Recensione

Il metallo del disonore

"Questo è un libro importante, da conoscere e far conoscere.

Esso contiene la denuncia documentata, scientifica, militante della guerra condotta con armi all’uranio impoverito: il nuovo tipo di guerra totale che il Pentagono, la Nato, l’Occidente tutto hanno inaugurato dieci anni fa sperimentandola sulle carni del popolo iracheno, ed hanno poi gloriosamente replicato in Bosnia, in Kosovo e in Serbia contro i popoli jugoslavi."

Così comincia la prefazione alla traduzione realizzata dal Centro di Documentazione W. Wolff di Marghera e dalla redazione di che fare del libro Metal of Dishonor pubblicato lo scorso anno negli Usa dall’International Action Center. Esso fornisce un’analisi inconfutabile delle mostruose conseguenze di questo nuovo tipo di arma e, attraverso di esse, un elemento in più per comprendere la politica in cui –non da adesso- si sono specializzate le democrazie occidentali: la pianificazione del genocidio dei "popoli-ribelli" per terrorizzare la massa degli sfruttati delle periferie del mondo e rinsaldare la catena dell’oppressione sugli stessi proletari delle metropoli.

Il metallo del disonore sbatte sul banco degli imputati i poteri, a cominciare dal Pentagono, che pretenderebbero di "amministrare la giustizia" e di "preservare la pace" nel mondo. Lo fa con coraggio, dall’interno degli Stati Uniti, dal cuore della dominazione capitalistica del mondo, come momento dell’attività di un rinascente movimento antimperialista. Senza alcun timore di fare il gioco del nemico. Perché per i componenti di tale movimento il nemico, il terrorismo non è rappresentato dagli iracheni, dagli jugoslavi o dai serbi: il nemico, il terrorismo è in casa propria, è il Pentagono, è il coacervo di interessi economici e politici che stanno al di sopra e dietro il Pentagono.

Il libro, inoltre, denuncia questo nuovo "crimine contro l’umanità" senza fare alcuna distinzione tra le vittime native e quelle bianche, tra quelle occidentali e quelle jugoslave o irachene... In un Occidente impestato da pregiudizi razzisti e nel quale gli stessi lavoratori guardano dall’alto in basso i loro fratelli di colore, una cosa del genere è di immenso insegnamento.

Come ci si potrà difendere dal mostro super-armato della Nato e dell’imperialismo mondializzato?

Scrive la Flounders: "Oggi il Pentagono non teme alcuna arma. Teme una solo cosa: la mobilitazione delle masse, la loro consapevolezza, la loro attivizzazione, la loro rabbia.". Sì, è proprio così: l’unica arma che potrà mettere con le spalle al muro il Pentagono, la Nato e i governi che ne fanno parte è la forza organizzata delle masse lavoratrici degli Usa, dell’Occidente e di quelle del resto del mondo. Oggi questa forza, in gran parte, è inespressa. Soprattutto qui nelle metropoli.

La denuncia e la lotta fino in fondo contro le armi all’uranio impoverito, contro la strategia politica di cui sono lo strumento, è un momento della rimessa in campo di questa battaglia contro le carneficine imperialiste in corso. E di quelle che s’annunciano. Il libro ne costituisce un utile strumento.
Può essere richiesto al Centro di Documentazione sul Movimento Operaio "W. Wolff", p.le Radaelli 3, Marghera (Venezia), tel/fax 041-93.04.90, al prezzo di £ 15.000 più 2.000 di spese postali.