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Impariamo dall'esempio francese!

I camionisti francesi (i lavoratori salariati dell’autotrasporto, non i classici "padroncini") hanno gettato sul piatto le loro rivendicazioni, sono scesi in sciopero, hanno lottato duro, hanno vinto.

E’ un avvenimento al quale dedichiamo doverosamente, e con entusiasmo, questo nostro fondo d’apertura, perchè molti ed esemplari sono gli insegnamenti che esso ci trasmette.

Primo: non si tratta più di una singola e sporadica lotta da invocare, piuttosto tristemente, a testimonianza che "il proletariato non è morto", ma solo dell’ultimo atto (per ora) di un conflitto di classe che visibilmente torna ad esplodere proprio nel cuore di quelle metropoli imperialistiche che giuravano di esserne ormai immunizzate e che, con tutta certezza, sarà costretto a proseguire e radicalizzarsi. I camionisti di Francia -per limitarci a questo solo paese- non hanno fatto che prendere nelle proprie mani la staffetta loro consegnata dalle categorie già precedentemente scese in lotta, a cominciare dai ferrovieri, e, per intanto, accelerare il ritmo della corsa.

Secondo: la catena di agitazioni in corso, tutt'altro che limitata alla sola Francia, si riconnette sempre meno ad una serie di rivendicazioni immediate di singole categorie, ma si spiega con l’attacco sempre più virulento che il capitale è costretto a sferrare, sin nelle metropoli, contro il proletariato. Un attacco che ha di mira l’intero sistema del vecchio, e prossimo a defungere, "stato sociale" (e, quindi, del relativo "patto sociale" capitale-lavoro) e che chiama il proletariato a rispondervi. Le rivendicazioni dei camionisti hanno riguardato, per l’essenziale, proprio questo aspetto complessivo del conflitto e se anche non sono riuscite immediatamente a generalizzarsi hanno consegnato all’insieme del proletariato tale messaggio di fondo: in gioco siamo noi tutti, noi tutti dobbiamo insieme "giocare"!

Non è davvero un caso se attorno alla lotta dei camionisti si è spontaneamente stretta la solidarietà di tutta la "popolazione" (di tutti gli sfruttati!) e se questa solidarietà ha potuto trovare un’eco nei "colleghi" (nei fratelli di classe!) camionisti di altri paesi. Certo, non siamo alla generalizzazione, non siamo ai prodromi di una lotta cosciente e decisiva per il socialismo, tutt'altro, ma assistiamo di già ad una generalizzazione di sentimenti ed esigenze di classe, e crepi chi dice che è poco!

Terzo: i metodi impiegati dai camionisti per conseguire le proprie richieste sono quelli dell’azione diretta, dura, dello sciopero senza limiti di tempo e di spazio, del rifiuto delle cosiddette "compatibilità". Da buoni francesi si sono attenuti al vecchio detto "chi ha del ferro ha del pane". Ed è precisamente questa loro determinazione che li ha messi in grado non solo di vincere per sé, come categoria, ma di tessere quella catena di solidarietà che prelude alle future, inevitabili maggiori battaglie di tutta la classe.

Questo fatto rappresenta un esempio luminoso della strada da seguire dovunque nella lotta contro il capitale e proprio per noi, qui in Italia, suona particolarmente alto. Qui, dove la straordinaria forza di cui i metalmeccanici saprebbero dar testimonianza, rimane tuttora inchiodata ad atteggiamenti pietistici di richiesta della "giusta" (giusta perchè ci sono degli "accordi capestro sottoscritti dalle parti") elemosina, alla riduzione del movimento di classe a sgabello su cui sorreggere le mastodontiche natiche del governo "amico", alla richiesta che, in cambio di ciò, sia il governo "amico" ad intervenire "mediando". Una siffatta rinunzia alla propria autonomia di classe, ed ai propri metodi di lotta, avrebbe tutto da apprendere specchiandosi nell’esperienza francese. E lo farà, perché questa è la via oggettivamente destinata dal conflitto in corso, e di cui non siamo che ai primi antipastini freddi.

Lo farà contro non solo la vergognosa dismissione aperta delle bandiere di classe da parte delle vecchie direzioni "operaie" oggi convertitesi dal profondo al liberalismo, ma anche contro i collitorti che cianciando di un'"azione europea comune dei lavoratori", si sono dati appuntamento a suo tempo a Parigi per concertare con dei propri soci in affari un’azione comune... parlamentare, ma disertano l’appuntamento con la lotta del proletariato europeo quand’essa esplode e i compiti che ne derivano. Contro coloro che, in veste di avvocati d’ufficio dei lavoratori, patrocinano da sinistra -ovviamente!-, la causa del governo "amico", cui si offrono da amica stampella immobilizzando ed esorcizzando l’azione di classe. Il filo che la lotta di oggi sta tessendo inghiottirà e divorerà nella sua ragnatela finale tutti i parassiti che si accampano ancora sulla pelle del proletariato.

Noi stiamo concretamente con questa lotta, tessiamo in essa e per essa e questo numero del giornale, nel suo ampio ventaglio di interventi a scala internazionale, ne costituisce un’ulteriore riprova. Ed un ulteriore appello a chi ci legge a porre le proprie energie a servizio di essa: i confini della guerra di classe sono già irrevocabilmente segnati e del pari lo sono i protagonisti l’un contro l’altro armati ed i loro rispettivi obiettivi (conservazione/barbarie contro rivoluzione/socialismo); ciò che tuttora manca, è mancato anche in Francia, ma più che mai è evocato come necessità dal cuore delle stesse lotte immediate attuali, è una coscienza, un programma, un’organizzazione comuniste. Di ciò è ben ora di farsi carico!

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