[che fare 51]   [fine pagina] 

Scuola

La scuola si riforma, riscopre il "vecchio" avviamento professionale, vede differenziarsi sempre più al suo interno funzioni e paghe stipendiali in una logica meritocratica tutta borghese - tesa cioè ad approfondire fattori di divisione tra lavoratori e lavoratori e tra scuole e scuole- e in nome di un "autonomia scolastica" che serve come strumento di gestione concorrenziale dei fondi disponibili al netto dei tagli.

E mentre la scuola si "riforma", non a caso, appaiono avvisaglie che devono destare preoccupazione tra i lavoratori, non solo della scuola: il ministero della Pubblica Istruzione, con circolare dell’8.10.1999, esclude dal diritto di indire assemblee in orario di lavoro alcune organizzazioni sindacali. Non è, evidentemente un attacco rivolto ai Cobas in quanto tali, bensì un attacco a diritti sindacali acquisiti dal movimento operaio nell’ultimo ciclo di lotte. I lavoratori della scuola devono respingere questo attacco, non piangendo sulla democrazia violata e baggianate varie, né tantomeno chiudendosi nella micidiale illusione di potersi meglio difendere separandosi corporativamente, più di quanto già non sia, dagli altri lavoratori, dalla classe operaia, che rimane nell’ordine l’obiettivo primo dell’opera di "risanamento" capitalistico dell’economia. Respingere questi provvedimenti, questa "riforma", il contratto scuola da poco siglato, significa necessariamente combattere la logica complessiva che li partorisce, il governo D’Alema che se ne fa carico, nonché quelle stesse dirigenze sindacali a esso subordinate.

Questa lotta, però, non si può condurre efficacemente senza cominciare a prendere di petto anche l’ "altro" corno del problema: qual è il senso e il significato del potere che già oggi viene affidato all’insegnante nei confronti degli alunni, qual è e a cosa serve il sapere che già oggi egli trasmette loro. È un potere chiamato a far sedimentare nei "figli del popolo" un certo "modello comportamentale", fatto di conformismo, di rassegnazione ai rapporti sociali dati, di competizione, di sfiducia nella capacità di poter compiere un’attività che non sia puramente esecutiva e meccanica, di abitudine a creare per sé stesso, il singolo individuo, le condizioni di migliore esistenza solo in una lotta contro tutti gli altri. È un potere chiamato a coltivare "l’intelligenza dei meritevoli" solo per ritorcerla contro gli altri membri della classe lavoratrice. È un sapere teso a giustificare e ad esercitare lo sfruttamento del lavoro umano e l’oppressione delle masse lavoratrici delle periferie. (Basta dare un’occhiata, al proposito, a ciò che dicono sull’odierna guerra nella Jugoslavia i libri di testo in uso nel biennio delle superiori per l’insegnamento della storia contemporanea voluto da Berlinguer, oppure all’uso fatto nei bombardamenti sulla Serbia delle leggi dell’elettromagnetismo...)

Già oggi, quindi, la scuola non è il luogo della formazione critica dei giovani, ma lo strumento con cui la classe borghese riproduce e rafforza le disuguaglianze di classe, uno dei mezzi con cui disciplina, orienta e "addestra" la forza-lavoro del futuro in relazione alle necessità del suo sistema sociale. È proprio per adeguarla alle mutate esigenze connesse all’attuale fase di crisi e di mondializzazione capitalistica, che la scuola viene "modernizzata". Ecco perché la necessaria lotta contro la riforma, per essere efficace, deve diventare anche lotta contro il ruolo di classe della scuola, il che implica la ricerca di uno stretto legame con il proletariato, non per averlo come sostegno alla propria "specificità", ma perché solo insieme a lui si può abbattere il sistema sociale che rende l’uno schiavo e gli altri partecipi alla perpetuazione della sua schiavitù.

[che fare 51]  [inizio pagina]