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Viagra e dintorni

MEDICINA COME MERCE E DROGA,
EMBLEMA DELLA SOCIETÀ "DOPATA"

 

Cos’altro si potrebbe dire del Viagra se non che si tratta di un eccellente risultato della ricerca scientifica, di un prodigioso mezzo di soccorso che si offre ad un dato numero di persone afflitte da un disturbo fisico deprimente quant’altri mai? E sul Viagra "in sé e per sé", effettivamente, null’altro abbiamo da dire neppure noi. Onore al merito della scienza, che non cessa di andare avanti e produrre di continuo nuovi "miracoli", onore al Viagra e tante felicitazioni a chi, grazie ad esso, può trarsi da un brutto impaccio.

Noi non possiamo dimenticare, però, che, come ogni altro prodotto della presente società, anche il Viagra non è un bene d’uso destinato a soddisfare un normale, umano bisogno, ma una merce che va a collocarsi sul mercato per acquisire clienti soddisfacendo domande solvibili a mezzo danaro, quindi di profitti, e che, a tal fine, la domanda richiede essa stessa di essere alimentata ed allargata, sino a crearla artificialmente. La ridotta fascia dei potenziali clienti "costituzionali", cioè affetti da un reale disturbo organico, sarebbe, probabilmente, stata scarsamente stimolante per la stessa ricerca scientifica in proposito, finanziata programmaticamente a scopo di lucro. Ma se il mercato può essere allargato a dismisura, allora sì che ci siamo! E qui sta il punto: la scienza legata al capitale da una parte guarisce, dall’altra crea -in misura straordinariamente maggiore- disagio e malattia. Questo si chiama curare... il mercato.

Il modo di produzione capitalista ha reso il sesso, cioè un rapporto essenziale e naturale tra gli individui, oggetto di mercificazione su grande scala proponendo ed imponendo modelli di consumo di esso sempre più frenetici nei ritmi (immaginari), sempre più alti per standard "organolettici", sempre più diversificati e complicati. Si deve consumare molto, si deve desiderare oggetti sempre più esclusivi per consumare il rapporto, si deve variare in ogni modo la pietanza. E per ogni domanda a ciò relativa il mercato è pronto a dare la sua risposta, dalla rivistina o dal filmetto porno o la battona sulla strada del pensionamento per i meno abbienti alle squillo superlusso, le sale per i "giochi particolari", i siti Internet e quelli dal vero per i pedofili, il turismo sessuale, i prodotti ad hoc per etero ed omosex in tutte le salse. Dalle poche migliaia di lire per acquistare Men, un albo a fumetti di Manara o Panorama e L’Espresso con le loro guide ragionate al consumo, alle milionate per le supercarrozzate di lusso in superesibizioni da sballo, il tutto inaffiato, magari, da superdosi di droga, tutto fa brodo, cioè mercato.

Il fatto è che questo snaturamento della funzione sessuale e questa coazione ad un appetito sessuale artificiale (e, nella maggior parte dei casi, destinato a rimanere inappagato nella pratica rispetto agli standard di lusso proposti) produce per forza di cose frustrazione ed impotenza. Per ogni caso di impotenza fisiologica che il Viagra può curare quanti casi vi sono di impotenza cosiddetta "psicologica" creati dal sistema sociale capitalista (impotenza da capitalismo!)? Non lo si sa con certezza, ma è ben sicuro che la casistica "psicologica", pressoché assente nelle società "primitive", cioè non capitalistizzate, è vastissima ed in costante aumento. Bene: dal punto di vista capitalistico, niente di male. Costoro li abbiamo messi a terra; ad essi, però, abbiamo subito proposto una "cura" di tipo psicoanalitico et similia a condizione che essi siano in grado di pagarla; adesso gli proponiamo il Viagra, alle stesse condizioni, per rimuovere a comando i blocchi dell’inconscio provvisoriamente e ad un momento dato senza per altro "sgorgarlo" (così che psicoanalista e Viagra potranno convivere di buon accordo).

Questo è già un primo serbatoio di mercato a disposizione. Un secondo, e più largo, verrà dai molti di più "che funzionano" senza problemi, non perché "psicologicamente" più validi, ma semplicemente perché consumo-dipendenti totali. A costoro si è insegnato a desiderare di moltiplicare in modo spasmodico consumo ed a soddisfare tale desiderio, sempre, in un modo o nell’altro, dietro pagamento (l’oggetto può essere "conquistato" gratuitamente, ma si paga tutto l’accessorio consumistico: la discoteca, l’auto di lusso, gli alcoolici, la sniffata etc. etc.), ma, sin qui, il consumo era, per forza di cose, limitato. Ora, il Viagra può raddoppiare o triplicare bisogni, consumi, spese, in un vortice di aberrazione ed autodistruzione dell’individuo reificato (ma anche, specularmente, di grande vitalità del mercato).

Prendete poi l’universo femminile. La scienza scopre ora che la nostra donna (oggi e qui) non riesce a raggiungere il piacere sessuale completo non in una minoranza di casi, ma nella maggioranza di essi. Per noi, marxisti e non "sessuologi", la cosa è del tutto "normale" in una società che mentre si vanta di aver liberato la donna l’ha doppiamente prostituita nel ruolo di proletaria (merce-lavoro) e di oggetto sessuale (merce da sfruttare nella passività dell’oggetto o, al massimo, attraverso una sua "autogestione" in materia). Date le condizioni in cui (oggi e qui) si realizza -come "regola sociale"- l’atto sessuale, l’impotenza "psicologica" al godimento è quanto mai comprensibile ed ineliminabile se non previo sbaraccamento dell’insieme dei rapporti economico-sociali vigenti. Lo sa bene anche il capitale e... se ne rallegra, perché quanto più il male è radicato in profondità tanto più -in assenza di un altro genere di risposta, di classe- ci sarà bisogno dei ritrovati "miracolosi" della sua scienza puttana. Perciò, "Viagra anche per donne e altre nuove pillole", come si legge su Panorama del 20 agosto scorso. Apomorfina, Estratest, cerotto al testosterone, Vasomax... Ognuno di questi prodotti "accenderà il piacere". Già, il piacere artificiale, per dirla alla Baudelaire. Così come l’Eroina accende un altro tipo di piacere artificiale sostituendosi chimicamente dall’esterno alla produzione insufficiente dell’endorfina da parte del corpo umano. Piacere sessuale a comando, ed a pagamento. E perché non il resto? D’altra parte, l’eroina è apparsa sul mercato proprio quale "miracoloso" ritrovato medico a vendita farmaceutica libera della Bayer, sponsorizzato quale ottimo antidepressivo, calmante, antispasmodico etc. etc. Oggi non la si vende più liberamente, ma attorno ad essa s’è creato un mercato assai più florido di quel che si potesse allora immaginare, a partire dallo spaccio per finire col business della "disintossicazione". E resta il fatto che alla produzione sempre più in calo di endorfine da parte dei cervelli debosciati di qui si finirà per ovviare con altre forme di neo-farmaci a circuito legale.

Ci piacciono, citate ai margini dell’articolo di Panorama, alcune prese di posizioni in materia.

Un farmacista di Berlino, mettendo in guardia le donne dall’uso dell’Oxytocin (uno spray nasale in grado di indurre all’orgasmo), afferma -oltre che a mostrarsi preoccupato per le controindicazioni non testate-: "C’è il rischio di una dipendenza, non solo psicologica ma anche fisica, dal farmaco. Non so immaginare che coppia sarebbe quella che va avanti con Viagra e ossitocina (lo diciamo noi: la coppia ideale per il business capitalistico!, n.). Di sicuro non voglio che il mio negozio diventi un sexy shop". Il guaio è che, in questa società basata sullo shop, gli aggettivi non contano, contano i risultati monetari.

Un neurobiologo al quale siamo tentati di assegnare un premio Marx -non monetario- "si chiede come una pillola che interviene sulla meccanica periferica del piacere possa cambiare tutto, facendoci dimenticare emozioni e rapporto con la realtà... (Il piacere) nasce dal cervello, l’organo sessuale più importante. E’ lui ad indurci a cercare il piacere attraverso strutture particolari, cosiddette di rinforzo, per mantenere elevata la dopamina". Bisognerebbe solo aggiungere: il cervello è un dato materiale storico, sociale, che, immerso in una società alienata, diventa esso stesso alienato, incapace di godimento umano, sociale, e quindi vittima del mercato che lo inibisce alla fonte per surrogarlo con le sue dopamine artificiali. Bello anche quel che dice Doris Lessing in Amare, ancora: "Forse, l’afrodisiaco infallibile resta l’innamoramento". Giustissimo, e per questo occorre toglier di mezzo il capitalismo.

Un altro fatto di cronaca si riallaccia a quanto sopra, ed è quello relativo allo "scandalo doping" nello sport scoppiato -si fa per dire!- al Tour de France e poi trasferitosi al mondo del calcio tra false sorprese, ancor più false incredulità e super-iperfalsi richiami alla "necessità di pulizia" in materia. Tutti sanno benissimo che l’atleta attuale (dell’attuale sistema) è considerato una macchina da spettacolo per la quale tutti gli interventi meccanici, se produttivi, vanno bene, non solo per produrre un risultato spettacolare immediato -che sarebbe davvero troppo poco-, ma per farne lo sponsor della commercializzazione dei prodotti dopanti di cui esso è ben retribuita cavia. Il giro d’affari parte dal singolo, dalla singola squadra, per conquistarsi un mercato quanto più possibile largo, nipotini e nonni compresi se possibile. Perfetto quel che ha detto in proposito un ex-campione del passato, ancora pulito, Livio Berruti, marxista puro in quel che afferma nonostante ci paia di ricordarlo non troppo affine ideologicamente alle nostre "idee": lo sport di oggi è assai meno agonismo di atleti che competono (cum petere = cercare assieme di raggiungere) un risultato, ma la vetrina commerciale del "progresso" medico-scientifico di una nazione, una bottega. Sport-shop come sexy-shop. Maledetti tutti gli shop, maledetto il capitalismo!

Sesso, linguistica, capitale e... marxismo

Una lettrice di Panorama, Lina Noto da Palermo, ha inviato a questo squallido settimanale specializzato nella sponsorizzazione di ogni tipo di commercializzazione del sesso (compreso quello del turismo pedofilo), una letterina che, a parte l’indirizzo sbagliato, sta in perfetta regola col marxismo (cfr. n° del 13 agosto), dopo che la rivista in questione si era sbizzarrita in una serie indecente di volgarità sul tema. (In una tavola rotonda tra impotenti, nel senso nostro, in vena di esibizione di potere -sesso come capitale accumulato- lo "scrittore" De Crescenzo aveva affermato che, senza bisogno di Viagra, lui, per provare eccitamento, deve fare come il toro: cambiare costantemente vacca, e non occorre aggiungere altro).

Scrive la nostra: "Possedere, possedere, possedere". La civiltà del possedere è già un assurdo come è un assurdo che il valore di un individuo sia fatto dipendere da ciò che di materiale egli possiede". (Giustissimo, solo che questo tipo di "civiltà" non si cambia nella e con la testa). Se mai si potesse usare il termine "possedere", il che non è, si dovrebbe dire che, nel rapporto, i due si posseggono reciprocamente; diciamo noi: prendono e danno reciprocamente in uno scambio umano di "valori d’uso". E aggiunge, da buona linguista: "Il verbo latino "coire", da cui deriva coito, significa andare insieme" ed è "un termine realistico, verifico, tenero, innocente, direi, che non ha in sé niente di brutale e, soprattutto, non esprime nessuna idea malata di possesso". Già, solo che, nella società presente, non è possibile "andare insieme" eludendo il mercato, neppure per quanto attiene alla sfera più intima.

Un’altra lettrice, che citiamo a memoria non avendo il pezzo sotto mano, diceva la stessa cosa prendendosela con l’uso scorretto del (brutto) verbo "scopare". "Scopare" è intransitivo, ella scriveva, e si dovrebbe quindi dire "scopare con", non "scopare qualcuno", che significa riduzione del partner ad oggetto. Ovvio che non è questione di grammatica, ma di un dato sociale su cui la grammatica, la lingua, si modella, nonostante che il buon babbo Stalin asserisse che la lingua non è una sovrastruttura. Che ne consegue? Quanto si è già detto sopra, per chi sa e vuole intendere.

Ci piace, di queste digressioni "linguistiche", il concetto di fondo, dell’unione sessuale come un fatto sociale a due, distante quindi dalle ubbie del vetero-femminismo sul "corpo è mio e me lo gestisco io". Il corpo non è un possesso, neppure individuale, ma un fatto sociale che come tale si esprime (ovvero: si esprimerà nel socialismo). Non sarebbe male che da qui ripartisse una riflessione ed un’azione del movimento femminile, mai, disgraziatamente, tanto muto quanto oggi, proprio mentre tonnellate di letame mercantile si rovesciano sulla donna, e di converso sull’uomo.

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