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Storia della Sinistra Comunista Vol. IV

La Sinistra Comunista e il Comitato d'Intesa

Croazia, Operazione Tempesta. di Giacomo Scotti

 


STORIA DELLA SINISTRA COMUNISTA.
Vol. IV. Luglio 1921-maggio 1922.
Milano, "Programma Comunista", 1997.

 

Proseguendo "faticosamente" il lavoro di storia della Sinistra Comunista ("italiana") cominciato nel lontano ’64, questo volume viene a coprire un arco cruciale di tempo nelle vicende del movimento comunista internazionale, quello in cui, dopo l’apice del 2° Congresso dell’I.C. e del corrispondente apice delle lotte rivoluzionarie del proletariato in tutta Europa (e nel mondo: si pensi solo a Baku!), nella stessa Internazionale cominciano a manifestarsi i primi sintomi dell’opportunismo "centrista".

Questo volume, ricco più di documenti che di apparati introduttivi, fa giustizia delle stolide accuse di "astrattismo", "passività" etc. rivolte alla Sinistra italiana anche e persino da incorrotti capi bolscevici che poi pagheranno col proprio sangue una fedeltà ai principi venuta a scontrarsi con il "concretismo" di cui l’anti-astratto ed anti-passivista stalinismo saprà dar prova lungo la china già inesorabilmente antiveduta e combattuta dalla Sinistra italiana.

Fronte Unico? Nella giusta visione marxista, di esso in Occidente solo la Sinistra seppe dare una traduzione calzante, a stretto contatto con le masse e in piena coerenza con i principi rivoluzionari del comunismo, mentre le sempre "nuove" interpretazioni di questa "formula" da parte dell’IC, miranti alla riconquista dei vertici massimalisti, ed anche più giù, dovevano inesorabilmente condurre al disastro.

Lotta al fascismo? La stessa cosa, e splendidamente l’attesta la documentazione del volume in merito all’organizzazione militare del e di partito del PCd’I contro il bluff di incipienti fronti popolari con equivoci, e di breve vita, "Arditi del Popolo", ridicolizzando le accuse posteriori alla Sinistra di aver "perso il tram" della rivoluzione per non essersi "fusi" con il "movimento spontaneo" che tali Arditi avrebbero rappresentato.

Tutto questo materiale è di bruciante attualità per l’oggi, solo a saperlo leggere e tradurre in pratica. E qui ci sarebbero molte cose da dire che il volume non dice e che il raggruppamento che lo pubblica non è, a nostro giudizio, tra i più deputati a dire. Il che non toglie alcunché all’eccezionale importanza della raccolta documentaria in esso presente, che costituisce anzi un materiale imprescindibile per la formazione attuale di veri militanti comunisti in linea con la tradizione della Sinistra. Raccomandarne la lettura a chi ci segue, in una situazione soggettiva sorda ed atona com’è quella attuale, è per noi un’ovvietà; per tutti i nostri militanti è qualcosa di più: un obbligo.

Il volume, se non rintracciabile in libreria, è richiedibile alla C.P. 962, 20101 Milano, al prezzo di L. 45.000.

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LA SINISTRA COMUNISTA E IL COMITATO D’INTESA.
Torino, Editing, 1996.

Un utilissimo "raccordo" col volume precedente per tracciare una storia continuativa della Sinistra è costituito da questo volume, che raccoglie tutti i documenti basilari della battaglia condotta "in extremis" dalla nostra corrente in Italia per contrastare il corso degenerativo dell’Internazionale negli anni cruciali ’25-’26 (che segneranno, poi, il definitivo tracollo del PCd’I in quanto partito rivoluzionario e, a scala internazionale, dell’IC).

Le posizioni della Sinistra si presentano in questo trapasso cruciale coerenti e continue, nella speranza tuttora viva di salvare il nocciolo vitale dell’IC già infettata fino al midollo (ad un punto tale inimmaginabile anche per gli stessi nostri "protagonisti"), senza nulla concedere ad "accomodamenti", magari profittevoli sul piano dei "poteri" direzionali locali, e ancor meno ad improvvisazioni eclettiche di "blocchi d’opposizione" informi, e meno che mai a concezioni "autonomiste" sul piano "nazionale".

La lettura degli abbondanti documenti qui raccolti darà ragione di tutto ciò, mostrando come, in quel drammatico svolto, lo sforzo della Sinistra sia consistito nel preservare le condizioni non solo e non tanto di un raddrizzamento immediato dell’IC, poi rivelatosi nei fatti impraticabile, ma della stessa ricostituzione dell’organo mondiale rivoluzionario indipendentemente dalle contingenze "attuali" del movimento: un ponte per il futuro, quello con cui tuttora ci troviamo a misurarci con alle spalle il tracollo dell’Internazionale Comunista formale, dei vari "socialismi reali" e dei vani tentativi "intermedi" di "raddrizzamento", "riconquista", "riformazione" prodotti da correnti, anche più numericamente forti della nostra, quali la Quarta Internazionale.

Molto, o tutto, avremmo da obiettare sull’ampia introduzione del gruppo che edita il volume in questione. Ci limitiamo a dire che troviamo francamente stupefacente l’interpretazione secondo cui il Comitato d’Intesa avrebbe costituito una trappola in cui tutti i "nostri" sarebbero ingenuamente caduti, ad esclusione di Bordiga (quando si dice l’"impersonalità"!) mentre, chissà, sarebbe stato assai meglio farne a meno. Che la battaglia allora intrapresa dai responsabili della Sinistra (ed alla quale Bordiga, comme d’habitude, diede il suo meglio quanto a linee d’indirizzo) non fosse eludibile è semplicemente un dato di fatto. In termini di linea e in termini di organizzazione. Che non si fosse caduti nella "trappola" non avrebbe cambiato di uno jota la questione. Com’è altrettanto certo che l’attesa di Amadeo (giustificabilissima allora, come previsione, e non condizionante quanto alla coerenza della linea proposta) sull’"esaurirsi" dei vuoti procedimenti disciplinari, non è stata confortata dai fatti.

Dopo il ’26 si poneva la questione della continuità di linea e di azione dei militanti rivoluzionari fuori (e poi sempre più contro) gli indirizzi dell’Internazionale. Problema arduo, e sulla cui soluzione tuttora non v’è un bilancio. Chi, e come, continua l’opera della Sinistra? La Frazione all’estero? Il PC Internazionalista dal ’43? O bisogna aspettare il ’51? (E poi, in tempi più ravvicinati, chissà?). E che rapporto c’è tra continuità dei "principii" difesi da Amadeo e questo insieme di esperienze con cui egli "non coincide", ma da cui non si astrae?

I curatori del volume, che costituiscono uno dei tanti gruppi in cui si è dissolta la Sinistra "italiana" formale, non danno alcuna risposta a tutto ciò al di fuori di riproposizioni metafisiche, idealiste (e lo diciamo sommessamente, pur sapendo di non evitare i loro strali: sappiamo di essere "fuori di strada", dalla loro...).

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GIACOMO SCOTTI. Croazia, Operazione Tempesta.
La "liberazione" della Krajna ed il genocidio del popolo serbo.
Roma, Gamberetti Editrice, 1996.

Un libro di appassionata denuncia dei crimini del regime di Tudjman (in guerra e in "pace", sul territorio altrui e su quello "proprio") che, non fosse che per la ricchezza straordinaria della documentazione offerta, avrebbe tutte le carte in regola per diventare un best-seller se... se l’infame cortina di "informazione" ed ottundimento dei crani bellicista occidentale non lo confinasse in un’obbligata semi-clandestinità. Qui parla un testimone sicuro e dall’interno, assai scomodo, della Croazia antinazionalista (contro tutti i nazionalismi ex-jugoslavi) ed antifascista? Che importa! Noi abbiamo i nostri prezzolati Sofri e Capuozzo a far testo...

Giacomo Scotti (nato a Saviano in provincia di Napoli nel ’28) è uno di quei militanti che, in nome di un malinteso, ma sincero "internazionalismo", aderirono al titoismo. Diciannovenne appena lo troviamo collaboratore della Voce del Popolo di Fiume, poi propagandista del regime "antistalinista" di Tito (vedi Tito, l’uomo che disse NO a Stalin, Roma, Gremese, 1973). Il dissesto di quel regime lo ha costretto a delle revisioni (vedi un suo recente libro sull’inferno di Goli Otok), ma pur sempre nel tentativo di salvare il "nocciolo sano" della costruzione jugoslava; critico tardivo del titoismo, quindi, ma non per tornare indietro, non per correre verso il baratro cui i diversi neonazionalismi teleguidati dall’Occidente hanno condannato il paese. Su queste posizioni, palesemente insufficienti ed inconcludenti (ma non è a lui che ne faremo la colpa principale), oggi continua dall’interno della Croazia la sua instancabile battaglia per ritessere un filo di ritrovata "convivenza civile" e fraterna fra i popoli jugoslavi (e di questo gli tributiamo tutto il merito che gli spetta). Questo libro è una testimonianza preziosa di tale sforzo, cui non mancherebbero i coefficienti di un diffuso sentimento popolare, anche in Croazia, ma che è osteggiato e vanificato, per ora, dall’azione combinata della macchina economico-militare di dominazione imperialista e dal corteo dei servi prezzolati dei mass-media di qui, nonché dal disarmo pressoché totale (e ce ne sarà una ragione...) delle "sinistre" interne.

Nella concisa, ma efficace prefazione di Tommaso De Francesco (uno dei pochi che, sul Manifesto, ha saputo perlomeno scrivere quel che vedeva), si può leggere dei veri crimini di guerra perpetrati dall’Occidente a spese delle popolazioni jugoslave e di quelli, ancor peggiori, di "pace", con "la nuova subalternità al FMI che prima ricattava la Federazione Jugoslava e ora fa il muso duro con gli staterelli nati dalla sua frantumazione ben eterodiretta e architettata". Una conferma di quanto abbiamo sempre scritto sul tema, nell’incredulità e l’indifferenza delle nostrane "sinistre" (Manifesto compreso) e nella totale assenza da parte di esse di una mobilitazione internazionalista per offrire alla "crisi jugoslava" l’unica soluzione possibile: quella proletaria, internazionalista, rivoluzionaria.

Tanto Di Francesco che Scotti mostrano di fidar molto sulle virtù di una corretta "controinformazione". Noi non ne negheremo affatto il valore, a condizione però che essa sia arma di un indirizzo di classe, di un movimento di classe. Che è quello per cui noi operiamo e per il quale ci possiamo giovare dell’apporto che essi ci offrono.

Il libro, se non disponibile in libreria, può essere richiesto all’editrice (Via Faà di Bruno, 28 - Roma) e costa 30 meritatissime migliaia di lire.

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