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Colonialismo a tutto campo

LO SQUALLIDO VERTICE FAO

Di fronte alla tragedia di decine di milioni di morti per malnutrizione e sotto-alimentazione, il capitalismo come sistema internazionale di rapporti sociali, celebra la sua impotenza e si domanda come spegnere la fame di ribellione contro l'Occidente che da ogni angolo del Sud del mondo si sprigiona.

Tra il 13 e il 17 novembre si è tenuta a Roma la Conferenza internazionale sulla fame nel mondo. Il "risultato" raggiunto? Un "solenne" impegno a ridurre da 800 a quattrocento milioni i morti per fame nei prossimi vent’anni. Complimenti!! Non c’è che dire. Sfarzi, bandiere, servizio d’ordine di diecimila poliziotti, capi di stati e il solito apparato di propaganda dei mezzi di "informazione" a fare da cassandra a questo lerciume impaurito da una catastrofica crisi economica. Una passerella attraversata da una preoccupazione che si tagliava a fette nel lussuoso cerimoniale: come affrontare la fame di ribellione che emerge da tutto il Sud del mondo e che affascia centinaia di milioni di esseri umani, sempre meno disposti a lasciarsi morire d’inedia e che sempre più si attivizzano in mille modi per combattere l’affamamento.

"Un fantasma si aggira per il palazzo della Fao. E’ quello dei profughi dell’Africa." Cosi l’Unità introduceva l’articolo di commento alla conferenza della Fao. I signori sì che se ne intendono, memori come sono del sussulto avvenuto in quattro continenti nell’estate del '90, quando un miliardo di persone esultò per il gesto difensivo di sfida di Saddam Hussein con l’annessione del Kuwait contro l’Occidente. E chi poteva introdurre la conferenza se non il simbolo dell’"oppio dei popoli", il papa?

Non staremo qui a ripetere cifre e dati per annegare in essi quello che dal sud del mondo emerge: la necessità della lotta organizzata del proletariato delle metropoli imperialiste per spezzare finalmente e definitivamente l’assedio del capitalismo metropolitano ai miliardi di esseri umani dei continenti di colore e alle loro risorse. Perchè il proletariato? Per la ovvia ragione che non potranno certo essere i rapinatori imperialisti a porre rimedio ai disastri provocati dai loro espropri.

Proprio negli stessi giorni in cui si svolgeva la sceneggiata dell’Aventino, i mezzi di propaganda mettevano l’accento sul milione di profughi al confine dello Zaire. Ed ecco scatenarsi la gara a chi ha più "pietà" per questi poveri affamati messi in fuga dai (sic!) signori della guerra Tutzi e Hutu. Titoloni sulla fame che si sprecano: "ogni otto secondi un bambino muore senza cibo", "Onu sotto accusa al vertica Fao", "Zaire abbandonato" titola l’Unità. "Genocidio e indifferenza" commenta quel campione di sciovinismo occidentalista che è la Emma Bonino dalle colonne de l’Unità. Proprio lo Zaire ci fornisce un esempio limpido di come il Dio Mercato intende il rapporto nord-sud del mondo. E' il primo paese al mondo per la produzione diamantifera (oltre il 25% di quella mondiale). Al tempo stesso, è uno dei più poveri al mondo, con una percentuale altissima di morti per fame. E di esempi di questa natura se ne potrebbero fare a iosa, ma ci limitiamo a citarne solo uno ancora riportato da Il Corriere della Sera del 28/9/95 all’indomani di una delle tantissime catastrofi "naturali", nella quale morirono 75 minatori ed il foglio storico della borghesia italiana in un trafiletto così si esprimeva: "Il Bihar è uno degli Stati più poveri dell’Unione indiana, ma anche uno dei più ricchi di risorse naturali". Meditate genti, meditate! Ma come? uno dei paesi più ricchi di risorse naturali è nello stesso tempo uno fra i più poveri di un’intero continente alla fame? E come mai?, perché?, quale miracolo straordinario della natura benedetta da Dio capitale può arrivare a tanto? Per l’appunto: solo Dio Capitale, le sue leggi, i suoi meccanismi di rapina sui paesi dominati, la sua rincorsa all’accumulazione ed allo sfruttamento possono spiegare simili contraddizioni. Ma, naturalmente, in tanto ed attorno consesso mondiale, non s'è sentita una sola parola contro il capitalismo. Solo il vecchio Fidel ha tuonato: "Sono il capitalismo, il neoliberismo, le regole selvagge dell’economia di mercato, il debito estero e i rapporti di scambio tra Nord e Sud gli elementi che uccidono tanta gente". (Non le regole "selvagge" caro Fidel, ma le "regole" dell’economia di mercato.) Ma, ad attenuare il rimbombo del tuono, ci hanno pensato i suoi ottimi amici de il manifesto e degli altri giornali della "sinistra" che lo hanno accolto con una sorta di malcelato sarcasmo, dall'alto del loro scanno di custodi dei valori democratici dell'Occidente.

Noi - al contrario - che non ci siamo mai appiattiti sulla pur legittima e straordinaria rivoluzione antimperialista cubana, leggiamo nelle parole di Fidel Castro un lancinante grido di dolore per la fame e la miseria nel Sud del mondo ed al tempo stesso il senso di impotenza di una rivoluzione (di tutte le "rivoluzioni nazionali") costrette a difendersi sempre più nel chiuso di un asfissiante ambito nazionale di fronte alla tracotanza del sistema capitalistico da un lato e al colpevole silenzio del proletariato metropolitano dall’altro.

A partire dalla teatralità della tre giorni alla Fao di Roma, vorremmo invitare quanti provano un moto di ribellione davanti alle condizioni di vita inumane che l'Occidente impone alle masse di colore, ad una riflessione più generale sul modello sociale del capitalismo e sulle sue leggi oggettive, ancor prima che sulla cattiveria di questo o quell’individuo capitalista o uomo di stato da impiccare (e ce ne sono a centinaia di migliaia). Può un sistema anarchico per sua natura, che obbedisce ad una sola legge, quella del profitto, trovare una soluzione programmata contro la fame che esso stesso produce? Non si tratta di democratizzare questa o quella istituzione capitalista: Onu, Fao, Unicef e quant’altre ancora, perché esse sono realmente democratiche, in quanto espressione dei democratici rapporti di produzione capitalistici su scala internazionale, e dunque impotenti per una azione programmata che affronti alla radice il problema. Non possiamo immaginare un sistema capitalistico a nostro uso e consumo: il capitalismo è questo. Niente da fare dunque? Rassegnarsi all’affamamento di centinaia di milioni di esseri umani che, moltiplicati per gli anni, ci danno la misura di una ecatombe senza precedenti nella storia dell’umanità? Tutt’altro. C’è una soluzione ed è l’unica, e molti non la vedono perché non la vogliono vedere, ma che sempre più si imporrà come la sola praticabile. E’ la soluzione del proletariato, attuata attraverso la sua rivoluzione, la sua dittatura mondiale ferreamente centralizzata, che può affrontare in maniera programmatica il problema e porvi rimedio con l’approccio sempre più attuale di Marx: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le sue necessità. Questo vale per i singoli individui, e a maggior ragione deve valere fra le diverse aree geografiche del pianeta. Bisogna infrangere e distruggere lo scambio mercantile, foss’anche il più "eguale", e le sue leggi. Quale diritto eguale? quale scambio equo? questi sì che sono armamentari che hanno fatto ormai il loro tempo. Lo sviluppo dei rapporti di produzione ha raggiunto il suo stadio massimo, da qui in avanti può solo provocare ulteriori disastri, e dunque barbarie. L’alternativa ad esso c'è, ed è il Comunismo. Non quello declamato nei salotti - dai signorini de il manifesto, rifondatori e quanti altri - ma quello che comincia a riemergere materialmente come bisogno reale di liberazione degli sfruttati dalle lotte contro le compatibilità nelle metropoli imperialiste, dagli Usa alla Germania, dalla Francia al Belgio all’Italietta nostra. Qui da noi il compito di dare voce a quello sterminato esercito delle masse oppresse del sud del mondo che chiede non elemosine, ma lotta contro il sistema capitalistico nel suo cuore: nelle metropoli. Lotta organizzata e centralizzata attorno a un programma politico, che sappia qui colpire il boia affamatore. Ci sono interessantissimi segnali che giungono da ogni parte della terra e che vanno nella direzione di una ricomposizione internazionale del polo del Proletariato, basta volerli leggere, basta volerli vedere. Non lacrime di coccodrillo per gli affamati dunque, ma odio mortale per gli affamatori. Al lavoro compagni! alla milizia!

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