Contro lo sfruttamento sessuale delle donne


La prostituzione deve diventare un mestiere come tutti gli altri?

I temi dello sfruttamento e della violenza sessuale nei confronti della donna (e dei bambini) sono stati ben presenti nelle manifestazioni, nei loro vari aspetti.

Il Comité de liason des femmes di Bruxelles, ad esempio, si è posto il problema della legalizzazione della prostituzione, piuttosto diffusa nel centro-nord Europa (da ultimo è stata introdotta anche in Germania) e propugnata qui da noi dalle "progressiste" alla Turco, contestando che possa essere una "soluzione" umana di questa malattia sociale:

"Noi ci poniamo nella prospettiva dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani e dell’uguaglianza fra uomini e donne.

Non potremmo dunque ammettere la legalizzazione di una istituzione contraria all’uguaglianza, che si basa sullo sfruttamento di esseri umani, in maggioranza donne e bambini, dato che la domanda di prostitute viene quasi esclusivamente dagli uomini.

La prospettiva della formalizzazione del mercato del sesso non farebbe che perpetuare l’assoggettamento di un certo numero di donne, di bambini e di uomini a questa domanda". Molto giusto e condivisibile, salva la inconsistenza d’una "alternativa" tutta e solo morale alla regolazione capitalistica della compravendita del corpo femminile.


No alla pubblicità sessista!

Ecco invece qualche brano di un testo-manifesto francese che invita a ribellarsi contro la pubblicità che usa il corpo delle donne come merce per vendere altra merce:

"I pubblicitari usano a sproposito l’immagine del corpo, soprattutto del corpo delle donne, e scene di sessualità e violenza. Lo applicano a ogni sorta di prodotti (yogurt, automobili, etc.). Con il pretesto della ‘creatività’, ci impongono le loro norme e i loro fantasmi.

I pubblicitari rafforzano i cliché sessisti

BASTA!

No alle rappresentazioni degradanti, svalorizzanti o disumanizzanti degli esseri umani e dei loro rapporti!

No, i pubblicitari non hanno tutti i diritti!

No, il corpo umano non è né un oggetto, né una merce. Sì alla sessualità – dialogo dei desideri tra persone! Sì al rispetto della persona umana!"


Dipendenti dell’AT&T contro il dilagare della pornografia in rete

"Sapete che l’AT&T sta propinando pornografia hard-core ai suoi due milioni di utenti in rete? Non più relegata ai suoi alleati subalterni e ad un circuito semiclandestino di organizzazioni-spazzatura, la pornografia hard-core è stata legittimata dalla importante corporation statunitense AT&T, un nome che è un sinonimo del capitalismo liberista statunitense." Questa denuncia di un gruppo di lavoratrici che si denomina Spiderwomen (donne ragno), evidenzia poi una relazione di causa-effetto tra la visione di prodotti pornografici e le azioni di violenza contro le donne e si domanda: "come donna, vuoi essere libera, tu e le tue figlie, da uno stato terrorista? Vuoi tu ripulire i media e ricacciare nella subcultura questa industria che degrada e minaccia le donne?". Una bella domanda, con il neo, non proprio piccolo, anzi!, di distinguere una cultura con la c maiuscola che dovrebbe essere sana e pulita da una sub-cultura (per le sottoclassi subalterne?) che potrebbe essere, invece, senza troppo danno, melmosa. Viceversa, è proprio la Cultura dominante negli Stati Uniti e nel mondo capitalistico putrescente, quella Cultura del profitto e della merce di cui l’AT&T è simbolo e strumento, a essere per prima, e senza alcuna possibilità di risanamento, melmosa e merdosa.


Contro il traffico sessuale nei paesi del Terzo Mondo

La denuncia delle violenze fisiche e sessuali contro le donne del Terzo Mondo è stata tutt’uno con la denuncia della povertà, del degrado sociale, delle guerre che lì dilagano per effetto della mondializzazione imperialista. Così, ad esempio, il Comitato europeo per la campagna contro il traffico sessuale nelle Filippine chiede con forza:

"Basta con la violenza contro le donne! Fermiamo il traffico sessuale delle donne e dei bambini filippini! Fermiamo la globalizzazione capitalistica e la povertà!"

E le Mujeres de Colombia, nella loro combattiva presa di posizione contro il Piano Colombia e l’Fmi, chiedono con altrettanta forza che "la violenza sia bandita dalla nostra vita quotidiana e non esista più quel 92% di violenze compiute entro le mura domestiche che colpisce le donne colombiane!". Sì, mettiamo "al bando" questi orrori, mettiamo al bando il capitalismo che li produce!