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Situazione politica italiana

PROGETTO DI TESI ALTERNATIVE PER LA SINISTRA-PRC

Suggeriamo a Ferrando ed amici delle brevi "tesi" per il Congresso di Rifondazione su cui potremmo essere d’accordo.

  1. Il PRC, nato come costola sinistra del vecchio PCI, ha ereditato da esso tutta la sua inveterata tradizione riformista, ripescandola al punto più basso cui essa è coerentemente giunta a precipizio più che in discesa da slalom. Nel mentre si afferma, ciò che è vero, che "si sono chiusi gli spazi del riformismo" (cui l’opportunismo aveva spalancato le porte), e ciò nel quadro internazionale della fase senile e putrescente del capitalismo internazionale, il PRC teorizza e pratica il più bieco dei riformismi parolai: un capitalismo democratico e welfarista -da cui neppur ci si sogna di "fuoriuscire"-, politica di alleanze tra forze economico-sociali borghesi e proletariato per oliare "democraticamente" la macchina del capitale, parlamentarismo come alfa ed omega dell’azione "riformatrice", e il tutto, beninteso, entro il più rigoroso quadro nazionale: i confini e l’ideale del proletariato italiano debbono essere quelli della Patria (si spererebbe autarchica, e proprio mentre si parla di "globalizzazione" del sistema).
  2. La presa di distanze di Rifondazione dalle esperienze del "socialismo reale" non ha niente a che fare con la demolizione marxista della politica distruttiva messa in campo dallo stalinismo; di quest’ultimo si abbandonano bensì i residui demagogici quanto a socialismo, proletariato, rivoluzione ed internazionalismo, ma per ritornare a teorie e pratiche sottoriformiste che un Turati avrebbe vergogna a sottoscrivere. Sotto il muro crollato Rifondazione vorrebbe, in sostanza, seppellire fin le ultime vestigie (per quanto solo verbali) del marxismo rivoluzionario.
  3. L’appoggio al governo Prodi è del tutto conseguente a questa linea organica di teoria ed azione antimarxista. Ogni contestazione ad esso in nome di un "ritorno alle origini" -perfettamente in linea con le conclusioni operative attuali- equivarrebbe alla richiesta rivolta al granchio di camminare in avanti "secondo natura".
  4. I compagni di ascendenza "trotzkista" o, comunque, con riferimenti (verbali) rivoluzionari marxisti che sono entrati in Rifondazione per ripetere l’ennesimo tentativo entrista, già tentato a suo tempo col partito di Saragat (Maitan ne è testimone!), di trasformare la cenere in oro, riconoscono di esser stati dei cattivi alchimisti e sono decisi a smetterla con simili pratiche una volta per tutte.
  5. Il riconoscimento che realmente un numero non indifferente di buoni compagni aderiva al PRC nella volontà di condurre una propria organizzata battaglia di classe comportava giustamente un massimo di attenzione nei loro confronti. Per il marxismo ciò significa insieme un’attenta politica fronteunitaria e una ferrea delimitazione teorica, politica ed organizzativa da partito al di fuori e contro il baraccone di Rifondazione, proprio in quanto base e precondizione di questa stessa politica fronteunitaria.
  6. Non averlo fatto viene considerato come un esiziale errore dipendente dalla sfiducia nella possibilità e capacità del proletariato di uscire dalle secche di quel riformismo privo di margini di cui s’è detto, per cui ci si è dati allo sforzo di riformare il riformismo, accettandone tutte le implicazioni (a cominciare dal più crasso parlamentarismo), nella stolida speranza che ne uscisse fuori una nuova creatura rivoluzionaria. Ne facciamo mea culpa e promettiamo di non peccare più.
  7. Non contestiamo perciò il diritto del partito di prenderci a pesci in faccia o calci in culo in quanto "maniera antidemocratica di agire", ma gli riconosciamo il pieno diritto di andare per la sua strada e arroghiamo a noi il diritto di andare per la nostra, senza tema di "separarci dalle masse" che sappiamo separate invece dal socialismo e ricongiungibili ad esso a patto di fare il nostro dovere.
  8. Il nostro soggetto è altro e sta altrove rispetto a quello di Rifondazione: non è il "popolo di sinistra" in cui si mescolano democorporativisticamente ceti, classi e categorie diverse ed antagoniste, ma è il proletariato internazionale che ovunque nel mondo sta scendendo in campo nelle piazze (nell’impossibilità di occupare i parlamenti) e lancia ai marxisti il messaggio della necessità di un proprio partito. La rivoluzione ha ampi e crescenti margini dinanzi a sè.
  9. Iraq, Jugoslavia, Somalia, Zaire... Dappertutto il capitale, attraverso i suoi organi di oppressione, va a colpire le masse sfruttate per ribadire il dominio su di esse. I "nostri" governi, "amici" o nemici, hanno fatto esemplarmente la loro parte in quest’operazione assassina. Noi stiamo dall’altra parte, dalla parte delle masse brutalizzate dall’imperialismo (complice anche Rifondazione), in nome dell’organizzazione internazionale di classe che butterà a mare l’invasione capitalista che soffoca il globo.
  10. Il programma rivoluzionario del proletariato, in quanto rappresenta una soluzione globale dei problemi dell’umanità, parla all’insieme della società, non assemblando spezzoni spaiati ed "indipendenti" di singole "private" esigenze, ma unificando tutte le spinte di opposizione agli effetti devastanti del capitalismo al proprio monolitico e granitico insieme. Il combattimento è tra socialismo e capitalismo, tra socialismo e barbarie, non tra un’infinità contrattualistica di "soggetti" ed una pari infinità di controparti. In questa battaglia unitaria c’è posto per tutti coloro che si vedono schiacciati dal sistema attuale e intendano lottare per liberarsene. Il futuro è nostro, di noi comunisti, per quanto in pochi ci troviamo oggi a contarci e per esso, su di esso sin d’ora noi ci organizziamo disdegnando di nascondere i nostri scopi.

Per questo non occorre che sia la ramazza di Bertinotti a toglierci di mezzo. Ne siamo e vogliamo esserci fuori da soli.

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