LETTERE

LE BRAVATE DELLE BABY GANG

 

Cari compagni,

siamo due lettrici del che fare, abbiamo deciso di scrivervi spinte da un articolo apparso sul n.52 del vostro giornale sulla questione giovanile. Un articolo, a nostro parere, chiaro per alcuni aspetti, meno chiaro per altri.

Innanzitutto apprezziamo del vostro lavoro lo sforzo di affrontare problematiche diverse della società in cui viviamo, comprese quelle che riguardano la vita quotidiana. Ci spieghiamo meglio.

Sul che fare, a differenza di altri giornali di sinistra, è possibile trovare (e a questo proposito vi invitiamo a farlo con più frequenza) articoli che trattano non solo delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari, ma anche di quanti vivono comunque con sofferenza e disagio rapporti ormai privi di quella necessaria e vitale umanità di cui sentiamo forte il bisogno. Condividiamo, per esempio, la puntualità e la lucidità con cui avete affrontato sia la questione della pedofilia nel momento in cui esplose in Belgio (senza aspettare che ci colpisse sottocasa), sia quella sessuale, sia quella femminile, sia, infine, quella giovanile.

Siamo due compagne che, per motivi diversi, una nella scuola, l’altra in una comunità di recupero per tossicodipendenti, vivono quotidianamente a contatto con giovani adolescenti assai somiglianti ai Reda e ai Luigi di cui si parla nell’articolo. L’approccio con cui affrontate episodi come quelli delle baby gang ci sembra giusto. Cercate di porvi -nell’affrontare simili questioni- dall’altra parte. Dalla parte di chi esprime attraverso il proprio disagio quello che è un disagio assai più generale di quanto comunemente si possa pensare. Siamo d’accordo con voi anche quando parlate degli adolescenti come di persone dotate di una enorme carica di generosità e di energia.

Quelli che molti considerano sfaticati e buoni a nulla sono in realtà lo specchio, crudo ma veritiero, dei rapporti oggi esistenti tra gli esseri umani, di qualunque età e sesso. Riteniamo, quindi, indispensabile cercare di entrare in dialettica con i giovani perché abbiamo la consapevolezza delle difficoltà, delle contraddizioni, delle ansie e dell’isolamento in cui vivono. Vediamo anche noi nei gesti estremi e nelle azioni delle baby gang, la voglia di questi giovani di reagire e di rifiutare i rapporti a cui sono costretti dalla società. Dall’articolo traspare chiaramente che sebbene non appoggiate questi comportamenti, ne comprendete la causa: questi ragazzi vivono una vita vuota, fatta di cellulari e scooter. Scontenti, irritati ed opportunisti si rifiutano di crescere. Conoscono come unici valori quelli che quotidianamente questa società trasmette loro: il denaro, la superficialità, la competizione, l’arrivismo. Il tutto all’interno spesso di una cornice familiare e sociale priva di calore umano. All’insoddisfazione e all’alienazione rispondono con la parodia di essere qualcuno. Ecco da dove derivano le "bravate" dei giovani delle baby gang. La scuola è intrisa di pregiudizi, viltà, bigottismo, rassegnazione. In famiglia i rapporti sono conflittuali, oppure piatti, parziali. Nella società c’è miseria di spazi sociali, di rapporti non mercificati, di vita di comunità. A tutto questo la società risponde colpevolizzando i ragazzi "che sbagliano", le istituzioni criminalizzandoli.

Voi chiamate questi giovani fuori dall’individualismo sfrenato, fuori dalla corsa alla competizione e a reagire a tutto questo. Ed è a questo proposito che vorremmo esprimere le nostre perplessità. Non tanto su ciò che dice l’articolo, quanto su ciò che non dice.

Di fronte a quest’articolo due potrebbero essere le reazioni più comuni tra i lettori. La prima è di indifferenza verso il disagio oggi diffuso tra gli adolescenti, visti come una massa di sfaticati e tutto sommato come soggetti dai quali c’è poco da sperare. Dall’altra, abbiamo la sensazione che questo articolo possa essere letto come troppo comprensivo verso questi giovani, la cui azione, sebbene distinta da quella dei giovani che lanciano sassi dal cavalcavia (e che, secondo noi, indirizzano la loro rabbia indiscriminatamente contro tutti), è comunque una azione non diretta nella "giusta direzione", e pertanto non "sana". La perplessità è che attraverso questo articolo non emerga a sufficienza proprio quest’ultimo aspetto delle "baby gang", ossia il fatto di essere sì azioni che esprimono rabbia e vitalità ma che le incanalano in una direzione sbagliata il cui sbocco è comunque una falsa soluzione individualistica dei problemi giovanili.

È necessario affinare la capacità di comprensione e di ragionamento sull’ampia gamma dei comportamenti messi in atto dai giovani. La questione giovanile richiede lo sforzo di mettere a fuoco i diversi comportamenti e la capacità di affrontarli in maniera differenziata. Reda e Luigi esprimono sì il "comune" disagio giovanile, ma con "azioni" diverse da quelle dei giovani del cavalcavia o dei ragazzi che corrono la notte con le moto ad alta velocità e a fari spenti o dei giovani che trovano nella droga il loro "conforto" ad una vita troppo misera per essere degna di essere vissuta fino in fondo. Le risposte e le reazioni dei giovani ad un disagio che è comune sono molto differenziate; e differenziata, articolata deve essere, secondo noi, anche l’analisi delle condizioni di vita dei giovani per affinare nei compagni la capacità di dialogare con essi.

Dunque, una perplessità, una critica, se volete, ma insieme l’invito ad andare avanti nel lavoro di meticolosità e precisione che caratterizza il vostro giornale. Nel mare di confusione in cui navighiamo, i giovani come Reda e Luigi (e non soltanto loro) hanno estremo bisogno di un faro che illumini la loro rotta.

Marilena C. e Katia S.

Marghera