FIAT, ZANUSSI: I LICENZIAMENTI E I RICATTI SUI LICENZIAMENTI SI POSSONO BATTERE SOLO CON UNA RISPOSTA DI LOTTA DI TUTTA LA CLASSE!


Nei giorni scorsi, di fronte al licenziamento (a Mirafiori) di 183 giovani operai con contratto a termine, i lavoratori della FIAT hanno dato vita a uno sciopero immediato e compatto di otto ore con cortei interni, blocco del traffico stradale, assemblee. È stata una risposta in gran parte spontanea a un atto percepito come uno schiaffo in faccia. Un assaggio della forza che la classe operaia può mettere in campo se ritrova davvero la strada della lotta; una lotta che non può restare confinata a Torino, che deve rimettere finalmente al centro i bisogni e gli interessi del proletariato.

I licenziamenti alla FIAT non sono un fatto isolato, se è vero che negli stessi giorni (nel mitico nord-est) la Zanussi annunciava 246 licenziamenti a Susegana e 406 a Mel e Rovigo, decidendo poi di ritirarli, per il momento, soltanto dopo aver ottenuto dai sindacati di settore l’assenso ad accrescere la produttività del lavoro di un allucinante 40%; e se è vero che da mesi la Confindustria sta moltiplicando le sue pressioni per ottenere la più completa mano libera sia nelle assunzioni a termine (dove ormai ce l’ha già) sia nei licenziamenti, dove intende abolire il principio giuridico del licenziamento per "giusta causa" per sancire che la sola giusta causa cui l’occupazione operaia deve rispondere è costituita dalle esigenze delle aziende e del capitalismo "nazionale".

Né si tratta di una anomalia italiana. Negli USA, che di solito annunciano con un po’ di anticipo quello che accadrà in Europa, i licenziamenti di massa sono ormai una realtà, tanto nella "vecchia" quanto in quella "nuova" economia, che fino a ieri si diceva esser immune da qualsiasi problema.

Ancora una volta il capitale (FIAT, Zanussi, General Motors o America on Line che sia) tratta gli operai come una merce, di cui intende decidere unilateralmente, e senza alcun vincolo se non quello del maggior profitto per sé, i carichi e i ritmi di lavoro, nonché le quantità di acquisto. È proprio per garantirsi la massima libertà di sfruttamento che il padronato mette sempre più apertamente in concorrenza (e in opposizione) tra loro gli operai "stabili" (fino a quando…) e quelli precari, gli operai più anziani e i giovani, gli operai autoctoni e quelli immigrati, e organizza la competizione e la divisione anche all’interno di ciascun "settore". I 183 operai precari della FIAT dovranno essere sostituiti da altrettanti giovani precari, affinché tutta la nuova leva operaia non si faccia alcuna illusione di stabilità…, né per il presente né per il futuro.

La forte risposta di lotta di questi giorni alla FIAT, a cui deve andare tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà attiva, è il segnale che la classe operaia è stanca di una condizione di lavoro e di vita sempre più insostenibile ed insicura, che essa vuole reagire. Ma perché questa embrionale riattivizzazione non resti un semplice episodio e diventi davvero un alt alle pretese padronali, bisogna che non rimanga confinata a Mirafiori né a Torino, e si estenda a tutto il gruppo FIAT e a tutta intera la classe lavoratrice. E bisogna che la classe lavoratrice si ponga il problema non più prorogabile di invertire la rotta politica e sindacale seguita finora.

Infatti, fino a quando si imporrà nella classe la logica della competitività, dell’aziendalismo, del nazionalismo, la subordinazione dei bisogni e degli interessi dei lavoratori a quelli del capitale, non sarà possibile spezzare l’offensiva capitalistica in atto; giorno dopo giorno continueranno ad essere smantellate dalle direzioni del sindacato e della "sinistra" altre postazioni difensive; ed anche le fabbriche, come la Fincantieri, in cui tutto sembra oggi andare per il meglio, saranno investite in pieno dal vento gelido della flessibilità (vedi l’ultimo integrativo aziendale, che lascia completamente nelle mani del padrone le decisioni su condizioni di lavoro e nocività), della precarietà, della repressione padronale (vedi il caso Belal), per non parlare delle situazioni sempre in bilico come il Petrolchimico (oggi sottoposto alla nuova incognita Dow Chemical).

No, la classe operaia, i lavoratori, gli sfruttati tutti non possono più assistere passivamente agli attacchi padronali, né possono illudersi che a stoppare questi attacchi siano dei parlamenti o dei governi di centro-sinistra che, come il governo Amato, non fanno che assecondare le richieste del mercato (del capitale) e continuare a smantellare gradualmente lo "stato sociale", e tanto meno possono aspettarselo da un governo -come quello che prepara Berlusconi- che ha tra i suoi primi sponsor proprio Confindustria e Bankitalia.

La sola via che i lavoratori hanno a disposizione per respingere i licenziamenti, la flessibilità fondata anche sul ricatto dei licenziamenti e la dilagante precarizzazione della loro vita è nella lotta svincolata dalle catene delle compatibilità capitalistiche e della "concertazione", è nella lotta data per riaffermare le proprie necessità e ragioni di classe, la propria autonomia di classe, sul posto di lavoro e fuori dal posto di lavoro.

Passa da questa vigorosa reazione di lotta, di cui gli operai della FIAT ci hanno dato un primo esempio, passa da questa svolta negli indirizzi politici che guidano i lavoratori, la fine della frammentazione delle lotte, e la riunificazione intorno a un proletariato tornato protagonista del fronte di classe. Il fronte di tutti gli strati sfruttati della società colpiti dalla mondializzazione, dalla massa dei giovani con contratti atipici ai disoccupati, dalle donne agli immigrati all’insieme degli oppressi di colore (oppressi dall’imperialismo occidentale che sfrutta e affama con le sue guerre e le sue "paci" milioni di nostri fratelli di classe palestinesi, jugoslavi, africani, asiatici, costretti dalla rapina dei loro paesi a emigrare e lavorare in condizioni disumane nelle nostre civilissime metropoli occidentali).

La riconquista di un fronte unitario di classe, di una politica, di un programma e di un’azione coerentemente di classe per opporre una resistenza vincente all’offensiva capitalistica e preparare lo scontro con questo sistema sociale di sfruttamento e di oppressione, contro cui grida ormai la stessa natura: è a questa prospettiva che lavora la nostra Organizzazione, che vi chiamiamo a rafforzare perché acquisti maggiore forza la lotta organizzata degli sfruttati.

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

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