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Donna

India: la rivolta popolare di Bangalore

L’elezione di Miss Mondo è un grande business. Quelle tonnellate di carne fresca di sesso femminile misurata, pesata, messa in vetrina, assaggiata (primo, secondo, terzo...) e infine, o dapprima, variamente passata al vaglio di occhiute giurie internazionali di "esperti" sono, infatti, soltanto la punta di un iceberg, costituito da un intreccio di catene industriali: l’industria del sesso ("soft" e hard), dello spettacolo, dei prodotti di bellezza, della biancheria femminile, della pubblicità, della stampa rosa, rosa-nera, scarlatta, e via dicendo. Un giro di affari da 12 zeri, il cui centro direzionale e la cui cassa centrale sta, ovvio no?, in Occidente. In quell’Occidente che mena grande scandalo quando "scopre" che i Taleban, portati al potere dalla Casa Bianca di Clinton, ripristinano in Afghanistan odiose usanze patriarcali sulla donna-oggetto, ma non ammette contestazione alcuna sul proprio storico diritto di fare della donna-oggetto un eccellente articolo di commercio su scala mondiale, in ossequio alle ultimissime (ma non per questo più rispettose della donna come essere umano) usanze post-moderne.

Ebbene: più neppure in questo campo -che pur tanto solletica, e per diverse ragioni, masse di persone- l’Occidente, il capitale, può sentirsi al sicuro, dopo quel che è accaduto a Bangalore in India. E, per altro verso, dopo quel che è accaduto a Bruxelles ed in un centro dell’Albania. Tre "episodi" che si richiamano strettamente l’un l’altro a segnalare unitariamente che per le masse sfruttate in genere, e per le masse femminili doppiamente e triplamente sfruttate ed oppresse in particolare, sia delle metropoli che del Terzo Mondo, la misura delle umiliazioni, delle vessazioni, degli insulti (unita a quella incessante dei sacrifici materiali) comincia ad essere colma. E l’odio, il bisogno di rivoltarsi contro la classe ed il sistema che ci opprimono e ci appestano comincia, infine, a tracimare.

Non molto sappiamo di diretto circa gli avvenimenti, nonostante (o dato?) che lì eran convenuti a frotte giornalisti da ogni nazione (razza di "professionisti" integerrimi che già Trotzkij iscrisse in blocco alla più antica professione del mondo). Può bastarci, però, il titolo del giornale spagnolo el Periodico del 24.11. "Miss Mondo incoronata in mezzo ad una battaglia campale", con 10.000 poliziotti (il Corriere dà una cifra superiore: 13.000 soldati e decine di migliaia di poliziotti) impegnati a "soffocare con gas lacrimogeni" i manifestanti che, al grido di "A morte Miss Mondo", hanno "paralizzato la zona intorno allo stadio di cricket in cui si svolgeva il concorso" (biglietto d’ingresso fino a 1.800.000 lire). Più di 1.800 i dimostranti arrestati dalla sbirraglia (scommettete che Sgarbi non ne leggerà le biografie in tv, come ha fatto coi poveri cristi alla Cagliari "perseguitati" di "Mani pulite"?), mentre i servizi di sicurezza, anch’essi disposti sul campo, non hanno voluto specificare il numero degli attivisti feriti, ammettendone 7, di feriti, dalla propria parte. L’Unità del 24.11 ci informa, non si capisce se con sollievo, che nella città militarizzata "è fallito lo sciopero generale promosso da organizzazioni femministe, fondamentalisti indù ed estremisti di sinistra", uno sciopero -aggiungiamo noi- polemico anche verso il governo ulivista del Karnataka, lo stato di cui è capitale Bangalore, capitanato da un primo ministro "comunista", che del concorso ha fatto una strenua difesa. Ma in precedenza, manifestazioni di protesta si erano verificate in molte città dell’India (quest’immenso paese alle cui vicende ci brucia di dedicare, per la scarsità delle nostre forze, così poco spazio), sì che la rivolta popolare di Bangalore è diventata colà il simbolo di una ben più vasta protesta.

Una protesta contro il concorso in quanto "strumento dell’invasione culturale dell’Occidente, offesa alla tradizione e alla donna, oltraggio alla povertà di milioni di persone" (è ancora la cronaca de l’Unità). Motivi anti-imperialisti, motivi di lotta alla mercificazione dell’essere umano-donna (Bangalore, nota el Periodico, è centro di un’impressionante compravendita di donne), motivi classisti, commisti a un tentativo tradizionalista e reazionario di cavalcarli per deviarli e spegnerli. Che brutta cosa, penserà il "comunista" purista per il quale tutto il movimento rivoluzionario nasce (e muore) nella testa di pochi eletti; non se ne cava nulla, son troppo arretrati. Che bell’inizio, diciamo noi, comunisti dialettici (che ci sforziamo ci far fare ginnastica alla nostra testa collettiva dentro, e non fuori, la viva materia dello scontro sociale). E che la lotta continui, si estenda, si radicalizzi, in tutte e tre le sue correlate dimensioni, perché questo sviluppo in profondità e in estensione, questo nuovo protagonismo sociale delle masse femminili, servirà a mostrare tutta l’asfissia delle "tradizioni" hindù (ultra-maschiliste anch’esse, sebbene in forma diversa, ma non più preferibile, rispetto a quelle imperialiste), e quella congiunzione con la classe operaia che oggi è mancata, domani si potrà e dovrà verificare.

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