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CONTRO IL TERRORISMO IMPERIALISTA

Bomba o missile che sia, l’aereo TWA buttato giù a New York prima delle Olimpiadi di Atlanta, sembra, quasi sicuramente, opera di gruppi medio-orientali. I media e il governo statunitense non hanno, in ogni caso, avuto dubbi in proposito. Hanno trattato -è vero- l’argomento con molta cautela, ma non perchè volessero evitare di rovinare la "festa" delle Olimpiadi, quanto, piuttosto, per paura delle reazioni che può innescare la diffusione della consapevolezza che la guerra è un evento che non si svolge più miglia e miglia lontano dalle coste USA, ma comincia ormai a presentarsi anche sul loro territorio. Da circa un secolo gli USA esportano (e provocano) guerre in ogni angolo di mondo, godendo sempre di una sorta di neutralità territoriale, oggi la guerra non li risparmia più, e gli restituisce fin dentro casa una quota (ultra-limitata) del terrore che loro hanno diffuso ovunque.

A preoccupare i Clinton non è tanto che la guerra "in generale" s'affacci sul suolo americano, quanto che vi faccia capolino una guerra tutta particolare: quella delle masse oppresse dal giogo economico, finanziario e militare dell’imperialismo, di cui gli USA costituiscono il capo-fila e l’agente militare più potente, più attivo e -di conseguenza- più esposto.

Trovarsi difronte ad atti di questo tipo costringe gli "americani" a interrogarsi sulle cause, e a dover scegliere se schierarsi dal lato di chi aumenterebbe ancor più l’uso delle armi per conservare il ruolo egemonico degli USA o dal lato di chi non ha nulla da guadagnare da quel ruolo, anzi ne subisce le conseguenze pur vivendo nella stessa "patria americana": gli immigrati d’ogni colore, i neri, tutto l’intero proletariato. E’ il rischio di questa polarizzazione interna nei rapporti con le masse oppresse del terzo mondo, che agita i sonni della borghesia americana. Per scongiurarlo essa fa appello "all’unità di tutti gli americani contro la barbarie islamica", per ottenere da tutte le classi il consenso necessario a continuare l'opera di aggressione e di oppressione, ben consapevole che il lato militare di quest’opera è destinato a incrementarsi, come già la guerra del Golfo ha dimostrato.

Per lottare contro la "barbarie islamica" gli USA aumentano la loro barbarie. Con ciò provocano qualche disturbo allo stomaco dei nostri sinceri democratici e pacifisti, i quali ogni volta che le armate americane schiacciano il grilletto, lamentano che si ricorra alle armi invece di utilizzare altri mezzi (magari quelli onuisti, che quanto ad armi non è che scherzino...). Su un dato, però, i "nostri" coincidono senz’altro col governo USA: il terrorismo è un mezzo di lotta che nulla può giustificare, perchè ha la crudele caratteristica di colpire anche gli innocenti.

Ecco ciò che scandalizza il demo-pacifista (anche quello rifondazionista): colpire gli innocenti. Come se dal lato dell’imperialismo si colpiscano i "colpevoli". Di cos’erano colpevoli i milioni di uomini periti nelle guerre di conquista coloniali, i neri strappati all’Africa, gli indios sterminati in America? E, per venire ai nostri giorni, di cos’erano colpevoli le centinaia di migliaia di iracheni falcidiati con bombe "intelligenti" o via embargo? Di cosa sono colpevoli i milioni di diseredati che muoiono di fame per le carestie prodotte dalla distruzione delle "economie naturali" per diffondere capitalismo e impoverire intere nazioni onde sfruttarne meglio le risorse? Di cos’era colpevole la figlia di Gheddafi morta sotto le bombe americane?

Di cos’era colpevole lo stesso Gheddafi? D'aver organizzato l’attentato di Lockerbie? Ammettiamo pure che lo fosse. Era un gesto di "gratuita violenza" del solito sanguinario dittatore arabo da sanzionare con una violenza approvata dal consesso dei democratici d.o.c., o non, piuttosto, un atto di violenza in risposta a una violenza ben maggiore, di ben più lunga durata e più devastante effetto che si esercita sul popolo libico da parte dell’Occidente imperialista (cui ha contribuito e contribuisce l’Italia fascista e quella post-fascista) con tutti i mezzi a disposizione?

I popoli dei paesi oppressi dall’imperialismo subiscono quotidianamente la violenza della rapina economica, sociale, politica, culturale, grazie allo scambio "combinato e diseguale", vigilato dalle istituzioni finanziarie e politiche internazionali; sono tenuti "al loro posto" dalla minaccia permanente della forza militare dei loro rapinatori; ne sperimentano la barbarie ogni qual volta provano a opporsi a quella rapina. Chiedergli di affrontare la violenza dell’avversario agitando fronde d’ulivo o pietendo l’intervento della giustizia internazionali (erogata dagli stessi loro rapinatori) equivale a volerli consegnare disarmati a chi è pronto a sbranarli senza alcuna pietà.

No. Essi hanno il pieno diritto di rispondere alla violenza con la violenza. Anche se nessuna giurisprudenza glie lo riconosce, esso è connaturato alla difesa della propria sopravvivenza.

Se un problema si pone, è relativo alla efficacia della strumentazione messa in campo, non tanto sul piano della pura forza bruta (su cui non potranno mai eguagliare la quantità e la perfezione di chi possiede mezzi economici ben superiori), quanto sul piano politico. Per lanciare una seria lotta all’imperialismo deve essere realizzata una forte unità tra tutte le masse oppresse, obiettivo cui non è in grado di dare concretezza nessun programma islamico o "terroristico", ma che può essere realizzato solo dall’emergere di forze coerentemente fondate sul terreno marxista, che della violenza non faranno a meno (né lo potrebbero, considerato l'avversario che è difronte), ma che la inseriranno in un programma di lotta e d’azione in grado di usarla nel modo più efficace possibile.

Però, questi atti "terroristici" colpendo nel mucchio -dice il demo-pacifista- possono causare vittime anche tra i proletari, o tra altri potenziali alleati della lotta anti-imperialista, indebolendo, con ciò, la possibilità di creare un fronte contro l’imperialismo.

Che la riscossa delle masse oppresse abbia assoluto bisogno di trovare nella metropoli la solida alleanza della classe operaia, è fuor di dubbio. Ma il problema non è delle masse del terzo mondo, è del proletariato metropolitano. Fa, al momento, qualcosa per osteggiare l’aggressione imperialista dei "suoi" governi, delle sue borghesie? No, e finché non lo farà non potrà pretendere che le masse del terzo mondo immaginino una sua "diversità" dalle borghesie imperialiste.

E, in ogni caso, realizzata questa alleanza (cosa per cui i comunisti coerenti devono il massimo impegno), non è pensabile possa diminuire la quantità di violenza necessaria allo scontro (è sempre l’avversario che non lo consentirà, continuando, da parte sua, a ricorrervi senza remore). Anzi proprio per vincere, proprio per por fine al sistema di barbarie crudele e permanente del capitalismo, ci sarà necessità della somma violenza, del sommo terrore esercitato dalla dittatura di classe.

Può suonare ostico al demo-pacifista, ma se è vero che l’uomo è un animale politico (lo sapeva già Aristotile), nessuno è "innocente" (non nocens = che non produce effetti negativi per qualcuno), ma ognuno è schierato. Tocca ai proletari e agli sfruttati in generale degli USA e degli altri paesi imperialisti prender partito, schierarsi al lato delle masse oppresse, contro la vera causa della violenza e dell’orrore. Solo se ciò si darà e quella causa sarà distrutta nei suoi fondamenti, potrà nascere la società che bandisce ogni violenza nei rapporti tra gli uomini.

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