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LA CRISI DELLA FAMIGLIA NON È UN PROBLEMA "MORALE", MA L’EFFETTO DELLA CRISI DELL’INTERO SISTEMA

La Chiesa continua a tuonare contro l’aborto e i pericoli di dissoluzione della famiglia. Il Papa e i suoi degni compari non perdono occasione per mettere in guardia governi e partiti dal sottovalutare il problema e dal prendere i provvedimenti necessari. Un monito prontamente raccolto non solo dalle forze dell’integralismo cattolico e dalla destra, ma anche da governi e partiti progressisti. Così mentre Kohl, in piena campagna elettorale, invita a votare "per la famiglia" e cerca soluzioni di compromesso rispetto all’attacco papale all’aborto, il "sinistro" Jospin vara un nuovo diritto di famiglia volto a ripristinare la famiglia "legittima" e a rafforzare il ruolo maschile di capofamiglia e padre.

In Italia matrimonio e politiche familiariste sono diventati temi di un "franco confronto" tra i DS e il mondo cattolico, dentro e fuori il governo. Su un punto sono tutti d’accordo: la famiglia non gode di ottima salute. Crescita zero, aborti, divorzi e poi ancora incesti, pedofilia, prostituzione di bambini, violenze domestiche. Un crescente consumo di alcool e psicofarmaci per tenere illusoriamente lontano per qualche ora le ansie e le paure degli adulti e un disagio giovanile che si trasforma in eroina, extasy, sassi dai cavalcavia o allucinanti suicidi di adolescenti. I ritmi della vita sono così alienati che, come è successo a Catania, si arriva perfino a dimenticare il proprio figlio di due anni in macchina facendolo morire soffocato e ustionato. Il quadro della famiglia di oggi assomiglia più a un incubo da fumetto di Dylan Dog che agli spot caramellosi del Mulino Bianco, cui -peraltro- non ha mai somigliato neanche in passato.

Perché? E’ l’intero corpo sociale di questa società in crisi che sta implodendo. Tutto concorre a disgregare la vecchia famiglia: la denatalità, legata alla sempre maggiore difficoltà dei giovani a trovare lavoro e casa, le sempre più difficili e precarie condizioni di lavoro di milioni di uomini e donne, l’acutizzarsi a tutti i livelli di una crisi sociale, oltre che economica, che non risparmia più alcun rapporto: tra uomini e donne, genitori e figli, giovani e anziani. Da quando ha esaurito ogni sua funzione storica progressiva, la società capitalistica ha toccato livelli di alienazione e asocialità sempre più estremi. E quanto più le classi dominanti tentano di salvaguardare la struttura di classe del loro dominio economico e politico, tanto più -come degli untori medievali- diffondono la peste della loro dissoluzione sociale.

La famiglia: risorsa della borghesia e della "nazione"

Alla fine di giugno Wojtila, riprendendo la crociata contro la legge 194 sull’aborto definita "una tragica ferita alla coscienza morale e giuridica", ha attaccato le deboli e aleatorie politiche governative a sostegno della famiglia. E dimostrando una realistica coscienza (di classe) della sua insostituibile funzione sociale (nel capitalismo ovviamente), ha dichiarato: "Il valore della famiglia è incalcolabile, se si pensa che si fa carico di gravi difficoltà, quali la diffusa disoccupazione giovanile e le carenze del sistema previdenziale e sanitario, in questa delicata fase sociale e politica del paese". La traduzione per i lavoratori è: "Sappiate che questa società non dà lavoro ai giovani, che le pensioni sono da fame, che il sistema sanitario fa schifo, ma proprio per questo dovete tenere in maggiore conto la famiglia, perché vi toglie molte castagne dal fuoco: si "cucca" in casa i giovani fino a trent’anni, si cura dei vecchi che a noi (capitale) non servono più, assiste i malati che a noi (stato) costano troppo".

È dunque con lo slogan: "Difendiamo il matrimonio!" che tutti, cattolici e progressisti, conservatori e laici, stanno accorrendo al capezzale di una famiglia dalla salute sempre più precaria. Tutti sostanzialmente d’accordo con Carlo Casini, il fondatore del reazionario movimento antiabortista "per la vita", che ha giustamente dichiarato ai suoi colleghi dell’Ulivo: "Siamo tutti nella stessa barca... abbiamo tutti lo stesso destino". Ossia "conviene a tutti salvare questa famiglia, essa è per noi strumento insostituibile di controllo sociale e ideologico". Altro che motivi "spirituali". Le preoccupazioni sulla dissoluzione della famiglia sono dettate da motivi economici, politici ed ideologici. Indi, da ultimo, viene lo "spirito".

La borghesia è interessata a recuperare il ruolo della famiglia perché essa non è solo il luogo in cui campa e si riproduce l’operaio, ma anche il primo apparato educativo e coercitivo della classe dominante, il luogo dove il rapporto gerarchico che lo Stato e la borghesia impongono ai lavoratori si riproduce in sedicesimo nel rapporto autoritario tra marito e moglie, genitori e figli, luogo di alienazione e oppressione. Preservare o ri-organizzare il nucleo familiare significa controllare l’antagonismo operaio la cui "pericolosità" è direttamente proporzionale alla sua capacità di scavalcare gli angusti confini "domestici" per agire, unitariamente, come classe. Soprattutto è necessario che torni a essere la principale organizzazione di riproduzione e cura della forza-lavoro. In una fase in cui la crisi e l’aumento delle contraddizioni capitalistiche rendono intollerabili le spese "improduttive", è tra le mura domestiche, e in primis sulle donne, che vanno scaricate quelle funzioni che per troppo tempo sono state in qualche modo assunte dalla società.

Priorità per la borghesia sono dunque: 1. politiche familiariste finalizzate a rivalorizzare il matrimonio come fondamentale elemento di coesione e controllo sociale; 2. rilancio della maternità, dettata non certo dalla tutela della funzione riproduttiva delle donne (puntualmente negata e avvilita da questa società), ma dalla necessità di rendere le donne più "produttive" di nuove generazioni di forza-lavoro.

Governo e sinistra sottoscrivono. E così, nel mentre il diessino Salvi dà ragione al Papa sul matrimonio associandosi al suo appello all’articolo 29 della Costituzione che riconosce "i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", la commissione finanze della Camera presenta un disegno di legge che premia con mutui agevolati o sgravi fiscali chi si sposa legalmente o chi, "legalmente", progetta un figlio. Mentre la diessina Bolognesi dichiara che il testo della 194 può essere rivisto, uno stuolo di "riconvertite", "ministra" Turco in testa, continua ad applaudire questo Papa, che (udite, udite!) ridarebbe, finalmente, dignità al ruolo della donna. Ma la Turco si è spinta oltre, sottoscrivendo al meeting di Comunione e Liberazione la proposta di legge del Polo sulla parità tra scuola privata e scuola pubblica.

Non c’è che dire, neanche l’iperattivo ministro della famiglia del governo Berlusconi si era mai agitato tanto. E l’ex-DC Gerardo Bianco, che all’epoca delle campagne a favore del divorzio e dell’aborto si contraddistinse per i suoi attacchi contro la "barbarie" di un movimento operaio che pretendeva di non far morire le proprie donne sotto i ferri delle mammane e di svincolarsi dall’ipocrisia borghese sull’indissolubilità del matrimonio, ha potuto affermare che "finalmente, la sinistra stava riconsiderando il proprio atteggiamento antifamiliarista".

La verità è un’altra. I partiti riformisti italiani, anche durante i loro tempi più "eroici" (quelli che suscitano ancora tanta nostalgia nei militanti di Rifondazione), si sono sempre guardati bene dal mettere fino in fondo in discussione la famiglia borghese poiché con essa avrebbero dovuto mettere in discussione l’intero modo di produzione capitalistico di cui essa è la cellula sociale di base. L’ulteriore passaggio con cui i DS, anche su questi temi, accettano totalmente e incondizionatamente l’attuale organizzazione sociale (cui si aggiunge il tragico silenzio politico di RC, che finisce per approdare agli stessi lidi), nel mentre suscita la benevola approvazione del Cardinale Ruini, non può che preoccupare i proletari tutti. Allo stesso modo i proletari non possono che diffidare delle false risposte "radical-chic" di cui sono fautori i "sinistri" del manifesto che, dopo aver liquidato la crociata familiarista come dannatamente retro, finiscono (ma guarda un po’!) per proporla anche per i gay.

La crisi della famiglia non è che un aspetto del più generale dissolvimento dell’attuale società e il segno della sua irrefrenabile corsa verso la barbarie.

Ma "per quanto possa apparire terribile e repellente la dissoluzione della famiglia a opera del capitalismo, esso finisce per creare il fondamento economico per una forma superiore della famiglia e del rapporto fra i due sessi" (Marx, Il Capitale).

I proletari sono interessati a dare una risposta a questa crisi, ma non possono darla che a partire da una feroce critica di tutti i presupposti che sono alla base del "recupero" dei valori morali della famiglia tradizionale; recupero che non è altro che il tentativo di rinsaldare le catene della loro oppressione e del loro sfruttamento, e in una forma specifica la doppia oppressione della donna.

Essi non hanno alcun interesse a "salvare" questa forma storica della famiglia esattamente come non hanno interesse a salvare questa forma di organizzazione sociale.
Il superamento di entrambe può darsi solo rilanciando l’iniziativa politica del proletariato e la sua organizzazione per una diversa prospettiva storica di sviluppo della società e dunque di tutta la specie umana.
C’è una forma diversa, più umana e più sociale del rapporto tra uomo e donna e fra le generazioni che può e deve realizzare la classe operaia: una forma in cui i rapporti sociali non saranno più basati sull’individualismo, la competizione e la concorrenza tra esseri umani.
Utopia? No. Comunismo, già oggi in gestazione.

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