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RIFONDAZIONE: COME SFIDUCIARE E DISORGANIZZARE I LAVORATORI

 

La nascita di Rifondazione fu significativa non perché potesse dare qualcosa in più al comunismo (anzi!), ma perché fu il tentativo di settori e avanguardie proletarie di opporsi alla "svolta" della Bolognina. Sin dall’inizio ci siamo confrontati con franchezza coi militanti operai del Prc, chiamandoli a verificare come quel sano istinto classista rischiasse di andarsi a impantanare nelle stesse secche dello stagno sotto-riformista cui approdava il Pds, e indicandogli come l’unica via per i comunisti è quella di lavorare per organizzare le forze di classe attorno al proprio programma rivoluzionario anticapitalista di sempre. In pochi anni s’è visto come tante genuine risorse affluite al Prc siano da lui state disperse e disorganizzate.

Lasciamo parlare gli stessi protagonisti mettendo a raffronto le iniziali fiduciose attese con l’odierno sbandamento.

Le aspettative proletarie di riscatto e di rilancio della lotta dell’inizio risaltano con molta chiarezza sui primi numeri di Liberazione. Dall’editoriale dell’ottobre del ’91: "Le critiche alla finanziaria non bastano. La soluzione c’é: il governo si dimetta... altrimenti sciopero generale, un programma di lotte e manifestazioni, un assedio popolare alle istituzioni, una mobilitazione crescente nei luoghi di lavoro... questa martellante azione é già la Rifondazione Comunista in atto".

Sull’onda di quelle attese si coglievano anche i segnali di fermento di classe fuori d’Italia, e si arrivava a preconizzare un ritorno a Marx. Garavini al Comitato Politico Nazionale (Cpn) del 9.5.92: "Il fatto nuovo… è la formidabile lotta sindacale in Germania… e il risveglio di lotte e iniziative sindacali in Usa… e la rivolta di Los Angeles… Per l’ennesima volta, é il caso di far scendere Carlo Marx dalla soffitta dove si insiste a volerlo relegare".

Nel partito si aveva tensione di partecipazione, di lotta e di organizzazione. Da alcuni interventi al Cpn del 9.5.92: "Stiamo restituendo protagonismo alla militanza, all’iniziativa dei circoli, riscopriamo il gusto della politica". "La rinnovata credibilità comunista non può nascere se non nell’impegno per un forte e deciso obiettivo: il superamento del capitalismo". "… sarà necessario fare ogni sforzo possibile per superare al nostro interno tutte le tendenze di individualismo ed elettoralismo, tutti i possibili personalismi". Marco Rizzo su Liberazione del 19.2.93 scriveva: "Il radicamento sociale nei luoghi di lavoro, studio e ricerca é un obiettivo… onde evitare che si tenda inevitabilmente a perdere i propri tratti di classe per trasformarsi in una forza politica socialdemocratica o, peggio, subordinata".

Pochi anni di vita di Rifondazione, ed ecco che la musica cambia, la fiamma si spegne, da un grande entusiasmo si passa a un profondo disagio e disorientamento, a un quasi "rompiamo le righe!". Leggiamo dall’ultimo Cpn del 4.7.98, iniziando da Bertinotti: "Alla fase in cui ci si diceva "meno male che ci siete voi" è subentrata una fase di frantumazione dei nostri referenti, di sensazione di solitudine rispetto a un’estraneità del quadro politico alle esigenze e ai bisogni reali". "Si rischia una deriva gravissima verso la desertificazione della partecipazione alla lotta". "E’ vero: c’é una stanca rassegnazione, una caduta di fiducia nelle possibilità di cambiare". E recentemente Cossutta: "Per ottenere una svolta piena… occorre contare anche su di un movimento capace di opporre una consistente alternativa che parli a un blocco sociale forte: movimento che non c’è e di cui non si vede la traccia".

Dello stesso tono -se non peggio- le considerazioni sullo stato del partito allo stesso Cpn: "Dobbiamo avere coscienza delle nostre forze e della difficoltà enorme nel suscitare movimenti di massa… cerchiamo di avere il senso delle proporzioni: la declamazione del movimento rimane un esercizio di mera retorica". "La situazione politica in cui si muove il partito oggi è fortemente condizionata dal disorientamento della sua base… La mancanza di compattezza deriva dalla coesistenza non di culture diverse ma di decine di pratiche diverse in adesione a una cultura diffusa della frammentazione che ha preso piede anche nel nostro partito e tra i nostri militanti". "Nessuno può negare l’esistenza di una crescente demotivazione alla militanza dentro il nostro partito". "Il partito è oggi in una situazione di grave sofferenza determinata soprattutto dalla non chiarezza della prospettiva e della linea politica". "Sento forte il pericolo della dissoluzione della rappresentanza politico-sociale della sinistra non omologata non per semplice esiguità delle rappresentanze parlamentari, ma per mancanza di "ragione sociale" che consenta di conquistarla". "Nei circoli sta calando la militanza, sono sempre più scarse e meno incisive le iniziative di mobilitazione, anche il tesseramento é in affanno. Soprattutto diminuisce la tensione politica e si sta spegnendo il dibattito: tende a prevalere la polemica inutile e si accresce la litigiosità". "Servirebbe un partito unito e un gruppo dirigente solidale, non lo spettacolo che abbiamo visto sui giornali con lo stillicidio delle dichiarazioni e interviste".

Descrivere una tale situazione non ci rallegra affatto, per le evidenti ricadute negative che all’immediato si daranno sulla capacità di ripresa della lotta e dell’organizzazione della classe operaia. Per sottrarsi a questa deriva, le avanguardie di classe devono necessariamente abbandonare del tutto il riformismo, anche nelle versioni come quelle riproposte dal Prc fin dalla nascita. Chi s’incammina seriamente su questa strada, trova la nostra Organizzazione pronta a discutere e a svolgere insieme il lavoro che necessita per favorire la ripresa di classe.

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