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PARLA UN RAPPRESENTANTE DEGLI  IMMIGRATI ALBANESI

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Rifondazione: oggi ni, domani sì, senz’altro!
Pubblichiamo ampi stralci (non rivisti dall’autore) dell’intervento di un rappresentante della Associazione Illiria ad un pubblico dibattito sulla situazione albanese organizzato dalla nostra sezione di Roma lo scorso 4 di aprile.

Come i lettori vedranno, chi interviene non è un simpatizzante dell’OCI, o del comunismo. Al contrario, è un ex-votante di Berisha pentito, uno dei tantissimi albanesi, jugoslavi, polacchi, etc. che nel dopo-’89 hanno visto nell’ancoraggio all’Europa (e all’ideologia occidentale) la storica possibilità di un balzo in avanti delle loro condizioni di vita. E’ proprio questo che rende il suo dire ancor più significativo, perché dà modo di comprendere come l’incalzare degli avvenimenti abbia già imposto i primi importantissimi bilanci non solo della recente "democrazia", ma anche della sostanza predatoria della "solidarietà" e dell’"umanitari-smo" made in Europe e in Italy.

Risultano nello stesso tempo evidenti i limiti di questa presa d’atto, ancora lontana, e non di un’inezia, dall’aver afferrato come e dove sono dislocate le diverse classi, i diversi partiti italiani ed europei (vedi l’accenno a Fini), in cosa consista realmente la democrazia, e la reale natura di quella "comunità internazionale" dalla quale ci si attenderebbe un qualche intervento favorevole alle masse dei paesi dominati, che essa, però, non si sa perché, non riesce mai a fare. E soprattutto si è ancora molto lontani dal saper identificare la sola via di salvezza internazionalista e comunista dalla tragedia presente.

Comunque sia -ed è un’acquisizione di enorme portata- si è costretti a guardare avanti, e -giustamente- questo significa abbandonare per sempre il "chiuso quadro" albanese del passato per confrontarsi in modo sempre più serrato con il "mondo intero", poiché si intuisce che è lì che si decidono anche le sorti dell’Albania, delle masse albanesi. E, ci sia permesso di rilevarlo, non è privo di valore né casuale che, all’interno di questo vasto "mondo", piccoli gruppi di immigrati albanesi abbiano già saputo incocciare nell’OCI a Roma, a Torino, in Toscana..., identificandola, per la sua azione politica, come una forza e una presenza sinceramente "amica". E’ un buon inizio di un percorso molto impegnativo. Faremo del nostro meglio per esserne all’altezza.

 

Mi chiamo Vladimir Costuri, sono il presidente dell’Associazione degli immigrati albanesi Illiria fondata quattro cinque mesi fa ad ottobre.

Prima di tutto vi ringrazio dell’attenzione che dedicate agli eventi dell’Albania. Vi dico sinceramente che non sono venuto qui partendo dalle mie idee politiche, ma partendo dai miei sentimenti. Sarei, praticamente, pronto di andare dovunque dove si parla in difesa degli interessi della popolazione albanese in rivolta. Questo lo dico perché la nostra associazione non ha messo come criterio le identità politiche, ma l’identità dell’Associazione è quella di difendere gli interessi dell’immigrato, anche se, in qualche modo, trova molti punti di intreccio con le vostre idee e con i programmi, pure, di altre associazioni e di altri movimenti.

Noi siamo la fascia più debole della gente nella realtà italiana. Soprattutto l’immigrato albanese che si trova di fronte a un attacco sia psicologico, che, oggi, fisico. Questo attacco continua dal momento che abbiamo messo il piede in Italia. Anche se io sono entrato in Italia prima, è dal ’91 che sentiamo dire soltanto parole come se tutti gli albanesi fossero criminali. Un attacco televisivo e un attacco della stampa che veramente ci dispiace tanto, che venga rovesciata la vera realtà, il fatto che questa parte di criminali sia in minoranza mentre la stramaggioranza degli albanesi lavora nei lavori produttivi e viene sfruttata e lavora a due lire. (...)

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Passato e presente

Noi albanesi siamo usciti da una vita di cinquant’anni a dire la verità totalitaria. Abbiamo vissuto una realtà priva di libertà, in quel senso in cui viene interpretata dall’Occidente, soprattutto la mancanza del voto libero, però (...) bisogna pure riconoscere il grande contributo che ha dato quel sistema che alla fine qualcosa ha creato, malgrado tutti i lati negativi. Io l’ho detto anche -queste sono cose che magari la storia alla fine firmerà da sola-, che quel sistema ha dato istruzione a tutti gli albanesi, non lo dobbiamo scordare. In Albania le scuole hanno raggiunto le montagne, le scuole superiori, non le scuole medie. Il livello dei laureati e degli universitari è molto alto in Albania, o meglio era molto alto, perchè in questi cinque anni è ricominciato di nuovo l’analfabetismo. Nelle montagne albanesi prima si andava a scuola, c’era magari la povertà, però anche un pò di felicità. Ora solo la povertà è rimasta, non è che l’hanno eliminata. Oltre a questo hanno tolto tutti i lati positivi, tutte le forme di assistenza. Hanno eliminato l’insegnamento, hanno chiuso le scuole, hanno chiuso gli ospedali, hanno distrutto tutto, in questi cinque o sei anni (...).

Voi non potete immaginare, -io non è che ho vissuto negli ’40-’45 perché sono più giovane, comunque è quello che dicono i nostri genitori- negli anni ’45, dopo la guerra, l’Albania era di un analfabetismo totale, non esistevano le case, la popolazione contadina viveva insieme con gli animali, non c’erano le strade, non c’era la luce fino agli anni ’70 nel 70% del paese. E quindi, se calcoliamo i progressi -o chiamiamoli come vogliamo- ci sono stati (...).

Guardando la realtà, nella vita nel nostro sistema e la vita in Italia -io insegno in Italia- per esperienza diretta non vedo molta differenza per quanto riguarda anche il benessere rispetto a quello che avevo prima quando insegnavo all’università di Tirana. Nei calcoli economici non c’è molta differenza. (...) Quindi, possiamo dire che se l’Albania fosse stata capitalistica dal dopoguerra, secondo me, sarebbe rimasta ferma, invece quei piccoli progressi li ha fatti grazie ad una politica che era dittatura, non lo si può negare, era agli estremi come dittatura, però, alla fine, ha fatto qualcosa per l’uomo, questo non lo si può negare.

Invece, dopo questi cinque anni di Berisha che abbiamo visto... Io, il 22 marzo, quando ha vinto Berisha, ho votato per lui, dico la verità, perché ci sentivamo molto stanchi, e volevamo respirare. Ho votato la democrazia, non pensavo di votare Berisha. Però il 23 marzo, quando ho visto i risultati elettorali, sono andato subito all’opposizione (...).

In questi anni Berisha e i suoi hanno distrutto le scuole, la sanità, la previdenza, tutti quei pochi diritti che la dittatura garantiva. Hanno distrutto tutto, ed oltre a questo hanno creato quella vita che si sa. All’inizio hanno fatto le privatizzazioni, a due lire, di tutto il patrimonio dello stato albanese creato per 45-50 anni. Lo facevano tramite l’emissione dei titoli di stato e li svalutavano praticamente da mille lire che costavano nel giorno di emissione, subito a cento lire. Questo è il mercato. Le aziende le hanno privatizzate al 10% del valore che avevano nella realtà. Valevano un milione, in realtà si compravano a centomila lire. Quindi tutto quello che la gente con molta fatica aveva creato in 45 anni se ne sono impossessati subito in poco tempo questi nuovi capitalisti, che purtroppo sono gli ex comunisti, la maggior parte, gli ex comunisti ma tra quelli che erano più carrieristi. Poi, tutto questo è stato seguìto dai giochi dei mercati finanziari, del cambio lira-lek (il lek è la nostra moneta). Prima si utilizzava molto il dollaro per svalutare il lek. La popolazione albanese aveva risparmiato lek per 40 anni; nel momento in cui hanno svalutato tutto questo, se la sono presi con la valuta, che è stata svalutata.

Siamo mezzo milione gli albanesi che lavoriamo all’estero. Un albanese su sei si trova all’estero, lavora e porta i risparmi in Albania. Dobbiamo ricordare che anche i risparmi andati nelle finanziarie noi riteniamo che per la maggior parte (circa il 70%) sono i soldi degli immigrati fatti con lavori sfruttati in un modo incredibile. Questo è un dato di fatto. Se si fanno i calcoli, viene la cifra di duemila miliardi. Non si dice mai questo, non è possibile dirlo. La mafia è entrata a utilizzare questi soldi, però alla base ci sono i soldi degli immigrati.

Quindi siamo stati in questi cinque-sei anni soggetti ad un attacco incredibile dagli usurpatori della democrazia. Noi non stiamo vedendo la democrazia, la democrazia è, praticamente, rovinare l’Albania, ma non è così la vera democrazia. La dittatura, chiamiamola dittatura, l’ha costruita l’Albania, gli ha dato un nome all’Albania, ha costruito uno stato. Invece la democrazia l’ha distrutta. Trovano la scusa che è ancora presto, che devono passare gli anni, che questo è un periodo di transizione. Ma poi danno via libera alle attività dei mafiosi di rubare in un modo sfacciato.

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La mano dell’Italia

Veramente, io personalmente ma anche tanti altri della nostra associazione, siamo convinti che la mano feroce, avversaria, omicidiale (chiamiamola così) dell’Italia in questi eventi albanesi è sicura. Noi abbiamo molte segnalazioni di albanesi che ci dicono, che ci telefonano dall’Albania, che hanno dato in prestito soldi ad italiani, che poi sono andati via. Alla fine accusano noi, questo hanno fatto in Albania. L’ho detto anche in una intervista: sarebbe molto bello fare un elenco di tutti gli investitori che sono andati in Albania, prendere nome per nome, i 2.500 investitori. Chi sono questi? Io non credo che sono semplicemente imprenditori che sono falliti nelle loro attività in Italia; sicuramente molti di loro sono sotto accusa dalla giustizia e dalla magistratura italiana. Di questo sono convinto. In Albania ci sono andati i mafiosi italiani e si sono presentati come investitori. Hanno fatto il compromesso con il governo di Berisha e quindi hanno installato un potere mafioso in Albania con il partito di Berisha. E’ impossibile negare questo, perchè si vede oggi che i ministri responsabili della tragedia albanese vengono ospitati da questi imprenditori italiani. E come fai, allora, a dire che questo non è vero? (...)

Abbiamo fatto di tutto per dire la nostra opinione in Italia nei mezzi di informazione, ma è impossibile. Siamo andati alla Rai ecc., ma c’è una censura forte. Noi non possiamo parlare. Questa è la voce di tutti gli albanesi, non è la mia voce. Non abbiamo messo nessuna condizione ideologica per gli immigrati, solo la difesa. La difesa di quelli che stanno chiamando assassini. Le vittime degli assassini veri, stanno prendendo il nome di essere loro i delinquenti, di essere loro gli assassini: è una cosa veramente tragica. Questa realtà non può passare facilmente. Diversi leader dell’opposizione si lamentano dell’Italia. Dicono: è l’Italia che crea problemi, l’Europa sì, però peggio l’Italia. Che è intervenuta, anche se dicono che non è intervenuta, in un modo spaventoso e ha messo tutta la popolazione sotto. Vi rendete conto? E’ una cosa gravissima. Peraltro, questo la popolazione lo ha capito. La maggior parte della popolazione lo sa bene quali sono le vere intenzioni dell’Italia: di stabilire l’ordine dell’anarchia, l’ordine mafioso creato in questi anni, e non di migliorare le condizioni democratiche della vita albanese.

La tragedia del canale di Otranto noi l’abbiamo subita. E’ stato un colpo molto forte per noi. Vi dico la sincera verità: da quel momento fino ad oggi non ci va di far niente, ci sentiamo distrutti. Sicuramente diamo la colpa in un modo assoluto al governo italiano. Una nave di militari con una barca di poveracci. Praticamente, non ci vuole nessuna analisi. E’ inutile fare analisi della dinamica dell’incidente, era qui, si trovava di là (...). Le dimensioni delle due navi già dicono di chi è la colpa. E’ inutile fare indagini, o non indagini! Noi a questo come albanesi, ci opponiamo fortemente. Anche nel futuro su questa inchiesta scenderemo in piazza, magari quando ci saranno le indagini in corso. Su questo siamo decisi a fare l’impossibile, a non cedere. E’ l’unica cosa. Perché la popolazione albanese ha accettato ogni tipo di sfruttamento, ogni tipo di violenza dagli stranieri, ma non fino a questo punto, non l’attacco fisico.

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La falsa solidarietà

In molti punti la penso come voi. Comunque, gli aiuti che mandano, hanno solo il nome di aiuto. E’ una cosa molto tragica secondo me; è molto negativo che la bandiera della solidarietà la prenda in mano chi sfrutta l’operaio. Se si fanno i conti, ne parliamo sempre tra di noi -io sono fisico di professione- alla fine i calcoli dell’operazione Pellicano, secondo noi, ammontava a 100 miliardi. Tutto quanto invece hanno perso gli albanesi nelle finanziarie è duemila miliardi! Oltre a questo, ho nominato tante cose, le società marittime fanno i prezzi da monopolio; i soldi li paghiamo noi, ed erano pieni i traghetti italiani sia all’andata che al ritorno. Poi, al mercato albanese, oltre il 50% è merce italiana; in molti casi è merce scaduta, avvelenata -per dire meglio-, perchè una merce scaduta, se è diventata acqua per dire, non ha i valori nutritivi, le qualità chimiche, fisiche, organiche, e questa può pure passare. Ma tanti sono rimasti avvelenati dalle medicine italiane quando arrivavano negli anni ’91-’92. Molti hanno perso la vita. Nessuno ha detto niente. Non si sa!

Dicevo: in Albania, oltre il 50% della merce è italiana. Ha prezzi molto alti, e spesso è scaduta, non vendibile nei mercati italiani. Se poi torniamo agli investitori, vediamo che danno 3.000-4.000 lire al giorno all’operaio albanese. Il costo della vita lì, dicono che è basso. Dicono basso perché vedono che l’albanese può vivere in povertà. Partono da questo presupposto: l’albanese può vivere senza la macchina, senza la casa, quindi costa poco. Ma se parliamo dei prezzi, e il costo della vita si misura con i prezzi, non con le esigenze che abbiamo (le esigenze tutti le possiamo avere come diritti), i prezzi al mercato albanese sono sul 50-70% dei prezzi di Roma. Sono i prezzi di qua. Quando andiamo in vacanza, spendiamo più soldi lì che qui. Quindi calcolate un pò 4.000 lire al giorno: cosa possono comprare questi? Poi, fabbricano le scarpe e le vendono a 50.000 lire al paio al mercato albanese, scarpe che qui costano 20.000 lire. Portano i macchinari fuori servizio, questo è l’aiuto a conti fatti, e questo lo sanno tutti.

Hanno distrutto l’agricoltura portando un concime, -durante la campagna elettorale non si sentiva parlare di altro tra i contadini, soltanto di questo: "ci portate il concime buono o no?"-. Lo pagavano caro e bruciava la pianta. Ecco l’aiuto di quel concime che veniva dall’America.

Io vi dico la verità: non rimpiango il passato. In Albania magari gli altri lì lo rimpiangono adesso perchè si vede la realtà quale è. Però bisogna fare qualcosa, non magari per tornare al passato, per ritornare alla dittatura, però per proporre delle alternative in difesa di chi lavora, di chi produce, di chi contribuisce per il vero sviluppo, non per chi fa la propaganda di portare sviluppo.

Io sono veramente contento. Sono fiero, diciamo, che esistono anche in Italia persone come voi che siete umani. Realmente, magari facesse Fini una conferenza come voi; andrei anche lì a discutere con loro, andrei....! Ci hanno buttato a mare, possono dire ciò che vogliono, ma ci hanno buttato a mare: questa è una piaga nella storia, non dell’Italia perché non gliene frega niente, ma in Albania sarà una piaga storica che si racconterà per anni e anni. (...)

Parole grandi come amore, solidarietà, etc. sono diventate parole dispregiative ormai, non hanno più nessun valore perché le sta usando chi non è per la vera solidarietà. La solidarietà esiste soltanto tra chi conosce la vita, tra chi soffre nella vita, soffre nel senso che combatte per un ideale e noi vogliamo essere da questa parte.

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Rifondazione: oggi ni, domani sì, senz’altro!

Rileggiamo insieme (da Liberazione del 3.4) il passaggio centrale dell’intervento alla Camera con cui Bertinotti ha motivato il no di Rifondazione alla missione Alba. Rivolgendosi ai soci dell’Ulivo, dice:

"Vi chiediamo di rinunciare alla missione militare in primo luogo perché, dopo quella tragedia (l’affondamento dell’imbarcazione albanese nel canale di Otranto -n.), in Albania non esistono le condizioni ambientali tali da consentire che sia fruttuosa". Nessuna obiezione di principio, perciò, alle missioni militari del capitalismo imperialista nostrano, finalizzate da sempre a dare appunto... frutti (sottratti a chi?) al suddetto capitale, a coronare o presidiare il "nostro" s-frutta-mento dei paesi terzi sottoposti. Esclusivamente una obiezione tattica, di convenienza: non è questo il momento più adatto per andare con il viso delle armi ad intascare quei proventi di rapina cui, beninteso, anche il segretario del PRC tiene (sapendo quanto sono preziosi per conservare qualche margine ancora alla pace sociale e allo "stato sociale" in casa "nostra"). C’è il rischio, caro Prodi, che ce ne dobbiam tornare a mani vuote. E mai non sia. Meglio andarci domani, dopo avere predisposto "condizioni ambientali" più propizie al buon esito, e della rapina, e dell’occupazione militare.

Ma sentiamolo di nuovo in diretta: "Non facciamo oggi una missione militare che avrebbe il segno di una prevaricazione" dei "sentimenti" di rancore e di rabbia degli albanesi per i morti di Otranto. "Prima si operi una reale pacificazione, con l’individuazione delle responsabilità politiche e di quelle effettive" (bassissima demagogia parlare di cose simili nel paese di Piazza Fontana e di Ustica! Crediamo piuttosto che anche l’on. Bertinotti si riferisca, senza dirlo, a quel soldino d’elemosina volto a tacitare le famiglie dei periti cui altri personaggi hanno apertamente accennato), "poi, si eserciti l’intervento"... militare! "Ora sarebbe sbagliato". Vi sarebbero "rischi incomprensibili" per i "nostri soldati" e per i nostri interessi. "Oggi (è questa la parola-chiave di questo discorso interventista -n.) non è davvero il momento di mostrare il coraggio dell’intrapresa. Oggi è il momento della saggezza". Domani, però, quando la necessità di intraprese militari imperialiste sarà più cogente e (si spera, da illusi o da buffoni di corte) il loro svolgimento sarà più sicuro, Bertinotti e lo stato maggiore (di complemento) del PRC ci saranno, altro se ci saranno!, accanto ai Marini, ai D’Alema, ai Berlusconi, ai Fini...

Compagni di Rifondazione, non aspettate l’arrivo della cartolina-precetto per intenderlo. E se davvero rifiutate l’oppressione e lo sfruttamento di altri proletari e altri "popoli", che è l’altra faccia dell’oppressione e dello sfruttamento che i "nostri" padroni ci fanno gravare addosso, traetene tutte le conseguenze.

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