legami di lotta con gli operai dei paesi più poveri e dipendenti, le cui condizioni salariali e di lavoro vengono usate dai padroni contro di noi come arma di ricatto per peggiorare le nostre.

Opponiamo al capitalismo, sfruttatore mai sazio del nostro lavoro, ed al suo putrido nazionalismo, le bandiere dell'internazionalismo proletario e del socialismo, della fraternità tra i lavoratori e della fine dello sfruttamento, della riappropriazione da parte della società di quel che il lavoro sociale ha prodotto.

Continuare la mobilitazione e radicalizzare la lotta è la sola condizione per conservare e rafforzare la nostra tenuta di classe. Sappiamo bene che questa non è l'ultima battaglia tra borghesia e classe operaia. Per questo non intendiamo affatto escludere ogni possibilità di compromesso. Ma c'è compromesso e compromesso. Quelli degli ultimi dieci anni sono stati compromessi negativi, perchè non solo hanno comportato tagli materiali, ma anche arretramenti proprio sul piano dell'organizzazione proletaria. Questa, assumendo sempre più le compatibilità capitalistiche come criterio di riferimento, ha perso autonomia di classe e si è sempre più indebolita proprio in quanto nostra organizzazione.

La radicalizzazione dello scontro non è un vicolo cieco da cui ci dobbiamo guardare. E' anzi la sola possibilità che, nel caso in cui si arrivi ad un provvisorio compromesso tra il nostro schieramento e quello padronale-governativo, non sia il governo Berlusconi a beneficiarne mentre noi disarmiamo il nostro campo, ma sia la classe operaia a poterlo utilizzare positivamente per il rilancio della propria lotta nei conflitti sociali sempre più acuti che si preparano.