Italia: i guasti del federalismo

SMEMBRARE L'ENEL:
PROGETTO FOLLE E ANTI-PROLETARIO.

Nei mesi trascorsi si è accesa una serrata discussione attorno alla privatizzazione dell'ENEL, capitolo in corso di scrittura di un libro divenuto ormai voluminoso, per quantità di parole, ma anche per alcuni fatti concreti.

In verità la furia privatizzatrice di aziende e servizi a capitale pubblico ha subito, ultimamente, una certa decelerazione. E' che i capitalisti nostrani hanno impattato contro il rischio di veder finire interi settori di produzione nazionale nelle mani dei capitali stranieri. Meglio agire con prudenza, si son detti. Ma che si debba "agire" è fuori discussione sia per i circoli economico-finanziari, che per quelli politici -pur con varie sfumature- di destra, centro e sinistra. Le dismissioni vanno. dunque, avanti e attorno a esse si moltiplicano i progetti e le proposte che rasentano, a volte, l'autolesionismo, se non la vera e propria follia. Il caso dell'ENEL è tra questi. Prima di affrontarlo è bene ricordare, brevemente, i motivi che spingono la borghesia a privatizzare.

La tesi ufficiale è che la vendita ai privati delle aziende pubbliche serva a consentire allo stato di "fare cassa" per risanare il debito pubblico. Ma è tesi per gli allocchi, che serve a coprire i corposi appetiti capitalistici individuali che sperano di fare lucrosi affari e rilanciare i propri profitti acquisendo a prezzo stracciato quelle aziende. E, soprattutto, serve a coprire un ulteriore tassello della manovra anti-proletaria.

Privatizzando servizi e aziende pubbliche ci si prefigge di dirottare quote consistenti di spesa pubblica a maggior diretto sostegno dei profitti riducendo al lumicino la spesa sociale (i proletari dovranno sempre più pagare a prezzi di mercato i servizi sociali).

Non solo, ma si attaccano in modo significativo anche delle residue trincee proletarie dove condizioni normative, di lavoro e di salario -per quanto già duramente intaccate negli ultimi anni- risultano incompatibili con le attuali esigenze capitalistiche.

Questi relativi "privilegi" non sono sempre e solo il frutto di una gestione clientelare delle aziende pubbliche, ma anche il risultato di reali tradizioni di lotta e della forza oggettiva particolare di categorie di lavoratori concentrata in un'unica azienda (Ferrovie, telefonici, Enel, etc).

E' vero che in questi settori vanno rafforzandosi (causa, anche, l'indebolimento generale del proletariato) spinte particolaristiche -quando non proprio corporative-, ma è vero anche che il loro contributo di lotta, soprattutto delle figure operaie, nei momenti di scontro generale non è mai mancato.

Ecco perché privatizzare e smembrare queste aziende è per i borghesi anche un passaggio fondamentale per imporre la completa liberalizzazione del mercato del lavoro e per aumentare la divisione all’interno di queste categorie e del proletariato in generale.

Torniamo, ora, all'ENEL. L'ex presidente del Consiglio Amato, attuale capo dell'Antitrust, propone di smembrare questo ente, prima della vendita, in comparti (produzione, trasmissione e vendita), e anche di creare una pluralità di soggetti attivi nei comparti per favorire l'accesso della concorrenza nazionale ed estera. I soggetti "plurali" avrebbero inevitabilmente anche basi territoriali. E ciò rende la proposta Amato simile a quella leghista degli ex ministri Gnutti e Pagliarini. Come quella è giustificata in nome dell'anti-monopolismo. Si tratta, nella migliore delle ipotesi, di una pia illusione.

In un settore stramaturo, come quello dell’energia, la spinta verso la concentrazione e la centralizzazione monopolistica è un processo inarrestabile e anche se si creasse una pluralità di soggetti all’immediato, il controllo di fatto del settore tornerebbe entro breve tempo al grande capitale monopolistico.

La creazione di tante aziende faciliterebbe la deriva verso una gestione localistica e favorirebbe, di conseguenza, l’ingresso anche in questo campo, attraverso le impersonali leggi del libero mercato, dei capitali stranieri fino ad assumerne il controllo. Che poi della creazione di un "vero" mercato dell’energia elettrica beneficerebbero i cittadini utenti è impossibile per le caratteristiche stesse di questa "merce". L’utente non avrebbe alcuna possibilità di scegliere fra diversi fornitori quello che offre condizioni migliori, poiché ogni zona sarebbe coperta comunque da un unico fornitore.

Evidentemente la sbornia liberalista ha giocato un brutto scherzo ad Amato abituato, da professore, a ragionare su schemi astratti prescindendo da quella che è la struttura materiale del capitalismo italiano. In ogni caso, il fiorire di assurde proposte antimonopolistiche, di concessioni sempre più ampie al federalismo, la dice lunga su come ormai lo scontro sui futuri assetti istituzionali ed economici italiani non sia una partita che si gioca solo all’interno delle varie fazioni borghesi nazionali, ma vede attivamente in campo le diplomazie e i capitali delle altre potenze imperialiste.

Di fronte a questo scontro in atto il proletariato non deve una posizione agnostica, ma deve puntare a difendere i propri interessi di classe.

Questi richiedono una decisa opposizione sia alle privatizzazioni che, a maggior ragione, allo smembramento.

Cosa comporterebbe infatti smembrare un ente come l’Enel per il proletariato? Innanzitutto un attacco alla forza della categoria dei lavoratori elettrici, con ulteriori diversificazioni di trattamento tra lavoratori del nord e del sud. In second'ordine l’energia elettrica, prodotta prevalentemente al nord, sarebbe fatta pagare a più caro prezzo ai proletari del sud. Inoltre, il maggior costo di essa spingerebbe il padronato del sud a compensarne l'aggravio con ulteriori peggioramenti delle condizioni di vita e di lavoro per gli operai, rafforzando le divisioni già in atto tra nord e sud.

In questo, come in tutti i campi della lotta politica, per il proletariato definire una propria posizione indipendente dalle altre classi sociali vuol dire difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro dagli attacchi borghesi, ma, anche e soprattutto, rafforzare e cementare sempre più gli elementi di unità materiale e politica al proprio interno, per poter arrivare in maniera più attrezzata allo scontro decisivo e inevitabile con tutti i ceti sociali borghesi interni ed internazionali.