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La donna in Israele

 

Un popolo non può schiacciare un altro popolo senza che questo dominio degradi la stessa gente che lo esercita o lo lascia esercitare.

Una riprova è nella condizione della donna in Israele.

 

"Nella nostra percezione della società israeliana un grande mito riguarda la posizione della donna. Società moderna, occidentale, dunque donna emancipata, come nelle romantiche immagini della bella, prosperosa e decisa soldatessa in divisa, libera, con un ruolo avanzato nella vita quotidiana. E, invece, non è così, [per quanto] la dichiarazione d’Indipendenza formalmente riconosca i diritti civili e politici di tutti i cittadini, a prescindere dalla religione, dalla razza o dal sesso. Nel 1953 l’establishment religioso venne insignito del controllo monopolistico sul matrimonio e sul divorzio per tutti i cittadini israeliani ebrei, legalizzando lo sciovinismo maschilista del giudaismo religioso. «Un uomo non camminerà tra due donne, due cani o due maiali, e due uomini non permetteranno a una donna, un cane e un maiale di camminare in mezzo a loro» (Giuseppe Caro, autore di un codice di legislazione ebraica che risale al XV secolo).. Le leggi religiose ortodosse, che dominano ancora oggi, considerano importante l’uomo e affidano alla donna un ruolo secondario e dipendente all’interno della società. Una donna non può ottenere il divorzio se il marito non vuole. In base alla legge religiosa la donna è considerata proprietà dell’uomo. Una donna, non un uomo, colpevole di aver avuto una relazione extra-coniugale può essere costretta al divorzio e una volta divorziata non può sposare né il suo amante né risposare l’ex marito. Tutto sulla base di un codice che risale all’Antico Testamento. La legge ebraica, e israeliana, non impedisce a un uomo di avere figli da una donna diversa dalla moglie, ma se una donna sposata mette alla luce il figlio di un uomo diverso dal marito, il bambino viene definito manzer, termine che porta un significato ben più grave della parola bastardo, oltre a comportare per sempre una condizione di vita particolarmente umiliante. Un manzer, tra l’altro, non può sposarsi con un ebreo normale in un tribunale religioso e sono i tribunali religiosi ad avere l’esclusiva del matrimonio."

"Tra le preghiere mattutine della liturgia ortodossa ebraica c’è il ringraziamento degli uomini per il fatto che Dio non li ha fatti nascere donne" (E. Salerno, In Israele. La guerra dalla finestra, Editori Riuniti, Roma, 2002, pp. 108-109).

In un documento del dipartimento di stato statunitense, Israele è classificata tra "le 23 nazioni che non fanno nulla per bloccare l’importazione, l’acquisto e la vendita di carne umana viva" per finalità di commercio sessuale. "Secondo fonti della polizia israeliana l’80% delle prostitute attualmente nel paese sono state fatte entrare clandestinamente attraverso la frontiera egiziana. In tutto 2-3000 l’anno. Le donne arrivano da Moldavia, Russia, Ucraina, Brasile, Turchia, Sudafrica e da qualche paese asiatico. (...) Nella zona di Tel Aviv ci sono 250 bordelli. (...) Un avvocato specializzato nel difendere gli sfruttatori della prostituzione ha sostenuto davanti ad una commissione parlamentare che «la prostituzione è un importante prodotto-servizio sociale e chi dice diversamente è un ipocrita. Non esiste differenza tra il commercio dei giocatori di calcio, programmatori di computer o chirurghi e la vendita di donne per prostituzione»" (pp. 103-105).

 

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