AN a congresso: democrazia e fascismo
si completano a vicenda.
Perciò, tutti democratici.

Il trapasso dal vecchio MSI ad Alleanza Nazionale si presta ad alcune considerazioni.

Primo. Questa trasformazione fa il paio con quella compiutasi nel PCI, "protagonista" Occhetto. Non solo nel senso di una somiglianza di percorsi tra forze diverse ed "opposte", ma proprio in quello della loro complementarietà. Il vecchio MSI abbandona il richiamo al fascismo storico come il vecchio PCI sotterra quello allo stalinismo di origine convergendo entrambi, immacolati, verso il "centro", la "pura" democrazia calpestata dalle precedenti esperienze di riferimento. Una "sinistra moderna", una "destra moderna", in vista di un plausibile gioco di "alternanza" tra un "centro-destra" ed un "centro-sinistra". Gli "opposti", finalmente, convergono -pur nella loro distinzione d’indirizzi e di ruoli- al centro, in una "dialettica democratica", per dirla con Fini, in cui non esistono più "nemici", ma avversari, anzi competitori politici tutti egualmente ligi alle stesse regole del gioco.

Cosa significa tutto questo? Due cose. Che così come il vecchio PCI non rappresentava una reale alternativa di classe, proletaria, alla democrazia capitalista (per i marxisti questa tal democrazia equivale a dittatura borghese), così il vecchio MSI non se ne staccava affatto nella sua sostanza. E, di conseguenza: la fasulla contrapposizione coreografica del passato tra "comunismo" e "fascismo" si risolve oggi in una eguale e "concorrente" collocazione al "centro", nel senso di una paritetica sottomissione alle regole supreme del capitale, concentrato e centralizzato, economicamente, socialmente e politicamente, cui entrambe le forze dichiarano di volersi spontaneamente sottomettere.

Negli anni duri della ricostruzione del secondo dopoguerra, i pochi marxisti rimasti sul campo avevano già smascherato con buon anticipo le due patacche, "comunista" e "fascista", denunziandone l’esito obbligato. Scrisse Bordiga: il fascismo uscito sconfitto nel conflitto mondiale dimostrerà di aver vinto in quanto assunzione dei suoi presupposti economico-sociali e politici non contingenti da parte dell’"antifascismo" (o del "post-fascismo", più correttamente). Non ci sarebbe stato alcun ritorno ai "modelli" prefascisti, ma la prosecuzione ed il completamento dell’opera avviata dal fascismo nel senso della sottomissione dittatoriale -meglio ancora se sotto forma "democratica"- di tutte le classi alle esigenze del capitale e del suo Stato.

Il nostalgismo fascista si sarebbe ottimamente accomodato in questa posizione di continuità sostanziale, esaurendo via via le proprie ragioni di "alternatività" al nuovo sistema costruito sulle ceneri del fascismo storico (ce n’è voluto del tempo, ma solo in quanto i detentori politici di questo "nuovo" sistema -fior di (ex)-fascisti convertitisi tempestivamente alla "democrazia" avevano provveduto a ghettizzare gli inguaribili nostalgici del passato!-). Dal canto suo, lo stalinismo in versione italiota, una volta cancellata ogni tradizione reale di comunismo dal proprio seno, avrebbe compiuto lo stesso percorso, per vie diverse. Tutti sotto la santa ala della "democrazia", tutti sotto mamma-chioccia Capitale!

Da destra e da sinistra s’intende dare una stessa immagine (fascistissima): non esiste più alcun insanabile contrasto tra le classi, tutto vive -in quanto "popolo"- nel capitale e nello stato, "democraticamente". Ha ragione Fini a cancellare i richiami formali al fascismo: la sostanza di esso è già da tutti riconosciuta come quella vincente, ed allora a che pro pretendere i "diritti d’autore", visto che tutti possiamo mangiare ad abbondanza allo stesso piatto?

Noi marxisti, soli, diciamo che questa convergenza dei presunti "opposti" non è il segno di una oggettiva possibilità di conciliazione tra le classi, di un allentarsi del contrasto tra essi, e che questi, anzi, stanno crescendo esponenzialmente, ma è appena il contrassegno della concentrazione e centralizzazione antiproletaria delle forze borghesi, i cui "distinti" ruoli si riducono sempre più ad una disputa sul quantum di sacrifici da far pesare su questo o quel "settore" del "popolo" a seconda del proprio referente sociale (in quanto "classe del capitale").

Alle vecchie "tribune elettorali" il picista Pajetta, quando avvertiva la presenza di un esponente fascista, si alzava indignato dalla sedia dichiarando che coi fascisti aveva già discusso col mitra e che non ci sarebbe mai stato altro mezzo migliore di interlocuzione. Oggi, i suoi successori pidiessini presenziano al congresso di Alleanza Nazionale, salutano in Fini colui che ha avuto il merito di aver "traghettato" il "fascismo" verso la democrazia portando a termine in proprio l’azione intrapresa dal CNL , gli riconoscono, insomma, di aver fatto la sua parte di "Bolognina".

Anzi. Appena l’altro ieri si rimproverava a Berlusconi il suo essere "ostaggio" dei "fascisti" (con tutte le possibili conseguenze... in Borsa). Oggi (vedi Foa -proprio lui!- sull’Unità del 28 gennaio) si rimprovera a Fini di non essere ancora sufficientemente credibile - pur non mancando di dispensargli ogni genere di lodi- perché "ostaggio" di Berlusconi!

Che c’è dietro il "mistero" di questo rovesciamento dei ruoli? Il fatto che il PDS considera, tutto sommato, come un interlocutore preferibile quello disposto a giocare la carta truffaldina dell’"anima sociale", della concertazione, del consociativismo, secondo, un po’, il vecchio stile democristiano, rispetto a chi ha perlomeno il coraggio di dichiarare apertamente dove stanno i nodi di classe che andranno sciolti, col bisturi e non con la vasellina, nel prossimo futuro. Una sorta di neo-patto di pacificazione, cui (come in passato) presentarsi avendo reciso tutti i ponti con l’"estremismo massimalista". Ma non è una novità: anche Togliatti aveva insegnato a suo tempo a comprendere le ragioni "sociali" del MSI degli esordi ed a dialogare con esso (contro De Gasperi, all’occorrenza!)...

Nell’attuale incasinamento della politica italiana è difficile prevedere il futuro, anche perché, di regola, la realtà è destinata sempre a superare ogni e qualsiasi malizia dell’immaginazione. Chissà che non ci sia dato, di fronte a misure decisamente "antipopolari" del governo Dini (votato dal PDS e non dagli ex-"fascisti"), di assistere ad una cooperazione o ad una competizione antigovernativa da parte "progressista" e "alleanzista", e magari a soprassalti sociali esagerati da parte di questi ultimi?! Dio non voglia che si mettano, in tal caso, a dialogare tra loro Teodoro Bertinotti e Fausto Buontempo (come già li chiama qualcuno).

Questa sconcia commedia di "riconversione democratica al centro" cesserà solo allorché sarà chiaro che il crescente antagonismo di classe che matura nelle viscere della società non potrà da nessuna delle parti in essa implicate esser portato a "democratica" soluzione e torneranno a contare le forze vive, i muscoli ed... altri attrezzi. Vedremo allora come tutta la presente poltiglia si rassoderà non al centro, ma alla destra aggressiva e come quel che resterà dell’attuale "progressismo" che non sarà disposto a fare altrettanto verrà finalmente espulso dal corpo di un proletariato richiamato ai suoi compiti storici.

Ci sia concesso, in attesa, di schifare l’immonda sceneggiata in corso e tutti i suoi attori, di destra e di "sinistra". Al "congresso" dei comunisti abbiamo il piacere di non veder presente alcuna delle loro facce. Noi abbiamo tagliato definitivamente i ponti col fascismo e la democrazia, perché li abbiamo tagliati col capitalismo. Su queste basi ben resistiamo "soli" noi, su queste basi marcerà "solo" il proletariato!