A Praga contro il FMI e la BM.
Luci e ombre


Il 26 settembre 2000 in circa 10.000 hanno manifestato a Praga contro il Meeting annuale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.

Noi dell’Oci eravamo presenti con una delegazione, abbiamo diffuso un volantino in tre lingue e altre nostre pubblicazioni.

Ormai non c’è riunione dei massimi funzionari del capitalismo mondiale senza l’accoglienza di lotta che meritano: Seattle, Ginevra, Melbourne, Davos. Tra tutte quella di Praga ha avuto un’importanza internazionale speciale. Ha messo a nudo una grande menzogna della propaganda occidentale: quella secondo cui, crollati i regimi falsamente socialisti dell’Europa dell’Est, l’arrivo in forze dei capitali occidentali avrebbe generato libertà e benessere per tutti.

Di "libertà" e "benessere" per tutti, invece, neppure l’ombra, come ci conferma persino un sindacalista ceco che abbiamo incontrato nella loro sede.

I capitali occidentali hanno impresso una notevole spinta ai processi di privatizzazione, con conseguente aumento di precarizzazione, supersfruttamento e licenziamenti, che hanno portato nella repubblica ceca una ventata di degrado, prostituzione, spese belliche e nuove cricche di potere corrotte e mafiose, come Havel e C. (Ciò che balza agli occhi entrando nella repubblica ceca, appena superata la frontiera tedesca, è il proliferare dei casinò e dei casini).

Una campagna di criminalizzazione e terrorismo ha preceduto la manifestazione di Praga, il cui scopo principale era di impedire che nel cuore dell’Est "liberato" si ripetessero le scene già viste a Seattle (non sono le scene di "violenza" -se così vogliamo definirla- che più hanno infastidito i potenti del mondo, quanto la scesa in campo massiccia del proletariato a fianco dei contadini del 1° e del 3° mondo, degli omosessuali, degli ecologisti e dei giovani).

E, infatti, quando arriviamo, quella che ci si presenta davanti agli occhi è una Praga deserta, con una presenza massiccia –ma discreta e camuffata– di forze dell’ordine, mobilitate perché l’ordine mondiale non subisca colpi.

Qua e là manifestazioni e dibattiti contro la globalizzazione.

Da una parte i giovani di Inpeg "Iniziativa contro la globalizzazione economica", una coalizione di gruppi ambientalisti, centri sociali, e anarchici cechi che hanno organizzato le giornate di protesta. Dall’altra la rete Cee Bankwatch che riunisce "organizzazioni non governative" di 11 paesi dell’Europa dell’Est e dell’ex Unione Sovietica. I primi si sono mobilitati contro la Bm e il Fmi, i secondi hanno organizzato un forum per "fare informazione, analizzare i progetti delle due istituzioni internazionali, criticarli e con esse interloquire".

Assente dalle giornate il proletariato ceco, invitato dal sindacato ad astenersi dal partecipare a iniziative "troppo critiche" verso la Bm ed il Fmi.

Assente anche il proletariato europeo, uniche eccezioni una delegazione di lavoratori telefonici greci e una di lavoratori turchi provenienti dalla Germania.

Significativa, invece, la presenza di giovani e di donne (queste ultime molto ben organizzate) provenienti da tutta Europa. Immancabile il protagonismo di quelli di Ya Basta che alla fine del corteo del 26 hanno inscenato (previo il rituale accordo con la polizia) un "avanzamento" in tenuta anti-sommossa in direzione dei carri armati che proteggevano il ponte che portava al palazzo in cui si riunivano i "grandi". Un’autentica sceneggiata napoletana (senza offesa alla bravura degli artisti napoletani) degna dei centri sociali italiani.

(Non che meritino più di qualche riga, ma a quanti ancora "ingenuamente" frequentano questi luoghi di ritrovo per "disperati rassegnati" vogliamo far notare solo due cose.

Primo. Alle mobilitazioni c’erano moltissimi giovani, simili nell’abbigliamento ai "nostri" giovani "alternativi". A differenza di questi, però, erano giovani attivi, vivi, animati da un sincero spirito di mobilitazione che -al di là delle illusioni e dei limiti pure presenti e di cui parleremo poi- riconoscevano nel Fmi e nella Bm dei nemici contro cui combattere. "Uccidi il capitalismo prima che lui uccida te", era tra gli slogan più gridati. Ben organizzati soprattutto i giovani cechi, spagnoli e greci. Ben diversa la parola d’ordine dei centri sociali italiani, dei verdi e di Rifondazione: "Tobin tax sui movimenti di capitale speculativo, difesa dell’ambiente, reddito sociale, riforma democratica di Bm e Fmi".

Secondo. All’ingresso del Convergence Center, luogo di incontro e di organizzazione della protesta, c’era un cartello "Niente alcool, niente droghe". Nessuno dei giovani presenti beveva o fumava. Non una birra, una bottiglia di vino o una canna in quell’immenso fabbricato dismesso. A un certo punto arrivano i "giovani" del Global Action Express dall’Italia e con essi birre, vino e cannabis… oltre una massiccia dose di vomitevole protagonismo da super-eroi, disprezzata dagli altri giovani presenti che non hanno potuto far a meno di fischiare di fronte all’ennesimo racconto dell’idiota di turno sull’odissea del treno fermato alla frontiera.)

Presenti anche due membri dell’International Action Center americano, con un volantino di denuncia delle istituzioni internazionali, di cui non possiamo fare a meno di notare lo spirito militante, oltreché la simpatia e il dinamismo.

Chiusura -soprattutto da parte dei giovani anarchici di Inpeg- alle nostre posizioni di classe, sebbene complessivamente la diffusione della stampa sia andata molto bene. Molta attenzione soprattutto al materiale sulla Jugoslavia e sul Medio-Oriente, seppure nessuno dei due temi fosse presente nei dibattiti organizzati. Positiva è comunque l’attivizzazione, l’organizzazione e l’entusiasmo con cui questi giovani, alcuni anche giovanissimi, hanno preparato le giornate di lotta, reagendo in maniera anche compatta alla repressione della polizia seguita alla manifestazione.

A proposito di ciò, una breve parentesi sulla presa di posizione dei giovani di Inpeg a proposito delle azioni degli anarchici. Un loro rappresentante ha dichiarato (il manifesto, 28.9.00): "Non appoggiamo alcuna forma di violenza contro persone, animali e proprietà. Per questo c’è impossibile accettare gli inutili e brutali eccessi di gruppi che hanno agito indipendentemente da Inpeg. Le attività violente della notte scorsa sono la sterile espressione di impotenza e immaturità politica". Sull’opportunità del fracassare qualche vetrina di McDonald’s si può anche discutere (non con chi esercita violenza per pura finzione, magari in pre-accordo con i "repressori", ma con chi vi vede il gesto risolutivo in cui esaurire la propria rabbia anti-sistema), e ne abbiamo discusso, sul n. 52 di che fare, a proposito di Seattle, ma non vedere quanto sia schifosa e brutale la violenza dello stato, è quanto meno indice di sudditanza fedele a esso e al sistema che esso difende e perpetua, come dimostra la difesa che fa il rappresentante di Inpeg della proprietà privata, che non è altro che la libertà da parte del capitalismo di disporre del lavoro e della vita dei proletari!

La nostra presenza s’è caratterizzata, con una diffusione capillare, come forza comunista, anche nel non secondario aspetto del simbolo della falce e martello, in un paese in cui i regimi falsamente socialisti hanno lasciato del "comunismo" un ricordo niente affatto positivo. Ed è un fatto significativo la buona accettazione di tutto ciò da parte della piazza. I cui limiti, in primo luogo sono dati dall’oggettività della situazione e meno che mai devono rappresentare un alibi per ritrarsi dai compiti propri delle avanguardie più coscienti.