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LAVORARE A UNIRE IL PROLETARIATO

Il processo di globalizzazione dei mercati non conosce soste. Le frontiere geografiche e politiche crollano come tanti birilli sotto l’onda d’urto dei capitali a caccia di profitto. Nessuna politica di protezione nazionale e sociale riesce a resistere. Nessuna nazione, nessun territorio riesce a sottrarvisi.

Le fanfare borghesi l’annunciano come una nuova era di progresso. La maggioranza della "sinistra" si adegua, contando, al massimo, di contenerne gli effetti più dirompenti. L’altra parte, vedendo crollare gli assetti sociali e politici su cui aveva costruito la sua strategia di correzione del capitalismo, propone una resistenza al "nuovo" che avanza basata sull’utopica riedizione del "patto sociale" che fu.

Nessuna nuova era di progresso si apre. Siamo, invece, all’approfondirsi della crisi generale dell’intero sistema capitalista. La fame di profitti che essa produce divora quel poco di grasso che il proletariato ha accumulato nell’era del "benessere crescente", e non si fermerà neanche all’osso.

Questo rullo compressore, assieme ai mercati, globalizza anche il proletariato. Unifica (fino a un certo punto) le sue condizioni materiali, avvicinando il proletariato delle metropoli e le masse supersfruttate del Terzo Mondo. Il capitale stesso crea, così, alla scala più ampia, le condizioni oggettive per l’unione mondiale della classe che è destinata ad affossarne il sistema.

Lo fa, però, cercando al contempo di trascinarlo nella concorrenza più scatenata. Per sottometterne ogni sezione, ogni pezzo, ogni singolo a uno sfruttamento maggiore, li induce a lottare l’un contro l’altro, in una spirale infame di scontro, di guerra tra fratelli di una stessa classe. Ed in pochi luoghi come nell’Italia di oggi, in cui si profila minacciosa finanche una secessione nelle file del proletariato, una tale offensiva è andata tanto avanti.

Questa spirale potrà essere spezzata, la tendenza alla frammentazione e allo scontro potrà essere invertita, solo se la classe operaia saprà ridestarsi dal suo attuale torpore e tornare alla lotta vera, liberandosi dai pregiudizi aziendalisti, localisti, nazionalisti, ed anzitutto dal pregiudizio che il capitalismo sia l’unico dei mondi possibili. Solo se si affermerà in essa un programma e una politica comunisti volti coscientemente a rilanciare l’autonomia e l’unità della classe.

Per riconquistare un tale programma e una tale politica, necessita la forza, compatta nella teoria e nell’azione, dell’organizzazione di partito. Quella a cui tutto il nostro lavoro è finalizzato; e a cui chiamiamo i militanti proletari che sentono di dover reagire al corso disastroso della politica borghese e riformista.

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