[che fare 37]  [fine pagina]

CONTRO IL RAZZISMO, PER L’UNITA’ DI CLASSE
DEL PROLETARIATO BIANCO E DI COLORE.


Indice


Dalla parte dei proletari immigrati! Incondizionatamente! No al decreto Dini! No al supersfruttamento differenziato sugli immigrati! Difesa completa e militante da ogni tipo di ricatto e di violenza subiti da essi! Piena parità di diritti per loro! Denunzia della politica repressiva e delle responsabilità dei governi occidentali nel riesplodere del razzismo e della criminalità xenofoba! No alla guerra tra proletari! No alla peste sciovinista! Riconosciamo negli immigrati non dei concorrenti, ma dei fratelli di classe da sostenere, da far entrare nelle fila delle "nostre" organizzazioni, da difendere anche sul piano fisico! Per l'organizzazione e la sindacalizzazione unitaria dei proletari "bianchi" e "di colore"! Per l'unitaria lotta di essi contro il comune nemico capitalista! Per il rilancio dell'internazionalismo proletario comunista!

Le misure del governo Dini sugli immigrati sono un importante, ulteriore tassello dell’attacco borghese mirante a balcanizzare l’intero proletariato, tanto bianco che di colore.

Il lavoro di preparazione era iniziato da tempo. Sin dalla primavera le alte sfere dello stato e dell'informazione democratica avevano allarmato l'"opinione pubblica" sul pericolo-immigrati: invio dell'esercito sulle coste pugliesi, perquisizioni e arresti nelle comunità arabo-islamiche di varie città, lancio dell'equazione immigrato=stupratore sui grandi mezzi di informazione. Il "messaggio" non si perde nel vuoto.

Sul finire dell’estate, infatti, a Torino, Milano e Genova si svolgono manifestazioni di piazza contro la "invadente presenza" degli extracomunitari, additati quali veri responsabili del traffico e spaccio di droga, del racket della prostituzione e del degrado dei quartieri urbani.

In questo clima viene posta all'ordine del giorno del dibattito politico e parlamentare la modifica della legge Martelli. Apre le danze Alleanza Nazionale col "testo Nespoli", che la commissione "affari costituzionali" della camera approva con i decisivi e compatti voti della Lega di Bossi (ah, quando si dice affinità di classe!). Il decreto finale del governo, pur smussando alcuni aspetti più odiosi del testo iniziale, ne assumono in pieno lo spirito restrittivo e repressivo verso i lavoratori stranieri: espulsioni più facili e più discrezionali, ricongiungimenti familiari più difficoltosi, maggiore limitazione nei permessi d’ingresso. A parziale compensazione di queste restrizioni compaiono farraginose procedure di messa in regola per una parte limitatissima di coloro che lavorano in nero.

 [indice] [inizio pagina] [next] [fine pagina]

Un passo avanti per la destra

Una parte della sinistra ha salutato positivamente la conclusione della vicenda. A ben vedere, però, l’asse della scena sociale e politica si è spostato ancor più marcatamente verso destra.

Sul piano politico chi raccoglie i dividendi dell'operazione sono la Lega e AN. Bossi e Fini hanno imposto sul piano legislativo i loro indirizzi, per quanto (per ora) smussati. E sopratutto, hanno portato a casa parecchi punti a favore sul decisivo terreno del radicamento e della mobilitazione sociale, arrivando a influenzare frange di strati sociali tradizionalmente non orientati a destra.

Ha fatto, poi, passi in avanti un tentativo che non sappiamo come possa essere considerato di sinistra: il tentativo presentare il "nero", l'"arabo", lo "slavo", cioè le prime e principali vittime del saccheggio imperialista, come i responsabili dei disastri che proprio il capitalismo produce nelle stesse metropoli e di dirottare contro di essi la rabbia di giovani disoccupati, senza-casa, strati impoveriti della società, in una disperata guerra tra poveri, il cui unico e solo risultato è quello di disgregare le fila proletarie.

Altro risultato: dopo gli immigrati extra-comunitari si ritrovano a vivere in condizioni di maggiore precarietà e ricattabilità. Più che a espellerli in massa, il decreto e la pressione sociale e politica che lo ha accompagnato hanno l'effetto di rendere permanente il ricatto dell’espulsione. A trarne vantaggio non sono i lavoratori, ma i borghesi e i padroni di tutte le risme, che si ritrovano a disposizione una manodopera costretta ad accettare condizioni peggiori di supersfruttamento, usata, suo malgrado, come arma di ricatto contro il proletariato italiano e soprattutto intimorita a sviluppare la propria organizzazione e la propria lotta.

Quest'ultimo punto è di vitale importanza. La borghesia imperialista italiana non sa e non vuol rinunciare ad attingere, come fanno da anni e anni le sue sorelle maggiori, alla riserva interna di sovra-profitti che le è garantita dagli immigrati. Essa però vuole evitare che questa presenza possa portare a conflitti sociali, all'organizzazione e alla lotta dei proletari immigrati, al loro affratellamento con quelli bianchi. Già sul chi va là per le esperienze degli altri paesi imperialisti, in tutti gli strati borghesi è scattato l'allarme quando anche in Italia è iniziato il processo di organizzazione dei lavoratori immigrati. Alimentato dalla protesta contro le sempre più infami condizioni di supersfruttamento e di repressione che subiscono come anche dall'odio contro l'Occidente che portano nel loro seno quando lasciano i loro paesi. Per gli interessi capitalistici, un processo da bloccare con la pressione congiunta del potere statale e del potere della piazza.

 [indice] [inizio pagina] [next] [back] [fine pagina]

Le disastrose rincorse a destra del Pds

L’atteggiamento del Pds sull’immigrazione è un'ulteriore prova delle conseguenze nefaste che ha per il proletariato la politica di rincorsa del centro. Emanato il decreto, dalle colonne de l’Unità (26/11/95), a chi accusa il Pds di essersi appiattito sulle posizioni della destra, D’Alema risponde: "Se di fronte alle spinte razzistiche la sinistra si limita alle prediche, perde soprattutto negli strati popolari: perché è nei quartieri popolari che vivono gli immigrati, ed è qui che il bisogno di sicurezza è più alto".

E' vero che le prediche sulla società multirazziale, policromatica e polifonica possono affascinare qualche contessina alternativa, ma non il giovane della periferia in cerca d’impiego per sbarcare il lunario e per il quale l’immigrato appare un pericoloso "concorrente". E vero che il degrado nelle metropoli avanza e fornisce il terreno di coltura per il proliferare di sentimenti (e pratiche) razzisti e fascistoidi tra gli strati poveri della società. Ma proprio per questo è semplicemente disastroso e suicida inseguire la destra sul suo terreno.

Una tale politica non fornisce alcuna reale risposta al disagio crescente di settori popolari e proletari, in quanto non li organizza dietro un indirizzo politico di classe contro la causa reale dei loro mali, li rende sempre più permeabili al richiamo della destra, lasciando, per questa via, porte e finestre aperte alla penetrazione nel proletariato di quel veleno sciovinista che, tra l'altro, è da sempre un ottimo collante per il capitale per intruppare gli sfruttati come carne da macello dietro le proprie aggressioni esterne. E' un caso che la recente canea razzista sia iniziata in estate in contemporanea con l'inizio dei bombardamenti NATO sulla Bosnia?

"Legge e ordine" contro gli immigrati non può essere la bandiera del proletariato, perchè significa "legge e ordine" contro di sé, contro tutti gli oppressi, significa loro divisione e contrapposizione. La strada della classe operaia deve andare in una direzione diversa, cominciando ad appoggiare e sostenere incondizionatamente il processo di organizzazioni degli immigrati.

 [indice]  [inizio pagina] [next]  [back]  [fine pagina]

Prime risposte dei lavoratori immigrati

Negli ultimi dieci anni i lavoratori extracomunitari hanno compiuto un percorso di organizzazione e sindacalizzazione. Oggi l’immigrato è sempre meno il "povero derelitto" che elemosina assistenza, e sempre più un proletario che, pur tra mille difficoltà, comincia ad acquistare coscienza del doppio sfruttamento cui è sottoposto -da proletario e da extracomunitario- e inizia a darsi collettivamente gli strumenti e i modi per difendersi. Alla manifestazione nazionale di Torino gli immigrati invocavano "lavoro e rispetto dei propri diritti". Ugualmente il 18 e il 22 dicembre un migliaio di immigrati sotto le Camere. All’assemblea nazionale contro il decreto -Roma, 3 dicembre- (affollatissima di immigrati, ma quasi totalmente disertata dalla sinistra "alternativa", Rifondazione compresa) un lavoratore del Bangladesh diceva: "Questo decreto è contro noi immigrati in quanto proletari e lavoratori. Oggi i padroni attaccano anche i lavoratori italiani: è un problema di tutti. La manifestazione di A.N. (quella nazionale del 2/12, n.d.r.) era contro tutti noi: italiani e stranieri".

La recrudescenza dell’attacco contro gli immigrati non è rimasta, dunque, senza risposta . Ma, tutte le ultime manifestazioni hanno visto una grande partecipazione di colorati e una sempre più scarsa partecipazione sia di lavoratori che di giovani italiani. Da parte degli immigrati la disponibilità a ricorrere alla lotta aumenta e, con essa, aumenta il grado di organizzazione e di elaborazione politica. Un’importantissima dimostrazione di volontà e di coscienza politica, che, per consolidarsi, necessitano di un’unica condizione: che la classe operaia indigena si collochi apertamente al loro fianco. Da parte proletaria non appare, invece, al momento alcuna disponibilità a raccogliere l’appello che parte dagli extracomunitari.

 [indice]  [inizio pagina]  [back]  [fine pagina]

Contro il razzismo è necessaria un’autentica politica di classe

Il proletariato ha, invece, tutto l’interesse a stabilire con gli immigrati un solido legame di lotta e di organizzazione. Sul piano immediato per impedire ai padroni di usare lavoratori super-sfruttati in quanto super-ricattati. Sul piano di prospettiva in quanto si tratta di un alleato fondamentale nello scontro con il capitalismo e che gli schiude le porte a un’unità di lotta con le sterminate masse oppresse dall’imperialismo nei paesi di provenienza. Per stringere questo legame la classe operaia deve dimostrare tutta la sua decisione nel lottare contro ogni tipo di ricatto e di violenza su tutti i piani (diritti civili, sindacali, politici, culturali, religiosi, ecc.) ai danni dei lavoratori immigrati.

Una lotta di questo tipo comporta, però, un’aperta scelta di campo: non più "italiani" interclassistamente uniti contro gli stranieri, ma lavoratori italiani e stranieri contro padroni e governo italiani, fino al punto di contrastare anche le politiche di rapina imperialista cui anche la borghesia italiana partecipa, e che sono alla base della disperazione e della ricattabilità con cui i lavoratori extra-comunitari si presentano sul mercato del lavoro occidentale.

Difesa completa e militante dei lavoratori immigrati, delle loro rivendicazioni, dei loro diritti, delle loro organizzazioni, contro ogni limitazione d’ingresso alle frontiere e contro le espulsioni. Massimo impegno per l’organizzazione e la sindacalizzazione nelle "nostre" strutture di lotta per saldare la battaglia contro il razzismo a quella per la difesa delle condizioni operaie di vita e lavoro, contro la disoccupazione, contro il lavoro nero. Lotta contro l’oppressione e la rapina imperialista ai danni delle masse del terzo mondo.


[che fare 37]  [inizio pagina]