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Colonialismo a tutto campo

Sui libri di testo di storia contemporanea che il ministro Berlinguer vorrebbe più studiati per meglio addottrinare nella difesa della democrazia, della nazione e dell’Occidente studenti che lamenta essere svagati e impreparati alla bisogna, s’intende per colonialismo un periodo storico già conchiuso che va dal (massimo) 1830 fino al (massimo) periodo degli anni ’60 del ‘900. Si narra su di essi che i vecchi stati colonialisti son tutti riverginati in bravissimi ragazzi, solidali quant’altri mai coi poveri colonizzati di un tempo, tant’è che un giorno sì e l’altro pure l’inondano di pacchi-dono, viveri, medicinali, viaggi di Wojtyla, etc., e che di colonialisti non ve n’è più, di sicuro non ve n’è in Occidente, e se qualcuno c’è rimasto nel mondo di così ostinato nel pretendere di dominare "gli altri", tipo Gheddafi che si vorrebbe annettere il Ciad, Cuba che ha mire egemoniche sugli USA, Saddam che vuol papparsi tutta la penisola arabica, l’Iran che prepara il terzo assedio dell’Islam a Vienna e all’Europa, beh, ci siam qui "noi" del G-7, "noi" della NATO, anti-colonialisti in servizio permanente effettivo, difensori indefettibili delle minoranze nazionali oppresse, che glielo facciam passare un brutto quarto d’ora, altro se glielo facciamo passare! Mai più colonialismo!

Nei nostri libri di testo, ben altrimenti fedeli alla realtà perchè rivoluzionari (potremmo rovesciare anche il detto di Gramsci: la rivoluzione è veritiera perchè non ha interesse a mistificare, a conservare l’esistente, ma a demolire e trasformare), si afferma -invece- che il colonialismo capitalistico non è affatto finito con le sconfitte subite per mano (armata, s’intende) del moto nazionale dei continenti "di colore". E non potrà finire fino a quando ci sarà una società divisa in classi ed una divisione internazionale del lavoro in cui il sottosviluppo di alcune aree è la condizione ineliminabile del supersviluppo di altre.

Il vecchio colonialismo capitalistico è sì provvisoriamente arretrato, ma è, nello stesso tempo, comparso in scena un "nuovo" colonialismo imperialista forte di aver affinato gli strumenti di dominazione e di manomissione dei paesi sottoposti, sostituendo a quelli tradizionali (la conquista militare e l’amministrazione diretta dei territori extra-metropolitani, anche in campo produttivo) divenuti anti-economici ed inefficaci, degli strumenti più efficienti fornitigli da una superiore produttività del lavoro e da un superiore attrezzaggio bellico. Su "Programma comunista", n. 6-7 del 1956 se ne parlò come del colonialismo finanziario e termonucleare. Un colonialismo, di cui sono campioni mondiali da mezzo secolo ormai gli USA, "telecomandato", perchè "controlla a distanza sia i capitali, manovrati negli uffici dei grandi pirati della finanza (...), sia le armi alle quali è affidata la protezione dei profitti".

Ebbene, le gesta in sommo grado anti-proletarie di questa "suprema" forma di colonialismo cui la "sinistra" occidentale, sia quella moderata che quella "antagonista" si è interamente prostituita, sono, se li si vuol vedere, sotto gli occhi di tutti, con il loro orrendo seguito di fame, di supersfruttamento, di morte, di regressione sociale, di devastazione culturale. Dall’Afghanistan allo Zaire, da Cuba alla ex-Jugoslavia, dall’Albania all’India, fino all’attacco sempre più duro, dentro le metropoli, agli immigrati del Terzo Mondo.

E’ un colonialismo scatenato a tutto campo -tanto più tale quanto più il sistema capitalistico non riesce a sortir fuori dalla sua crisi-, e che pare, specie per quel che riguarda gli USA, inanellare vittorie una dopo l’altra, e già pregusta d’appendere presto al chiodo gli scalpi agognati di suoi storici nemici "assai spompati" quali Castro e Milosevic. Ma è un colonialismo che sta facendo accumulare nelle masse dominate una carica di odio di classe sempre più difficilmente contenibile, e sta incontrando dovunque in esse, nonostante le dimissioni quasi totali da un’effettiva lotta all’imperialismo delle classi borghesi "di colore", una fiera resistenza.

A questa resistenza, ancora carica di illusioni se si vuole, ma tutt’altro che spompata -che non è altra cosa dalla nostra, e con la nostra può e deve congiungersi e fondersi- deve arrivare il sostegno militante e fraterno dei proletari e dei comunisti d’Occidente.

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