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ANCHE AL SUD CONTINUA LA MARCIA DEL LEGHISMO



La marcia, nemmeno tanto silenziosa, del leghismo al Sud procede spedita, anche se per ora con punte meno acuminate e organizzate che al Nord. Nello scorso numero del giornale abbiamo accentrato l'attenzione su due versanti. Da un lato abbiamo analizzato le due tendenze politiche leghiste che stanno prendendo corpo negli strati borghesi del Sud, quella di Bassolino e quella di Cito, tendenze entrambe anti-operaie e, per il proletariato, da combattere frontalmente. Dall'altro lato abbiamo denunciato le pericolose linee di frattura "leghiste" che, in modo più o meno spontaneo, stanno incrinando il tessuto proletario sul piano sindacale (gabbie salariali di fatto, Melfi, ecc.).

Da allora le cose sono purtroppo andate avanti. Mentre le linee di frattura in campo proletario non si sono sanate, il fronte del leghismo meridionalista si è andato articolando e irrobustendo. E' di quest'ultimo aspetto che ci occupiamo in questo nostro numero "elettorale", partendo proprio dalla rilevazione della grande quantità di simboli e sigle elettorali con connotazione federalista, localistica, quando non apertamente indipendentista, presentati in vista delle votazioni del 21 aprile.

Il fenomeno è particolarmente esteso in Sicilia, dove il movimento separatista ha una lunga e mai completamente sopita tradizione: qui le liste a base territoriale equivalgono quasi a quelle del Veneto. Tante di queste sigle non rappresentano un movimento reale e non riescono nemmeno a raccogliere le firme per poter essere presenti nella campagna elettorale; altre nascondono il tentativo di qualche boss locale, trombato dai giochi degli accordi nazionali, di riciclarsi nel proprio collegio, puntando a rappresentare i particolarismi del proprio territorio. Non tutte possono essere qualificate come liste di disturbo. Ma è in ogni caso significativo che la speranza di portare a casa un minimo di bottino elettorale debba "sintonizzarsi" con la crescente richiesta di federalismo o di aperto secessionismo che continua a maturare anche al Sud.

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Neo-borbonici, bossiani e trasversali

Contemporaneamente continua a maturare anche il dibattito circa la necessità di costituire un movimento politico per il Sud, che attraversi in maniera trasversale tutti i partiti e tutti i ceti sociali. Dopo gli ex-democristiani D'Onofrio e Mastella, è stato il movimento neo-borbonico a fare propria questa battaglia. Questo raggruppamento sta perdendo velocemente le sue caratteristiche di folklore, per diventare una presenza politica significativa con agganci nei settori sociali che "contano". Il settimanale economico locale Il Denaro (legato alle associazioni dei commercianti, dei professionisti e ad alcuni istituti finanziari locali) ospita permanentemente articoli e lettere dei rappresentanti dei nostalgici della Real Casa Borbonica inneggianti al secessionismo. Questo giornale -impostazione tipo Sole-24 ore, con inserto fisso della Confindustria locale- è diventato una palestra di confronto e di incontro per tutti i politici meridionali, che fanno a gara per dimostrare la propria coerenza con la difesa degli interessi del Sud. Gli stessi rappresentanti della Lega Nord sono spesso ospitati sulle colonne del giornale per spiegare la convenienza reciproca di una separazione tra Nord e Sud.

In una recente inchiesta promossa dal settimanale sulla proposta di D'Onofrio di dar vita a una Lega per il Sud, il presidente della giunta regionale campana, Antonio Rastrelli di AN, si è dichiarato favorevole "alla costituzione di un nuovo movimento in grado di aggregare le posizioni diverse per risvegliare l'orgoglio e le coscienze meridionali". Enzo Mattina, ex-sindacalista ed ex-socialista, ora deputato indipendente, sostiene la "convinzione della necessità di valorizzare il Meridione e di conferirgli una nuova missione". Il verde Pecoraro Scanio si dice preoccupato che i fautori dell'iniziativa siano gli invisi ex-democristiani, ma ammette che "il Mezzogiorno ha bisogno di un riscatto, e se proprio dovessi seguire il mio istinto meridionalista sarei per fondare una Repubblica Indipendente"; il pidiessino Ranieri, membro della segreteria nazionale, si dichiara a sua volta d'accordo a condizione che il federalismo "non diventi un sistema per preservare specificità territoriali bensì uno strumento per superare il centralismo, che è stata la vera causa del divario tra Nord e Sud".

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Macro-regione del Mediterraneo Centrale

In che cosa consista lo sviluppo delle potenzialità del Mezzogiorno lo ha teorizzato al meglio proprio la giunta regionale campana, presieduta da AN, nel documento programmatico per la VI legislatura. In esso si prende atto che la tendenza prevalente è quella verso un'Europa delle regioni che, individuate per omogeneità di caratteristiche economiche e territoriali, si rapportano direttamente alla Comunità Europea, vista come centro motore che può portare a una vera e superiore integrazione. La giunta individua l'esistenza di fatto di una macro-regione del Mediterraneo Centrale composta dall'intero sud d'Italia, con l'esclusione della Sardegna, e da tutta la Grecia. Tale macro-regione dovrebbe candidarsi ad avere un ruolo di ponte e di mediazione imprescindibile (leggi mezzo di penetrazione dei capitali) tra l'Europa più sviluppata e le altre regioni del Mediterraneo e dell'Est Europa. Per questo si chiede l'acquisizione da parte delle regioni dello "status" di soggetto a diretta rilevanza comunitaria e la possibilità per l'intero Mezzogiorno di avere a Bruxelles una delegazione permanente ad alto livello. La possibilità di stabilire una "propria" politica estera e di creare dei canali privilegiati con i paesi sopra nominati deve servire proprio a contrattare con la Comunità Europea un ruolo determinante per la nuova macro-regione e a rendere appetibile l'investimento di capitali esteri.

Intanto, dopo la conferenza dei sindaci del Sud in autunno, voluta da Bassolino per rilanciare il federalismo urbano, sempre a Napoli si è tenuto un altro convegno dei presidenti delle assemblee e dei consigli regionali e delle province autonome per rivendicare una riforma dello stato in senso regionalista e federalista.

Come già anticipato nel precedente articolo, il Sud non è esente dagli stessi fenomeni di campanilismo e micro-federalismo che si delineano al Nord. Recentemente, per esempio, un consigliere comunale dei popolari ha proposto un referendum per la secessione dei quartieri periferici di Napoli da Napoli-città perché "defraudati" dal Comune dei soldi per il condono, inaugurando così il federalismo sub-urbano.

Di fronte a tanto attivismo l'Indipendente può titolare compiaciuto che la vera capitale del federalismo tricolore è Napoli. Da parte nostra, da parte proletaria e comunista, c'è invece poco da compiacerci. C'è da rizzare le orecchie e attrezzarci a combattere questa multiforme tendenza dello schieramento borghese per contrastarne il radicamento nel tessuto proletario.


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