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LA PIAGA EPOCALE E' IL CAPITALISMO

Proletari, rassegnatevi! Questo il messaggio lanciato da un articolo del Sole 24ore del 29 marzo a commento del grafico riportato qui sopra.

Nel '95 è di nuovo aumentato il numero dei suicidi tra i minori. Erano stati 36 nel '90, 57 nel ’92, 100 nel ’94. Sono diventati 173 nel 1995.

Senza contare i "suicidi mascherati" con la droga, l’alcool, le morti del sabato sera, o i "tentati suicidi", gli uni e gli altri in forte aumento.

L’andamento di quest’ultimo mostra che il tasso di disoccupazione, costante o solo lievemente crescente dal ’57 ai primi anni '70, comincia a impennarsi dal '73. Da allora questa piaga sociale si è solo aggravata, tanto che il foglio confindustriale arriva ad ammettere: "tutto lascia supporre che la disoccupazione rimanga sul tappeto come questione epocale".

Ma come, non avevate detto che la disoccupazione dipendeva dall’esistenza della scala mobile e dalle eccessive conquiste che la classe operaia aveva strappato con le sue lotte del dopoguerra? Non ripetevate, un giorno sì e l’altro pure, che se il movimento operaio avesse accettato di perdere qualcosa, avrebbe ridato un futuro alla propria gioventù? Il grafico mostra la falsità di questa sporca canzone e fa vedere che l’eliminazione della scala mobile, la decurtazione dei salari, la prima deregolamentazione del mercato del lavoro, ecc. non solo non hanno rilanciato l’occupazione, ma non hanno neanche arrestato la crescita della disoccupazione perfino in un momento di ripresa economica.

Evidentemente la cosa nasce da ben altre cause. E' costretta ad ammetterlo la stessa voce del padrone quando, nel mentre ribadisce che oggi occorre ancor più flessibilità, nello stesso tempo ammonisce i proletari a non farsi illusioni sulle virtù miracolistiche di questa, come di altre ricette: essa non permetterà di garantire un futuro a tutti, ma solo a renderlo possibile per un "numero sempre decrescente di lavoratori". A voi proletari, lascia intendere la voce del padrone, non resta che tirar fuori unghie e denti per cercare d'evitare di finire tra le sempre più ingombranti montagne di "rifiuti sociali".

I cantori del capitalismo come il migliore dei sistemi sociali, quelli che ne decantavano la capacità di condurre l'umanità verso il "regno dell’abbondanza e del tempo libero", costoro ci avvertono che per un numero crescente di individui è inevitabile un destino di disoccupazione e miseria! E con quale giustificazione? Questo, dicono lor signori, è l’inevitabile prezzo del progresso! Deriverebbe dal fatto che "per la prima volta, vi è la possibilità oggettiva che in molti paesi del mondo si possano produrre beni con una parte minima di lavoro umano. Dodici anni fa occorrevano 172 lavoratori per realizzare un’automobile Fiat, oggi ne bastano 16".

A sentire Il Sole 24ore, dunque, la disoccupazione crescerebbe a causa della crescente produttività del lavoro umano. E che dovremmo fare allora per avere la piena occupazione, tornare alla preistoria? In realtà è l’uso capitalistico dell’aumento della produttività del lavoro umano a trasformare questo aumento da leva potenziale per ridurre e alleviare il lavoro umano in uno strumento per opprimerlo. E' l'appropriazione privata da parte del capitale delle via via più potenti forze produttive a trasformare queste ultime da potenziale fattore di progresso della società umana in fattore di regresso e di sofferenza per le moltitudini sfruttate, sospinte in fasce sempre più larghe verso il pauperismo, la degradazione morale o il suicidio tout court. Altro che eccessive rigidità della classe operaia! La disoccupazione di massa e crescente nasce dalle leggi di funzionamento e dal corso del capitalismo e ne mostra l'irriformabile natura anti-sociale.

E allora sì, proletari e compagni!, seguiamo il consiglio che viene dalla voce del padrone: "rassegniamoci" all'impossibilità di trovare una soluzione al dramma della disoccupazione all’interno del capitalismo (quand'anche "indirizzato" verso un nuovo bertinottiano modello di sviluppo). Sì, "rassegniamoci" a questa dura realtà, ma non per rassegnarci a subire il capitalismo quale esso è, come vorrebbero i borghesi e i loro lacchè. Bensì per riporre la nostra speranza altrove, nell'unica via che può farci uscire dalla piaga epocale della disoccupazione: quella che ci fa uscire dalla piaga epocale del capitalismo da cui essa deriva, e cioè la via della rivoluzione socialista internazionale indicata da quel comunista dell''800 la cui dottrina è così tanto invecchiata da essere l'unica in grado di fornire una chiave di lettura dei mali e degli orrori della società "post-moderna". O si può credere davvero, come si pensa dalle parti di Rifondazione, che un uso sociale delle moderne forze produttive possa imporsi attraverso il "libero e consensuale" accordo di tutti i cittadini?

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