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Caso Haider

DRESDA 1945: LA BARBARIE DEMOCRATICA

In occasione dell’anniversario del bombardamento su Dresda, vari quotidiani hanno riportato la notizia che...

Il leader dell'estrema destra lo definisce "un grande criminale" poi smentisce

Haider ora attacca Churcill

Se Haider ritratta, noi confermiamo: Churchill fu un criminale. Come si dovrebbe chiamare, altrimenti, chi ordinò nel corso della seconda guerra mondiale il bombardamento su Dresda?

"Fu un inevitabile prezzo da pagare per la liberazione dell’Europa e del mondo dalla barbarie nazista": così gli anglo-americani giustificarono e giustificano la terribile azione aerea compiuta sulla città tedesca nel febbraio del 1945. Essi -i "liberatori"- quel massacro se lo sarebbero risparmiato volentieri, ma vi furono costretti -così si scusano- per poter offrire alle future generazioni un mondo nuovo: "Bisognava piegare il Terzo Reich, e bisognava anche dare una lezione alla popolazione tedesca che lo aveva sostenuto, e aiutato a portare il mondo sull’orlo dell’abisso. A Dresda morirono tante persone, è vero, ma quante ne avevano uccise i tedeschi? e quante ne sono state risparmiate dall’accelerazione della caduta del nazismo a cui quel bombardamento contribuì? Sì, furono uccise tante persone -conclusero e concludono i governanti democratici installati a Londra e a Washington (... e a Roma)- ma lo si fece per il bene dell’umanità."

Churchill: se fossi stato italiano,
sarei stato fascista

"Nazioni diverse hanno modi diversi di fare la stessa cosa. (...). Nessuna questione politica può essere giudicata indipendentemente dalla propria atmosfera e dal proprio ambiente. Se fossi stato italiano, sono sicuro che sarei stato con voi dal principio alla fine contro i bestiali appetiti e le passioni del leninismo. Ma in Inghilterra non abbiamo avuto ancora da affrontare questo pericolo sotto la stessa forma micidiale. Noi abbiamo il nostro modo particolare di fare le cose. Ma su una cosa non ho il minimo dubbio, e cioè che noi [fascisti e democratici uniti -n.] riusciremo, nella lotta contro il comunismo, a strozzarlo.

"Dirò (...) qualche parola su un aspetto internazionale del fascismo. Esternamente, il vostro movimento ha reso un servizio al mondo intero. Il gran timore che ha sempre tormentato ogni capo democratico o socialista è quello di essere silurato o superato da qualche altro capo più estremista di lui. Si disse che una continua corsa verso la sinistra, una specie di fatale franamento verso l'abisso, fosse la caratteristica di tutte le rivoluzioni: l'Italia ha dimostrato che v'è un modo di combattere le forze sovversive, modo che può richiamare la massa del popolo ad una reale cooperazione con l'onore e gli interessi dello Stato."

(W. Churchill, discorso all’Ambasciata inglese a Roma il 20.1.'27)

I fatti raccontano tutt’altra storia.

All’inizio del 1945 il destino militare della Germania di Hitler era ormai segnato: gli anglo-americani la stringevano sul Reno e dal Nord Italia, le truppe di Stalin sull’Oder. A Dresda non vivevano solo i suoi 630mila abitanti di "razza teutonica" e, in buoni rapporti reciproci, alcune decine di migliaia di prigionieri inglesi. Nelle sue strade, nelle sue stazioni, nei suoi ricoveri la splendida città ospitava, stracolma, centinaia di migliaia di sfollati provenienti dalle regioni della Germania dell’Est.

Il 13 e il 14 febbraio gli aerei da guerra alleati ne fecero una città morta.

I vertici militari e governativi inglesi e statunitensi dissero che gli obiettivi dell’azione militare erano stati lo scalo ferroviario di Dresda e le sue industrie militari. Queste e quello però furono appena scalfiti dalle bombe. "Si è stupiti -scrisse il 22 febbraio 1953 in un suo editoriale il giornale di Monaco Suddeutsche Zeitung- per la straordinaria precisione con cui furono distrutte le zone residenziali della città, ma non le installazioni importanti (dal punto di vista militare e industriale, n.). La stazione centrale di Dresda (dove s’erano affollati i profughi e che non rappresentava lo snodo principale -collocato in periferia- per il trasporto merci e truppe, n.) era piena di pile di cadaveri, ma le linee ferroviarie erano solo lievemente danneggiate e dopo un breve periodo furono di nuovo in funzione."

Le bombe furono lanciate di proposito da ben altra parte, nel corso di tre incursioni scientificamente temporizzate. La prima, durata dalle 22.13 alle 22.30 del 13, servì per innescare nei quartieri proletari e nel centro della città una tempesta di fuoco. Il terribile fenomeno era già stato scatenato dalla Raf nell’estate del 1943 ad Amburgo e in seguito in altri centri minori della Germania. Si era sempre trattato, però, di un’imprevista conseguenza del bombardamento. Nell’incursione su Dresda, invece, essa fu pianificata a tavolino. Furono lanciati a tal fine due tipi di bombe: da un lato le block buster che, con i loro spostamenti d’aria, servirono a tirar giù i muri e i tetti dei fabbricati; dall’altro lato gli spezzoni incendiari, che appiccarono il fuoco ai mobili, alle stoffe e alle travi in legno degli interni. Il diluvio fu concentrato ossessivamente negli stessi punti, in un’area molto ristretta, in modo da surriscaldare l’atmosfera, produrre violente correnti ascensionali e risucchiare l’aria dalle zone vicine con un vento infernale a bassa quota.

L’effetto voluto si realizzò.

Già alle 22.30 un vento caldo cominciò ad alitare verso il centro di Dresda a 60-70 chilometri all’ora. Le vittime -fino a quel momento- erano "solo" poche migliaia. Sotto terra, nei rifugi, quasi tutti i cittadini e gli sfollati erano vivi. Attendevano lì il cessato allarme. E fu la loro rovina. Alle 23.00 il vento di fuoco aveva superato i 130 chilometri orari, a mezzanotte i 200. I piccoli incendi si fusero in un solo rogo, alimentato da un colossale mantice atmosferico. L’uragano di fuoco portò la temperatura a valori così alti che gli organismi umani nascosti nei rifugi si dissolsero o furono arrostiti. Nei ricoveri più profondi, l’ondata termica non superò i livelli di guardia, ma l’aria, satura di monossido di carbonio, divenne presto irrespirabile, e centomila e più larve di esseri umani agonizzarono in preda al soffocamento progressivo, fino alla morte per disidratazione e per avvelenamento. La seconda incursione su Dresda non era ancora incominciata.

Ebbe il via all’1.23 del 14 coll’obiettivo di alimentare la tempesta di fuoco e di lasciare sul terreno i soccorsi nel frattempo giunti dalle città vicine. (È la tecnica del doppio colpo che le democrazie occidentali avevano da poco inventato e che hanno riutilizzato -sempre per il bene dell’umanità, naturalmente!- nella primavera scorsa contro i popoli jugoslavi.) A mezzogiorno del 14 febbraio, la terza incursione: come avvoltoi, i caccia "Mustang" statunitensi si fiondarono sulla città in fiamme e, a volo radente, mitragliarono le colonne di profughi che cercavano di fuggire dall’inferno di Dresda: "Ogni volta che colonne di gente entravano o uscivano dalla città, arrivavano loro addosso i caccia, a crivellare strade, uomini e mezzi a colpi di mitragliatrici e di cannoncini." (Irving D., Apocalisse a Dresda. I bombardamenti del febbraio 1945, Verona, Mondadori, 1965, p. 257).

Morirono 135.000 persone (documenti tedeschi arrivano a conteggiarne 202.000).

I vertici anglo-americani dissero che effettuarono il bombardamento su Dresda per venire incontro a una richiesta dei vertici sovietici. Falso. Semmai, esso fu messo in cantiere -alla vigilia della conferenza di Yalta- per spaventare l’Urss: oggi toccava a Dresda, domani poteva toccare a Mosca, se l’Urss non avesse accettato di venire incontro ai piani di dominazione globale degli Usa e della Gran Bretagna in Europa centrale, nei Balcani e in quell’Asia in cui avanzava poderosa la rivoluzione cinese e quella delle masse lavoratrici dell’Estremo Oriente. Tuttavia il bersaglio centrale del bombardamento di Dresda fu un altro: colpire -per usare le parole della direttiva al "comando bombardieri" del 14.2.42- "il morale della popolazione civile tedesca e, in particolare, degli operai dell’industria".1

Churchill e Roosevelt cominciavano a guardare al dopoguerra. Erano preoccupati che i lavoratori dell’Europa scendessero in lotta per regolare i conti col nazi-fascismo in profondità e ne attaccassero le radici, che stanno non nella follia di due persone ma in quella civiltà capitalistica a cui i "liberatori" anglo-americani non erano meno legati di Hitler e Mussolini. Erano preoccupati di non raggiungere il vero obiettivo per cui erano entrati in guerra contro la Germania: eliminare il brigante-Hitler (da essi aiutato a farsi strada) che voleva sostituirsi al loro dominio sul mondo, sostituirsi a lui e ai suoi alleati nello sfruttamento del proletariato europeo e nel tentativo di ridurre a colonia la Russia e l’Oriente. Erano preoccupati dai moti insurrezionali che percorrevano la Jugoslavia e l’Estremo Oriente. Il comportamento del proletariato tedesco sarebbe stato decisivo. Esso poteva dissotterrare le tradizioni rivoluzionarie di cui aveva gloriosamente dato prova all’indomani della prima guerra mondiale e fungere da coagulo per la rabbia sedimentata nei lavoratori europei dalle sciagure della nuova carneficina imperialista.

In vista di questa possibilità per essi pericolosa, gli alleati non si limitarono ad occupare il cuore dell’Europa con tre milioni di soldati, ed essere così pronti ad ogni evenienza. Vollero mandare un chiaro avvertimento preventivo alla massa dei lavoratori "teutonici": l’azione su Dresda servì a questo. Come d’altronde gli altri bombardamenti che martellarono durante tutto il conflitto le città tedesche (e della penisola italiana): essi miravano non solo a indebolire lo schieramento militare capeggiato dalla Germania, ma anche (bis in idem) a far vedere alla massa dei lavoratori l’alternativa davanti alla quale essi stavano andando incontro: "O accettate di sottomettervi a noi, i nuovi padroni dell’Europa, o accettate di legarvi a noi e alla nostra conquista dell’Oriente e usufruire in cambio delle ‘delizie’ che vi riserverà la nostra civiltà, oppure vi stermineremo con la potenza di fuoco di cui vi stiamo dando un assaggio." Nell’azione su Dresda lo scopo terroristico era solo più scoperto che altrove.

Che essa non avesse niente a che fare con il bene dell’umanità se ne rese conto anche una parte degli stessi piloti inglesi. Quando questi ultimi ricevettero gli ordini, non pochi fra loro non credettero alle proprie orecchie. Per motivarli, i vertici militari inventarono vere e proprie menzogne ("attaccherete il quartier generale dell’esercito tedesco a Dresda", "uno stabilimento di gas venefici", "un quartier generale della Gestapo" e via falsificando). Molti puntatori, nel corso del secondo attacco, nauseati, dirottarono i piloti in aperta campagna e fecero sganciare le bombe dove supponevano sarebbero state inoffensive. "L’incredibile bagliore [della tempesta di fuoco, n.], visibile a 320 km di distanza -scrisse un pilota ebreo del 3° Gruppo -, divenne sempre più intenso via via che ci avvicinavamo al bersaglio. Da più di 6.000 metri riuscivamo a scorgere nell’immane rogo dei particolari che non erano mai stati visibili fino ad allora. Per la prima volta in tante operazioni provai pietà per la popolazione là sotto" (Irving D., op. cit., p. 201). Un altro pilota dello stesso gruppo ricorda: "Eravamo così sconcertati davanti al terrificante incendio, che per parecchi minuti continuammo a volteggiare in posizione di attesa, prima di dirigerci verso casa, totalmente soggiogati al pensiero dell’orrore che ci doveva essere là sotto." (ib., p. 206).

Lanciato l’avvertimento su Dresda e preoccupato che esso potesse trasformarsi in un boomerang per l’orrore suscitato nelle popolazioni europee, Churchill inviò ai capi di stato maggiore un nuovo promemoria che ne inchioda le responsabilità: "Mi sembra che sia arrivato il momento in cui la politica di bombardare le città tedesche soltanto per aumentarvi il terrore, anche se sotto altri pretesti, dovrebbe essere riesaminata. (...) Il ministro degli esteri mi ha parlato a questo riguardo, e io sento il bisogno di una più esclusiva concentrazione sugli obiettivi militari, come il petrolio e le comunicazioni, a preferenza di atti di terrorismo e di voluta distruzione, per quanto impressionanti." (ib., p. 324, s.n.).

Cosa vogliamo dire con questo? Che se i bombardamenti anglo-americani fossero stati limitati agli obiettivi militari sarebbero stati legittimi? Che la crociata democratica contro il nazi-fascismo sarebbe stata accettabile se fosse stata condotta secondo le regole della cavalleria militare? Nient’affatto. Torniamo a denunciare il bombardamento di Dresda perché esso mostra -agli occhi che vogliono vedere!- il vero movente -criminale- che dettò la partecipazione alla seconda guerra mondiale da parte dell’Inghilterra e degli Stati Uniti. Mostra quanto sia stato suicida per i lavoratori contare su tali "generosi" paesi per portare avanti la lotta contro il nazi-fascismo. Mostra quanto fu delittuosa l’azione dello stalinismo che inchiodò il proletariato internazionale anti-fascista all’alleanza con le criminali democrazie occidentali e lo contrappose innaturalmente ai lavoratori che si ritrovarono dall’altra parte, dietro la bandiera del nazional-socialismo. Getta un fascio di luce sulle vere ragioni che oggi conducono la "Santa Alleanza" democratica a sbraitare contro Haider... Ed è per lanciare questo avvertimento che, su Churchill, noi confermiamo: fu un criminale.

Nei mesi successivi al bombardamento su Dresda si tentò di ripulirne la fedina e di scaricare la responsabilità dell’azione terroristica sul comandante del "comando bombardieri", l’ufficiale -soprannominato "il macellaio"- A.T. Harris. Gli stessi documenti ufficiali attestano però che l’ordine partì direttamente dal governo, da Churchill in persona: nella serata del 25 gennaio 1945 -con una telefonata al segretario di stato per l’aviazione, Archibald Sinclair- il primo ministro inglese sollecitò lo sviluppo in grande stile dell’offensiva aerea terroristica sulle città della Germania orientale. Certo non fu questo l’ultimo servizio che Churchill rese al criminale per cui agiva, il capitalismo internazionale. Prima che la seconda guerra mondiale finisse, nell’agosto del 1945, contribuì a metterne in atto un altro: lo sganciamento di due bombe nucleari sulla popolazione di Hiroshima e Nagasaki.

Si disse (e si dice ancora nei berlingueriani libri di testo adottati nelle scuole italiane) che la decisione fu presa per salvare le vite dei soldati americani e per abbreviare la fine della carneficina. Il governo giapponese aveva in realtà già offerto la resa nelle settimane precedenti con l’unica condizione -poi accettata dai governi anglo-americani- di conservare la figura dell’imperatore. Il vero scopo dei due nuovi massacri era quello di fermare l’avanzata dell’Armata Rossa verso la Mongolia e la Cina, e soprattutto far vedere agli sfruttati del mondo intero il tremendo potere distruttivo di cui disponevano gli imperatori democratici del mondo. Al solo pensiero della possibilità di "impressionare il mondo" con la nuova bomba, Churchill "aveva provato eccitazione", come confessò durante la conferenza di Potsdam al ministro della guerra statunitense H. L. Stimson. Niente male per una carriera che, d’altronde, aveva brillato sin dalla gioventù. Con la direzione, nel primo dopoguerra, dei massacri colonialisti compiuti in Iraq in difesa della monarchia installatavi da Londra. Con la partecipazione all’organizzazione delle armate bianche che tentarono di sgozzare la rivoluzione socialista in Russia. Con il sostegno dell’avvento del fascismo in Italia... Insomma, una grande figura nella galleria dei criminali capitalistici. È vero che tale galleria è tutt’altro che sguarnita, e che la posizione di primo piano dell’ex-primo ministro inglese è oggi insidiata da chi, Clinton e D’Alema in testa, pratica il bombardamento terroristico per "impressionare il mondo" contro gli jugoslavi e gli iracheni. A Churchill, però, il ruolo che gli spetta.

Note

(1) Si veda l’ufficiale The Strategic Air Offensive Against Germany curata da C. Webster e N. Frankland, H.M.S.O., London, 1961, vol. 1, p. 178.

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